La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso sul caso di due donne sposate negli Usa e trasferitesi a Bologna, che chiedono il riconoscimento dell’adozione di due figlie biologiche.
A sollevare la questione era stato il tribunale di Bologna. L’Avvocatura dello Stato aveva chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile, sottolineando che più volte a tutela dei minori i tribunali hanno accolto l’istanza di adozione di coppie gay, applicando la norma che disciplina le adozioni nei casi particolari.
Il caso
Eleonora Beck e Liz Joffe (nel riquadro interno alla foto) si sono sposate nell’Oregon e sono madri biologiche rispettivamente di un bambino e di una bambina. Per la legge statunitense le due donne sono anche madri adottive l’una del figlio dell’altra, in applicazione di quella che il Ddl Cirinnà ha provato ad introdurre con la stepchild adoption (l’adozione del figlio biologico da parte del partner), prima dello stralcio deciso con il maxiemendamento su cui il governo ha posto la questione di fiducia. La loro è una storia familiare che comincia felicemente negli Usa, per poi approdare in un paese che a quelle come loro riserva solo una sequela di diritti e status negati: Oltreoceano erano madri e mamme, in Italia neanche lontane parenti. Un destino difficile da accettare, evidentemente. Da qui parte la richiesta di Eleonora e Liz, oggi residenti in Emilia, di poter diventare mamme anche davanti alla legge. Il riconoscimento giuridico passa attraverso il Tribunale dei minori di Bologna che, per districare le maglie giuridiche, chiama in causa la Corte costituzionale.
Il ricorso alla Consulta – Il giudice emiliano, investito della questione, e valutando probabilmente che le norme della legge sulle adozioni siano in parte superate già nei fatti – perché “la società nel frattempo si è evoluta” – chiama quindi in causa la Consulta. Per il giudice infatti gli articoli 35 e 36 della legge 184 del 1983, sarebbero incostituzionali “nella parte in cui non consentono al giudice di valutare nel caso concreto se risponda all’interesse del minore adottato (all’estero) il riconoscimento della sentenza straniera”. Divieto che, stando al rinvio incidentale alla Consulta, è applicabile a coppie dello stesso sesso. Come in questo caso sul quale gravano anche i limiti imposti da diverse sentenze della corte di Cassazione.
I giudici e la “stepchild” – Per dare un quadro più preciso, è importante chiarire che in diverse occasioni i giudici hanno acconsentito all’adozione del figlio biologico del compagno/a dello stesso sesso. Come dire che la giurisprudenza già riconosce la “stepchild adoption”. I tribunali cioè antepongono alle norme scritte la necessità di garantire la “continuità affettiva” per il minore. Ma nel caso della trascrizione di un provvedimento di adozione ottenuto all’estero, il percorso è evidentemente un altro. Ciò non toglie che la sentenza, in concomitanza con la discussione in Senato del Ddl Cirinnà, avrà un indubbio valore politico. (estratto da Tiscali)