Coinvolti anche Putin, Messi e Montezemolo. In 11,5 milioni di file l’inchiesta giornalistica “Panama Papers” ricostruisce 40 anni di società offshore, fondazioni e trust per eludere il fisco a livello internazionale.
Una colossale fuga di notizie. La più grande della storia della finanza internazionale. Milioni di pagine di documenti che raccontano quasi 40 anni di affari offshore. Tutto parte dallo studio legale Mossack Fonseca, con base a Panama city, nel cuore di uno dei più efficienti e impenetrabili paradisi fiscali del mondo. Grazie a un informatore, i giornalisti dell’Icij (International consortium of investigative journalists ) a cui partecipa l’Espresso in esclusiva per l’Italia, hanno avuto accesso a questo enorme archivio di carte segrete.
L’inchiesta è durata più di un anno, da quando i file panamensi – 11,5 milioni in tutto – sono stati recapitati al quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung, che poi li hai messi in comune con gli altri giornali del consorzio. Sulle stesse informazioni sono già al lavoro anche le autorità fiscali di diversi Paesi, tra cui la Germania e gli Stati Uniti. Mai prima d’ora una simile mole di dati finanziari riservati era stata messa, tutta insieme, a disposizione della pubblica opinione e degli investigatori.
I numeri parlano da soli. Oltre 200 mila società, fondazioni, trust con sede in 21 paradisi fiscali sparsi per il mondo, dai Caraibi ai mini Stati del Pacifico, da Cipro fino al deserto del Nevada, negli Stati Uniti. E poi decine di migliaia di clienti, cittadini di 200 Paesi diversi, tra cui politici, uomini di spettacolo, imprenditori, sportivi. I nomi degli italiani citati nell’archivio, come l’Espresso racconta in un altro articolo , sono circa 800. I file riguardano operazioni che vanno dal 1977 fino alla fine del 2015. E offrono un resoconto inedito sulla gestione di grandi flussi di denaro attraverso il sistema finanziario globale, soldi che a volte sono il frutto dell’evasione fiscale, della corruzione o anche del crimine organizzato.
La maggior parte dei servizi offerti dall’industria dell’offshore è infatti perfettamente legale se usata nel rispetto delle leggi e dichiarata al Fisco. Ma i documenti esaminati dall’Icij mostrano che banche e studi legali non avrebbero seguito le norme che permettono di individuare i clienti coinvolti in attività illegali. I file di Mossack Fonseca mettono in luce che alcuni dei più importanti istituti di credito internazionali sono coinvolti nella creazione di società difficili da rintracciare, nelle Isole Vergini britanniche, Panama e in altri paradisi fiscali.
La banca dati esaminata dall’Icij comprende più di 15.300 sigle di comodo costituite dalle banche, tra cui giganti come la svizzera Ubs e la britannica Hsbc, al servizio dei propri clienti. Nei documenti compaiono società offshore che riconducono alla cerchia degli uomini più vicini al presidente russo Vladimir Putin. C’è il presidente ucraino Petro Poroshenko e pure il padre, deceduto nel 2010, del primo ministro britannico David Cameron, che in patria si è lanciato in una campagna politica contro l’evasione.
I professionisti che più di 40 anni fa hanno fondato lo studio di Panama – e continuano a gestirlo oggi come partner principali – sono personaggi molto conosciuti nella società e nella politica del loro Paese. Jürgen Mossack è un immigrato tedesco arrivato a Panama con il padre, che cercava una nuova vita dall’altra parte dell’Atlantico dopo aver servito le SS hitleriane durante la seconda guerra mondiale.
Ramon Fonseca, noto in patria anche come romanziere, negli ultimi anni ha lavorato come consigliere del presidente di Panama. Da quando a marzo la sua società è stata coinvolta nel caso, il consorzio Icij ha cominciato a fare domande sull’attività dello studio legale, Fonseca ha preso un periodo di aspettativa dal suo incarico di consigliere.
Anche Lionel Messi, il più famoso calciatore del mondo, si è rivolto allo studio Mossack Fonseca per creare una società che si chiama Mega Star Enterprises Inc., un nome che si aggiunge alla lista di scatole offshore di Messi, già finito nel mirino del Fisco spagnolo. E ancora a proposito di sport e affari, le carte tirano in ballo anche personaggi coinvolti nello scandalo della Fifa, la Federazione mondiale di calcio. I report rivelano, per esempio, che lo studio legale di Juan Pedro Damiani, membro del comitato etico della Fifa, ha avuto relazioni commerciali con il vicepresidente della Federazione Eugenio Figueredo, arrestato a Zurigo il 15 maggio dell’anno scorso e sotto inchiesta in Uruguay. Come Messi, anche un altro big dello star system internazionale come l’attore Jackie Chan si è rivolto a Mossack Fonseca per aprire sei società.
