Lo scrive il «Country Report» sull’Italia che la Commissione europea sta per discutere. Oltre alle sofferenze, indeboliscono i nostri istituti il limitato livello di capitalizzazione, la qualità degli attivi, la redditività e il rapporto costi/efficienza.
Doppio pesante giudizio sulle banche italiane. Il primo sostanzia che «l’eredità della profonda e lunga recessione degli ultimi anni, combinata con debolezze strutturali che hanno radici lontane nel tempo, ha eroso la resilienza iniziale del sistema». Il secondo, che deriva di conseguenza, dice che l’universo creditizio «si sta riprendendo lentamente, tuttavia appare più debole di quello degli altri Stati». Le ragioni sono tristemente canoniche. A parte le sofferenze, indeboliscono gli istituti nostrani il limitato livello di capitalizzazione, la qualità degli attivi, la redditività e il rapporto costi/efficienza. Vecchi mali che gli effetti della crisi hanno amplificato.
Lo scrive il «Country Report» sull’Italia che la Commissione europea discuterà nella sua riunione odierna. Il testo, chiuso dai servizi del vicepresidente Valdis Dombrovskis, non dovrebbe essere approvato formalmente questa settimana, bensì l’8 marzo. Modificando il calendario, l’esecutivo ha annunciato «un primo dibattito orientativo» per una migliore messa a punto «politica» nell’ambito del semestre europeo, il processo di coordinamento delle strategie economiche e di bilancio dell’Ue. La parte dedicata al nostro paese contiene l’apprezzamento per le riforme del governo, ma richiama alla realtà sull’economia che cresce poco, sul troppo debito elevato e minaccioso, sugli squilibri macroeconomici che rendono la penisola un freno per la ripresa Ue. Poi ci sono le banche.
Anche qui va di moda l’avversativa, perché l’esecutivo Ue rimarca chiaramente che «nel settore bancario sono in corso importanti riforme, ma rimangono sacche di vulnerabilità». Si riconosce che la squadra di Renzi ha aperto cantieri rilevanti e che «le antiche debolezze nel governo societario vengono adesso affrontate», cosa che «sostiene la capacità del sistema di gestire il proprio attivo» con prestiti e emissioni. Bene anche che siano state annunciate misure per la gestione delle sofferenze. Però «la recente risoluzione di quattro banche italiane in cui i detentori di bond subordinati hanno perduto soldi mostra che una qualche debolezza persiste». Ed è una debolezza di fondo.
Il quadro è intonato. La Commissione nota che la situazione della liquidità sul mercato è favorevole. I depositi interni sono solidi, mentre la fuga dei non residenti si è fermata. Il denaro circola, volendo. Quelli che restano, si sottolinea, sono gli effetti messi a nudo dalla crisi dei debiti sovrani del 2011-2012. «La forte percezione del legame fra il debito pubblico e gli attivi creditizi ha asciugato il mercato all’ingrosso», scrive il rapporto. Ne hanno sofferto i prenditori di credito, in particolare le imprese, a loro volta indebolite dalla crisi congiunturale. Qui sono esplose le sofferenze che pesano sul sistema e sull’intera economia. La crisi ha «peggiorato la qualità degli attivi bancari». Si rischia. E si rischierebbe di più «se la politica monetaria si facesse meno favorevole», visto il legame forte fra istituti di credito e debito sovrano.
La Commissione rileva che la crescita dei crediti incagliati (Npl) ha frenato negli ultimi mesi, ma le sofferenze continuano a generare pressione sulla redditività e assorbono risorse. A giugno 2015 i prestiti incerti ammontavano a 337 miliardi. «Due terzi erano nelle casse dei primi cinque gruppi», rileva Bruxelles. Con l’aggravante che, «nonostante l’interesse crescente per i Npl, le banche se ne liberano lentamente, soprattutto le piccole».
Ci sono ulteriori margini d’azione per il governo, sostiene dunque Bruxelles. La riforma delle popolari e quella delle cooperative sono giudicate con favore e si aspetta quella del credito cooperativo. Alla fine, però, è una questione di cultura. «E’ importante che gli azionisti e i creditori delle banche – scrive la Commissione – diventino pienamente consapevoli dei possibili rischi di sistema in modo da poterli assumerli pienamente insieme con la responsabilità che ne deriva». Sono i fondamenti del credito. Lo erano anche per il signor Banks di Mary Poppins. Dovrebbero esserlo pure per l’Italia e non solo.
di Marco Zatterin
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da La Stampa