di Giovanni Carlo Alton
(WSC) LISBONA – Propositi nobili, se visti da sinistra. Rispettosi dell’etica, dei diritti umani, dei valori contemplati dai precetti della fede buonista. Parliamo dello ius soli, della dote da garantire ai giovani sussidiata dai prelievi fiscali sulle successioni degli straricchi, della valorizzazione nel lavoro dei profili femminili con l’obiettivo di una reale parità fra i sessi. Traguardi per i quali si sta appassionatamente battendo Enrico Letta, il papa straniero alla ricerca dell’anima perduta del Pd.
Ma, come spesso accade nella traduzione pratica, la poesia dei buoni intenti cozza contro la prosaicità del “sangue e merda” (copyright Rino Formica che coniò questa brutale definizione della politica). In concreto lo stesso Letta, ex pesce lesso che si è scoperto un’anima radicale, sa che l’agitarsi su questi temi a corto raggio serve solo a guadagnare qualche titolo sui giornali. Salvini e la Meloni scatenerebbero la guerra civile pur di boicottare lo ius soli. Sulla supertassa ai tycoon ha già sbarrato la strada Draghi. E la parità effettiva fra i sessi è più difficile dello sbarco su Marte.
Anche sulle intese con i 5 stelle (Napoli a parte) Letta sbatte il muso. E sul blocco dei licenziamenti il suo ministro del Lavoro Orlando è riuscito nell’impresa di scontentare sia la Confindustria che i sindacati.
Bel gioco e scarsi risultati. Il Pd è sempre fermo al 18 per cento. La panchina di Letta è già in pericolo. Per rilanciare il partito servirebbe un Conte (l’allenatore, non l’ex primo ministro).