Panama è da sempre anche uno dei paradisi fiscali più attivi nella registrazione di navi di ogni tipo, dai panfili dei super – ricchi ai mercantili. Ebbene, lo studio Mossack Fonseca risulta aver gestito la creazione delle società offshore a cui sono intestati gli yacht del re dell’Arabia Saudita, Salman bin Abdulaziz Al Saud e del sovrano del Marocco Mohammed VI.
L’immensa banca dati a cui ha avuto accesso l’Icij dimostra anche che, tra i leader politici internazionali, la famiglia del presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha usato fondazioni e società di Panama per nascondere partecipazioni azionarie in alcune miniere d’oro e anche proprietà immobiliari a Londra. I figli del primo ministro del Pakistan, Nawaz Sharif, hanno invece comprato palazzi nella capitale britannica, intestati a offshore create da Mossack Fonseca.
I membri della famiglia di almeno otto tra ex e attuali componenti del vertice del Partito Comunista cinese (Comitato Permanente dell’Ufficio Politico) dispongono di società in paradisi fiscali create attraverso Mossack Fonseca. Tra questi c’è anche il cognato del presidente Xi Jinping, a cui sono riconducibili due società nelle Isole Vergini britanniche.
Nella lista dei leader mondiali che hanno usato lo studio Mossack Fonseca per creare società offshore compare anche l’attuale presidente dell’Argentina, Mauricio Macri, già sindaco di Buenos Aires e imprenditore. Macri risulta amministratore e vice presidente di una società alle Bahamas, amministrata dallo studio Mossack Fonseca. Un portavoce dell’uomo politico argentino ha risposto alle domande dell’Icij precisando che quella società faceva capo alla famiglia di Macri, il quale però non ha mai posseduto personalmente azioni.
Una presa di posizione simile è arrivata anche dallo staff del presidente ucraino Petro Poroshenko. La holding registrata nelle British Virgin islands, così come altre due società di Cipro e dei Paesi bassi «non hanno nulla a che fare con l’attività politica» di Poroshenko. Questa la dichiarazione dei portavoce del leader di Kiev, che è anche un uomo d’affari a capo tra l’altro di una grande azienda alimentare.
Le informazioni sulle sue proprietà offshore avrebbero invece potuto compromettere la rapida carriera Sigmundur David Gunnlaugsson, da tre anni primo ministro dell’Islanda. Sin dal 2009, quando è entrato in Parlamento, Gunnlaugsson possedeva azioni in una società delle British Virgin islands, di cui in quell’anno ha girato la proprietà alla moglie per un dollaro. Il fatto è che il patrimonio di quella offshore era in gran parte costituito da obbligazioni delle banche islandesi fallite in seguito alla crisi finanziaria del 2008. Gunnlaugsson è quindi diventato un creditore di quegli istituti di credito di cui nel frattempo ha negoziato il salvataggio in qualità di primo ministro. Tutto questo senza che nessuno sapesse della sua società nelle Isole Vergini britanniche.
Nel Regno Unito il premier Cameron si è messo alla testa di una battaglia contro i centri offshore invitando, per esempio, le Isole Vergini britanniche, territorio d’oltremare della Corona, a «mettere ordine in casa propria». Un compito difficile per lo stesso Cameron, visto che suo padre Ian, multimilionario agente di cambio, era un cliente di Mossack Fonseca. Lo studio legale panamense era stato utilizzato per proteggere il proprio fondo d’investimento, Blairmore Holdings Inc., dalle tasse inglesi. Cameron padre ha controllato il fondo dalla creazione nel 1982 fino alla sua morte avvenuta nel 2010.
Quest’ultima vicenda è un esempio di quanto profondamente le società offshore facciano parte della vita delle élite politiche e economiche in tutto il mondo. Nel caso di Putin, i file alzano il velo su una serie di operazioni finanziarie riservate gestite da banche, società e persone legate al leader russo. Ne esce un network di transazioni in grado di movimentare più di 200 milioni di dollari per volta.
