L’inchiesta partita dallo scandalo Iaaf (tangenti per insabbiare procedure anti-doping) si è allargata alla possibile elargizione di mazzette per ottenere i Giochi a Rio de Janeiro e Tokyo. Il Cio replica: nessun illecito.
La procura di Parigi ha confermato l’esistenza di un’inchiesta per verificare eventuali illeciti nell’assegnazione dei Giochi Olimpici per il 2016 e il 2020. Lo ha riferito Franck Caronte, portavoce degli investigatori precisando che sono ancora in corso indagini preliminari, “stiamo facendo delle verifiche”. L’inchiesta in realtà era partita dai casi di corruzione per coprire il doping nel mondo dell’atletica leggera, che vede coinvolti i vertici della Iaaf (la federatletica mondiale) ed è stata estesa a forme “di possibile corruzione nelle procedure di assegnazione dei Giochi” a Rio de Janeiro per il 2016 e a Tokyo per il 2020.
Cio: nessun illecito
Per il Comitato Olimpico Internazionale, finora non c’è “nessuna prova” che sostenga un possibile tentativo di corruzione nell’ambito delle assegnazioni delle edizioni 2016 e 2020 dei Giochi Olimpici, che verranno rispettivamente ospitate da Rio de Janeiro e Tokyo. Un chiarimento che segue l’annuncio dell’apertura di un filone d’inchiesta da parte dei pubblici ministeri francesi che indagano sul caso tangenti nell’atletica leggera. “Il Cio è in stretto contatto con i procuratori francesi sin dall’inizio di questa indagine, lo scorso anno”, ha precisato il Comitato. “Al momento, non ci sono prove”, ha sottolineato il portavoce del Cio Mark Adams. “Quando ci saranno presentate delle prove, agiremo. In questo momento, non c’è nulla su cui agire”.
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Scoop del “Guardian”
L’ombra della corruzione rischia di allungarsi anche sull’assegnazione delle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro e di Tokyo. Polizia e magistratura francese stanno infatti indagando sul sospetto di mazzette dietro alcune manovre che hanno preceduto l’attribuzione degli ultimi due giochi estivi: appunto Rio 2016 e Tokyo 2020. Lo rivela il britannico Guardian, secondo il quale il fascicolo d’inchiesta sarebbe nato come uno sviluppo separato del caso che già investe la Iaaf e ha portato a vari mandati d’arresto, in primis contro l’ex presidente dell’atletica mondiale Lamine Diack. Il Guardian fornisce dettagli parziali su questo filone d’inchiesta: lo mette in relazione con lo scandalo Iaaf, che include accuse di tangenti incassate a quanto pare per insabbiare procedure anti-doping, ma sottolinea comunque che, se confermato, si tratterebbe di un salto di qualità tale da mettere in imbarazzo non solo la Federazione internazionale di atletica leggera (travolta dal caso del doping russo e non solo), ma lo stesso Comitato olimpico internazionale (Cio). In barba alle ‘regole ferree’ che questo afferma di essersi dato dopo l’intrigo dei giochi invernali di Salt Lake City 1999. Un portavoce del Cio, citato dal giornale, assicura in ogni modo che l’istituzione “è in stretto contatto con i procuratori francesi fin dall’avvio dell’inchiesta”, che viene fatto risalire “all’anno scorso”. Precisa inoltre come i vertici olimpici, in testa il numero uno del comitato etico, abbiano mosso già passi formali per essere ammessi nel procedimento: evidentemente ritenendosi parte lesa. A nome di Rio 2016, un portavoce brasiliano esclude a sua volta ogni coinvolgimento del comitato organizzatore dei giochi carioca, affermando che “Rio ha ottenuto i giochi perché aveva il progetto migliore”. E “ha battuto Madrid con un margine netto di voti, 66 a 32, che esclude qualsiasi possibilità di elezione truccata”. Il Guardian tuttavia accenna a una serie di iniziative sospette che avrebbero visto protagonisti, anche sul fronte olimpico, proprio il chiacchieratissimo Lamine Diack (già arrestato con l’imputazione d’aver accettato un milione di dollari nell’ambito di una cospirazione volta ad accantonare possibili sanzioni contro atleti russi pescati positivi) e suo figlio, Papa Massata Diack: ex consulente di marketing inseguito dalla giustizia come il padre nell’ambito dello scandalo doping-atletica. Papa Masata avrebbe fra l’altro fissato l’ammontare di ipotetiche ‘parcelle’ da versare ad almeno sei membri del Cio a partire del 2008, mentre si avviava la partita destinata ad assegnare le Olimpiadi del 2016 a Rio. Denaro che, stando al Guardian, avrebbe dovuto ‘oliare’ la candidatura rivale di Doha (Qatar), poi peraltro sconfitta. Padre e figlio, inoltre, sarebbero al centro di un giro di mail – di cui il giornale britannico scrive d’aver preso visione – dalle quali trapela la sicurezza di poter influenzare componenti del Cio. A questo si aggiunge una nota attribuita all’ex capo dell’agenzia mondiale anti-doping Dick Pound in base alla quale l’82nne Diack senior – che continua a proclamarsi innocente da ogni accusa – avrebbe pure cambiato bandiera, all’improvviso, nella corsa per i giochi estivi del 2020: passando dalle file dei sostenitori di Istanbul a quelle pro-Tokyo dopo che uno sponsor giapponese aveva firmato un generoso contratto con la Iaaf.