Bocciato il “position paper” dell’Esecutivo italiano. Il direttore del Ceps, Daniel Gros: “Roma non ha mantenuto le promesse, la spinta riformatrice è stata di breve durata e la spending review è scomparsa”.
Il “position paper” sull’Europa pubblicato dal governo italiano contiene “alcune idee e spunti interessanti”, ma fa proposte che “hanno il fiato corto”, anche perché a Bruxelles l’Italia non gode di “una credibilità molto alta”, considerando che lo sforzo riformatore messo in campo dall’esecutivo di Matteo Renzi è stato di “breve durata”, limitandosi in pratica al Jobs Act. Su altri fronti, come la spending review, che “è scomparsa”, l’Italia non ha mantenuto le promesse. Quindi, meglio sarebbe impegnarsi maggiormente a sistemare i conti pubblici e a riformare le storture dell’economia nazionale, invece che insistere con “l’abitudine” di “chiedere sconti” sul rispetto del patto di stabilità. Così Daniel Gros, direttore del Ceps (Center for European Policy Studies), think tank con sede a Bruxelles che si occupa di affari e politiche europee, commenta il documento in cui l’Italia presenta a un livello più organico e sistematico rispetto al recente passato alcune proposte per il futuro dell’Ue. Il documento, spiega Gros all’Adnkronos, fa proposte che “non mi sembrano attuabili nel contesto economico attuale” e “purtroppo ogni proposta italiana viene sempre con il carico della politica attuale e passata del Paese. La credibilità del messaggero – sottolinea – non è molto alta”. La parte più attuabile tra le tante contenute nel documento “sarebbe quella sull’unione bancaria”.
Tuttavia, continua, in questo campo c’è sul tavolo “un pacchetto”, un sistema che comprende la garanzia comune europea ai depositi, chiesta dall’Italia e non solo, e l’imposizione di vincoli all’esposizione delle banche al rischio sovrano dello Stato di appartenenza, voluta in particolare da Germania e Paesi Bassi. “Su questo punto nevralgico – nota Gros – il documento è muto”. Per l’Italia, secondo Gros, ridurre l’esposizione del sistema bancario nazionale al rischio sovrano potrebbe essere addirittura un vantaggio: “Non penso – dice – che sarebbe un problema una riduzione su un arco di 5-10 anni, di pari passo con la creazione di un sistema graduale di garanzia comune dei depositi. Sarebbe nell’interesse dell’Italia e non vedo pericoli. Le banche tedesche e francesi dovrebbero comunque acquistare titoli di Stato italiani, si creerebbe di fatto una specie di eurobond. Bisogna guardare al di là dell’interesse immediato”. Il ministro dell’Economia ha messo in chiaro che un argomento simile andrà affrontato in sede di comitato di Basilea: “E’ un modo per dire che non si farà mai”, osserva Gros. La proposta di creare un sistema europea contro la disoccupazione “è un argomento che ha una sua validità, ma così come viene presentato va al di là di quanto è auspicabile e anche accettabile politicamente. Pensare di avere un sistema europeo di sussidi di disoccupazione che dia gli stessi ammontari in qualunque Paese, non è possibile, né avrebbe senso da un punto di vista economico”.
Visto da Bruxelles, osserva l’economista, lo sforzo riformatore del governo Renzi “è stato di durata molto breve. L’impegno di aumentare la tassazione della ricchezza, e non sul lavoro, non è stato mantenuto. La spending review, che è un perno della strategia economica, è scomparsa. E le ultime mosse, come quella di dare 500 euro ai giovani, sono state ‘vendute’ come investimento: questo scredita qualunque approccio che voglia esentare gli investimenti dal patto di stabilità”. Quindi, continua Gros, “dispiace, perché alcuni elementi e spunti del documento erano interessanti. Ma, secondo me, senza una più grande apertura e senza una performance da un punto di vista economico, l’abitudine di chiedere sempre uno sconto dal patto di Stabilità, per avere qualche percentuale di Pil in più come spesa, non fa andare avanti”. L’economista ricorda inoltre che “quelle favorevoli all’austerità non sono solo posizioni tedesche, ma anche della Commissione, che è quella che decide sul patto di Stabilità”. Alcuni osservatori dicono che Renzi potrebbe costruire un’alternativa ‘di sistema’ alle politiche pro austerity, ma l’economista è scettico: “Per costruire un consenso – osserva – ci vuole anche una linea politica chiara, che si segue per molto tempo. L’impressione dall’esterno è che la politica italiana abbia il fiato corto. E poi Renzi ha la sfortuna che altri Paesi potenzialmente alleati o non hanno un governo, o hanno un governo talmente in difficoltà su altri fronti che non possono appoggiarlo”. (Adnkronos)
zorrax
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