Ecco un esempio concreto. Il 10 febbraio del 2011, una società anonima delle Isole Vergini britanniche, la Sandalwood Continental Ltd, ha prestato 200 milioni di dollari a un’altra società fantasma con base a Cipro, chiamata Horwich Trading Ltd. Ventiquattr’ore dopo, la Sandalwood ha girato il proprio credito alla Ove Financial Corp., un’altra misteriosa società delle Isole Vergini, che ha concluso l’acquisto sborsando un solo dollaro. Ma il giro del denaro non finisce qui. Lo stesso giorno Ove ha passato quei medesimi crediti a una offshore di Panama, denominata International Media Overseas. Anche questa transazione è stata conclusa al prezzo di un dollaro. Nel giro di un solo giorno, quindi, il prestito era passato attraverso tre Paesi, due banche e quattro società, con il risultato finale di rendere molto difficile ricostruire l’origine e la destinazione.
C’erano molte motivazioni che potevano aver spinto gli ideatori di questo schema a scegliere un percorso tanto complicato. Una su tutte: il fiume di denaro lambisce pericolosamente la cerchia più intima di Putin. La banca Rossiya di San Pietroburgo, un’istituzione il cui azionista di maggioranza e presidente è considerato uno dei cassieri personali del presidente russo, ha costituito la Sandalwood Continental e diretto il flusso del denaro. La International Media Overseas, dove il credito di 200 milioni sembra essere infine “atterrato”, è invece controllata, in base ai documenti ufficiali, da uno dei più vecchi amici di Putin, Surgey Roldugin, un violoncellista di musica classica, che è il padrino della figlia maggiore del presidente russo.
Il prestito da 200 milioni è solo una delle dozzine di transizioni, che ammontano a un totale di 2 miliardi di dollari, trovate nei documenti di Mossack Fonseca che coinvolgono persone o società legate a Putin. In una risposta scritta alle domande dell’Icij, lo studio legale panamense ha affermato di «non aver mai agevolato o promosso operazioni illegali». Le accuse secondo le quali sarebbero state create strutture finanziarie studiate apposta per nascondere l’identità dei reali proprietari «sono completamente prive di fondamento e false».
Ramon Fonseca, uno dei due soci fondatori, ha detto in una recente intervista a una tv panamense che lo studio «non ha responsabilità per ciò che i clienti fanno con le loro società offshore». Fonseca ha paragonato la sua attività a quella di un produttore di automobili. Incolpare il nostro studio per quello che la gente fa con le proprie società – dice Fonseca – è come accusare una casa automobilistica «se la macchina viene usata per fare una rapina».
inchiesta realizzata da Icij*
* Inchiesta realizzata da: Bastian Obermayer, Gerard Ryle, Marina Walker Guevara, Michael Hudson, Jake Bernstein, Will Fitzgibbon, Mar Cabra, Martha M. Hamilton, Frederik Obermaier, Ryan Chittum, Emilia Díaz-Struck, Rigoberto Carvajal, Cécile Schilis-Gallego, Matthew Caruana-Galizia, Miguel Fiandor and Mago Torres.
Fonte: l’Espresso
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Montezemolo, Nicosia, Unicredit, Ubi banca: gli italiani coinvolti nell’inchiesta
Si chiama Lenville overseas e ha sede a Panama la società che proietta il nome di Luca di Montezemolo nel lungo elenco degli italiani con l’offshore. I documenti analizzati da l’Espresso confermano che lo studio Mossack Fonseca ha curato anche gli interessi del presidente di Alitalia. Nei primi mesi del 2007 sono stati siglati una serie di contratti che, tra l’altro, indicano Montezemolo come procuratore di Lenville. Il manager, a quell’epoca al vertice di Ferrari e presidente di Fiat, ha ricevuto la delega per operare su un conto alla Bim Suisse, filiale elvetica dell’italiana Banca Intermobiliare. Raggiunto da l’Espresso, Montezemolo non ha risposto alle richieste di chiarimenti.
Le carte di questi affari sono custodite nell’immensa banca dati di Mossack Fonseca. Un gigantesco archivio informatico a cui, grazie a un anonimo informatore, hanno avuto accesso i giornalisti dell’Icij, l’International Consortium of investigative journalists. Montezemolo si trova in folta compagnia. Circa un migliaio di clienti provenienti dal nostro Paese sono citati, a vario titolo, nei documenti che l’Espresso ha consultato. Imprenditori, professionisti, volti noti dello spettacolo, ma anche moltissimi personaggi sconosciuti alle cronache sono approdati a Panama per mettere al sicuro il patrimonio di famiglia.
Nei prossimi giorni, una volta completate le nostre verifiche, daremo conto di questi affari offshore. Intanto va segnalato che nelle carte ricorrono i nomi di due grandi istituti di credito italiani come Unicredit e Ubi. Non solo. I file panamensi aggiungono particolari inediti su vicende giudiziarie come il caso dell’eredità di Nino Rovelli, il re della chimica anni Settanta. E negli stessi documenti segreti compare anche il nome di Giuseppe Donaldo Nicosia, sotto inchiesta a Milano per frode fiscale e bancarotta fraudolenta. Un’inchiesta in cui è coinvolto anche l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che sta scontando in carcere una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Anche Jarno Trulli, l’ex pilota di Formula Uno, risulta azionista della Baker street sa, una società registrata nelle isole Seychelles e creata con l’assistenza dei legali dello studio Mossack Fonseca. Il campione, ritiratosi dalle corse nel 2012, è andato offshore grazie all’intermediazione del Credit Foncier Monaco, uno degli istituti di credito più forti sulla piazza di Montecarlo. Questo è quanto risulta dalle carte ufficiali, ma Trulli, contattato da l’Espresso tramite il suo manager, non ha risposto alle richieste di chiarimenti.
«Mossack Fonseca non risulta essere un consulente fiscale della capogruppo» è stata invece la replica del portavoce di Unicredit. I file segreti raccontano una storia più articolata. La banca milanese in effetti ha avuto relazioni d’affari con lo studio panamense per la gestione di circa 80 società offshore. Per esempio la Baracaldo inc. e la Overshoot inc. entrambe di Panama, oppure la Nemo partners Ltd, registrata alle Isole Vergini britanniche. Nel 2010 però Unicredit prende le distanze.
Il cambio di rotta coincide con un altro avvenimento: il gruppo italiano vende parte delle sue attività in Lussemburgo ai tedeschi di Dz bank. E proprio dal Granducato passava il rapporto tra Unicredit e Mossack Fonseca. I documenti danno conto anche dei tentativi dei manager dello studio panamense per riallacciare i rapporti con l’istituto di credito. Senza successo.
Anche per Ubi banca, la grande Popolare bergamasca che si è da pochi mesi trasformata in spa, la piattaforma d’operazioni per gli affari offshore si trovava a Lussemburgo. È quindi Ubi international che dal Granducato ha incrociato la rotta di Mossack Fonseca. Nelle carte compaiono i nomi di 40 sigle offshore, registrate a Panama e alle isole Seychelles, che appaiono legate a Ubi. Una decina risultano ancora attive. Nei documenti si trova però traccia di numerose conversazioni tra i manager di Mossack Fonseca e i manager di Ubi banca in Lussemburgo.
«Non abbiamo società controllate in quelle località», ha risposto la banca a l’Espresso. Gli azionisti delle offshore sono però da ricercare tra i clienti di Ubi, che via granducato e con l’assistenza delo studio panamense sono così riusciti a sbarcare in un paradiso fiscale. Chi sono questi clienti? Mistero, perché il capitale delle società è al portatore.
Nessun mistero invece per quanto riguarda la Countryside Group Ltd delle Seychelles. Il titolare delle azioni, lo shareholder, come viene indicato nei file di Mossack Fonseca, è Oscar Rovelli, uno degli eredi di suo padre Nino, l’imprenditore che quarant’anni fa controllava il gruppo chimico Sir.
Il nome dei Rovelli è stato al centro di una complicata vicenda giudiziaria conclusa nel 2006 con una sentenza di Cassazione. Quel verdetto, che condannava tra gli altri l’avvocato Cesare Previti, stabiliva che la famiglia si era comprata a suon di bustarelle la sentenza del Tribunale di Roma che le assegnava un risarcimento del valore di quasi 400 milioni di euro nei confronti dell’Imi la banca che aveva suo tempo finanziato la Sir. Nel frattempo però quella somma era già stata dispersa nei più diversi paradisi fiscali ed è così partita un’indagine della magistratura per recuperare il denaro. L’inchiesta ha già portato a sequestri importanti negli anni scorsi. La Countryside Group delle Seychelles non fa parte, però, dell’elenco di offshore estere già individuate dagli investigatori. Oscar Rovelli ha risposto a l’Espresso, tramite il suo avvocato, di «non avere alcun ricordo di quella società».
È invece ancora in pieno svolgimento la caccia al tesoro di un altro cliente di Mossack Fonseca del calibro di Giuseppe Donaldo Nicosia, imprenditore della pubblicità televisiva, latitante dal 2014, quando avrebbe dovuto essere arrestato per truffa all’Iva, bancarotta fraudolenta e altro. Nicosia era socio di Dell’Utri nella società spagnola Tomé Advertising SL, che secondo le accuse della Guardia di Finanza sarebbe servita per una truffa da 43 milioni all’Erario. L’ex braccio destro di Berlusconi avrebbe beneficiato personalmente di una parte del presunto bottino. in particolare Nicosia gli avrebbe versato 10mila euro al mese dal 2008 al 2011 con la giustificazione, ritenuta falsa, di un ipotetico affitto del palazzo di Dell’Utri in via Senato a Milano.
Secondo le indagini della Guardia di Finanza Nicosia avrebbe reinvestito i proventi della presunta frode in acquisti di lusso: Rolls Royce, Harley Davidson, scuderie di cavalli. Ma il fiore all’occhiello è il doppio appartamento acquistato nel 2006 a New York: il Cityspire Condominium, al 150 West 56th Street. E qui entra in gioco il ruolo di Mossack Fonseca. In rapida successione Nicosia costituisce due offshore: il 20 maggio 2011 Darion Trading, alle British Virgin Islands, e, il 13 giugno, Amadocia, nel Delaware americano. Subito dopo che fa? Per 3,2 milioni di dollari vende l’appartamento di Manhattan a sè stesso, cioè alla Amadocia, controllata da Darion Trading. Un vero lavaggio all’ombra delle offshore. Ma non è tutto. Perché su quella casa pendeva una richiesta di sequestro proveniente da Milano, presa in esame negli Usa nel marzo 2015, ma approvata dal giudice Richard Roberts appena lo scorso 1 marzo. Peccato che in autunno Nicosia avesse già ceduto il suo gioiello per 3,7 milioni. Oltre al danno anche le beffe.
di Paolo Biondani, Vittorio Malagutti, Gloria Riva, Leo Sisti, Stefano Vergine
Fonte: l’Espresso
Consuelo
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http://www.zerohedge.com/news/2016-04-05/cat-out-bag-interview-mossack-fonseca-founders-admit-its-over-rothschilds-delight
Ciao
peter pan
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Un mio conoscente, in coma per un incidente, si è risvegliato e voleva tornare in possesso di una fortuna depositata non si sa bene dove, mai ritrovata. Gli ho parlato di questa faccenda e vorrebbe sapere se il suo nominativo risulta agli atti. A chi mi potrei rivolgere? Evitare perditempo e burloni, è una cosa seria, supponiamo che fosse vero…… io ho già controllato e non ci sono, meno male vuoi mettere i parenti serpenti????
A tanta di questa gente vorrei dire: ma date stì soldi in beneficenza, tanto nella tomba le Società, i gioielli, il contante non ve li portate mica: date!!!! date!!!!
IBAN IT 63 62 61…..
giaguas
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http://www.cdt.ch/primo-piano/approfondimenti/149086/se-gli-stati-uniti-fanno-il-doppio-gioco
giaguas
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Si legge sul Corriere del Ticino, che il sistema sulla trasparenza , per scovare gli evasori, e’ stato accettato da 97 paesi nel mondo, tranne che dal Bahrein – Micronesia – Vanatu e Stati Uniti d’America. Si’, come ammette Andrew Penney, managing Director di Rotschild , ” gli Stati Uniti sono il piu’ grande paradiso fiscale al mondo “…grazie alle Leggi permissive, ad hoc.
Apple ha creato una subsidiary , la Braeburn Capital, a Reno nel Nevada, dove la corporate Tax e quella sul capital gain sono Zero. Non da sola, ma seguita da Microsoft, Cisco, Harley Davison ed altre. Morale.: per non fallire la California si salva con la legalizzazione della marijuana…
Non si spiegherebbe come molti stati negli Usa sono in fallimento, mentre 60 persone detengono il 90% della ricchezza del paese..!! ed in regola con le Leggi… Amazing..!!! God Bless America..!!
Consuelo
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After all, leaders in Iceland, Russia, Ukraine, Brazil, Australia and many other nations are already facing questions about their use of the Panamanian law firm, and yet nothing about the US?
Certamente non mancheranno nomi americani, ma fino ad oggi non si sa chi siano ( top secret) mentre sono stati sbattuti in prima pagina, altri di nazionalità diversa.
La spiegazione potrebbe essere quella di cui parla l’articolo.
Tshirt
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leggi qui:
Mossack Fonseca Has 441 U.S. Clients: Who Are They?
http://www.zerohedge.com/news/2016-04-04/mossack-fonseca-has-441-us-clients-who-are-they
ronin
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Complotto sì o complotto no? Mezzo mondo si divide, ma quel che è certo è che degli Stati Uniti in questi leaks non c’è nemmeno l’ombra. E Panama è storicamente il crocevia di operazioni guerriglia della CIA (e di molto altro)
Maurizio Pagliassotti
http://esteri.diariodelweb.it/esteri/articolo/?nid=20160404_379273
………..Da Panama operazioni guerriglia della CIA
Tutto questo per ricordare che Panama è stato il centro di varie operazioni di guerriglia condotte dalla CIA. Da questo territorio, una vera base militare Usa mimetizzata da stato indipendente, venivano coordinate guerre non dichiarate come «Ombre rosse», fortemente voluta dall’amministrazione Reagan, impegnata a contrastare le varie guerriglie sudamericane. Traffico internazionale di cocaina, armi, esseri umani, cartelli di narcos: da queste parti passa di tutto. Panama è uno stato off-shore degli Stati Uniti, probabilmente quello che controllano più capillarmente, e ci vuole davvero molta fantasia nel credere che un’operazione simile possa svolgersi perché qualche bravo giornalista investigativo fa bene il suo mestiere.
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Mancano all’appello gli americaniChi manca all’appello? Sorprendentemente, nomi statunitensi. Il direttore della Süddeutsche Zeitung, la testata tedesca che ha ricevuto per prima il massiccio database, ha invitato ad attendere in merito all’assenza dei nomi americani. La lista completa verrà pubblicata a maggio e in essa, secondo indiscrezioni, dovrebbero esserci 3mila società americane. Aspettiamo, magari qualche giocatore di basket e qualche finanziere uscirà. Magari sarà pure amico di Donald Trump. Qui, intanto, la mappa dei Paesi coinvolti al momento.
Tshirt
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Consuelo
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http://www.ilgiornale.it/news/politica/panama-societ-nel-giro-daffari-renzi-e-banca-etruria-1242227.html
Consuelo
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Chi sovvenziona ICIJ ? Sorpresa! Uno dei sovvenzionatori è l’Opensociety foundations di Soros.
giaguas
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I motivi possono essere diversi: Intanto chi ha sostenuto il consorzio di giornalisti, sono fondazioni “benefiche” tra cui quelle di George Soros e di un figlio di Rockefeller. Secondo: da una recente analisi della Banca Mondiale, si rileva che in 213 casi di corruzione investigati nel mondo , 102 risultano societa’ registrate negli Usa , Delaware, Nevada, Wyoming ; tuttoggi, nel Delaware esiste un palazzo di 16 piani in cui sono registrate 60.000 societa’ intestate a non residenti, quasi tutte offshore. Risulta inutile quindi recarsi a Panama , per i ricconi americani, quando a pochi km. da N.Y. hanno il piu’ grande paradiso fiscale al mondo.
Nel 2011 Tim Geitner, ancora segretario del Tesoro, valuto’ in 3 mila miliardi di $ , la massa monetaria evasa, tale da supportare W.Street, la bolla immobiliare Usa e pure i T-bond..!
Chissa’ se gli Usa decideranno di far sparire la finanza offshore e vorranno esserne gli unici detentori…
Da Linkiesta
ronin
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Nelle carte della Mossak Fonseca tirati in ballo banchieri e oligarchi. Ma il vero obiettivo è sempre Putin accusato di aver nascosto 2 miliardi. Mosca contrattacca e accusa l’Occidente
Sergio Rame
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/nei-panama-papers-spunta-putin-mosca-accusa-attacco-dellocci-1242145.html
Dopo il gossip di bassa lega, l’assalto ai capitali. Il terremoto scatenato dai Panama Papers punta dritto al Cremlino e, ovviamente, a Vladimir Putin.
Tanto che molti analisti non nascondono i dubbi su un possibile aiutino degli Stati Uniti e della Casa Bianca a far uscire sui giornali di mezzo mondo i nomi di correntisti off shore. “Sappiamo bene chi fa parte di questa cosiddetta comunità giornalistica – accusa il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov – ci sono molto giornalisti la cui occupazione principale non è il giornalismo, ci sono molti ex rappresentanti del dipartimento di Stato, Cia e altri servizi speciali”.
La scorsa settimana Mosca già avvertiva: “È in arrivo un pesante attacco mediatico nei confronti del presidente Putin, costruito su falsità e calunnie totalmente inventate”. Prima sono arrivate le sparate “gossippare” su una presunta relazione tra Putin e Wendi Deng, ex moglie di Rupert Murdoch. Ora, con la pubblicazione dei Panama Papers, è stata ricostruita dettagliatamente la cassaforte privata dei veri padroni della Russia. La rete, spiega Nicola Lombardozzi su Repubblica, “vede Putin al centro di un intrigo di conti offshore per due miliardi di dollari che alimentano ricchezze e potere. Personaggi noti, discussi ma finora intoccabili che gravitano attorno al presidente addirittura dai tempi della scuola nell’allora Leningrado”. In realtà anche nelle migliaia di pagine che arrivano da Panama il nome del presidente russo non compare nemmeno una volta………………………………….
………………..
…ecc….
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ronin
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Marcello Foa
L’Isis sconfitto a Palmira. Grande notizia! Ma non per certa stampa
http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/04/03/lisis-sconfitto-a-palmira-grande-notizia-ma-e-meglio-non-dirlo/#
Il candidato del Partito Democratico Bernie Sanders ha vinto gli ultimi 6 Stati nella corsa alle primarie, ma di servizi giornalistici sulle sue vittorie (in alcuni casi schiaccianti) se ne sono visti pochi. Le ragioni, secondo Paul Craig Roberts, economista ed ex-assistente al ministero del Tesoro americano, sono chiare: meglio non parlarne, perché potrebbe mettere a rischio la candidatura di Hillary Clinton. E la stampa si adegua al volere dell’establishment che, dopo aver quasi perso la candidatura repubblicana, punta tutto sull’ex segretario di Stato.
Lo stesso comportamento, avverte Roberts, si può osservare nella copertura della politica estera. L’esercito governativo di Bashar al-Assad, appoggiato dall’aviazione russa, ha liberato Palmira dalle truppe dell’ISIS. Ma Washington e Londra sono rimaste silenti e dunque anche i grandi media americani che hanno trattato la notizia come se si trattasse di un fatto marginale e, soprattuto, senza esultanza. Eppure trattasi di una vittoria importantissima contro l’Isis che – almeno a parole – rappresenta la minaccia principale alla nostra stabilità. In fondo è il gruppo terrorista che ha voluto e attuato gli attentati a Parigi e a Bruxelles. Dovrebbe essere una splendida notizia.
Invece solo alcune testate, tra cui l’Independent e Russia Today, e solo alcune personalità politiche, come il sindaco di Londra Boris Johnson, hanno rotto il silenzio. A conferma che è facile orientare i media, troppo dipendenti dalle fonti ufficiali dei grandi governi, che così possono accendere o spegnere i riflettori dei grandi media anglosassoni, in un processo autolesionistico. Implicitamente rinunciano alla loro ragion d’essere: quella di essere un contro-potere, di essere la coscienza critica della società civile e della democrazia.
ronin
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popolarità 1604
…. nonostante il presidente russo non compaia in nessuna delle carte in questione.
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=15087
Panama Papers e l’informazione occidentale. La stampa britannica è completamente impegnata a parlare di quella che Snowden ha definito “la maggiore rivelazione nella storia della corruzione”. Ma invece di scrivere del fatto che nella lista compaia il padre del primo ministro inglese David Cameron e di altri membri Tories che hanno portato le loro ricchezze nel paradiso fiscale, sono totalmente concentrati nell’”affaire Putin”, anche se il presidente della Federazione russa non sia mai nominato nelle carte.
Nel commentare la fuoriuscita di oltre 11,5 milioni di documenti da parte di uno studio legale di Panama, i media britannici accusano il presidente Vladimir Putin di corruzione, nonostante il presidente russo non compaia in nessuna delle carte.
Ma per fortuna anche dal Regno Unito c’è una piccola sollevazione contro coloro che si autodefiniscono “informazione” di un mondo che si crede “libero”.
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…ecc…
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