Tangenti Finmeccanica, Orsi condannato a 4 anni e mezzo

La Corte d’Appello di Milano ha in parte riformato la sentenza di primo grado nei confronti dell’ex presidente e ad e di Spagnolini che erano stati condannati entrambi …

La Corte d’Appello di Milano ha in parte riformato la sentenza di primo grado nei confronti dell’ex presidente e ad e di Spagnolini che erano stati condannati entrambi a due anni di reclusione.

L’ex presidente e ad di Finmeccanica Giuseppe Orsi e l’ex ad di AgustaWestland Bruno Spagnolini sono stati condannati rispettivamente a 4 anni e mezzo e a 4 anni in appello a Milano nell’ambito del processo con al centro presunte tangenti per un appalto da 560 milioni di euro per la vendita al governo di Delhi di 12 elicotteri. Le accuse sono corruzione internazionale e false fatturazioni. Il pg aveva chiesto di condannare i due a 6 e 5 anni di carcere. Il processo nasce dall’inchiesta dei pm di Napoli Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, poi trasmessa per competenza a Busto Arsizio.

La Corte d’Appello di Milano ha quindi in parte riformato la sentenza di primo grado nei confronti di Orsi e Spagnolini che erano stati condannati entrambi a due anni di reclusione (pena sospesa) per l’accusa di false fatture, mentre erano stati assolti dall’accusa di corruzione internazionale.  Per i due, inoltre, è stata disposta una confisca complessiva di 7,5 milioni di euro. A Orsi è stata revocata anche la condizionale. “Questa condanna è inspiegabile, sarà travolta in Cassazione” dice l’avvocato del manager, Ennio Amodio.

Le difese avevano sollecitato la conferma dell’assoluzione in primo grado dalla corruzione internazionale e la riforma della condanna per false fatture in “assoluzione perché il fatto non costituisce reato”. Il caso degli elicotteri mise in forte imbarazzo il governo indiano dell’epoca che nel  2014 sospese l’esecuzione del contratto, escusse fidejussioni per circa 225 milioni e si tenne i primi tre elicotteri, che valgono circa 37 milioni di euro l’uno. Al momento, la fornitura risulta ancora sospesa, mentre è in corso un arbitrato sulla stessa sospensione del contratto.

Accusa e difesa. Secondo l’accusa una parte delle presunte tangenti sarebbero state originate da contratti di consulenza al gruppo dell’italoamericano residente in Svizzera Guido Ralph Haschke, uscito dalla vicenda con un patteggiamento a un anno e 10 mesi per corruzione internazionale. Il gruppo comprende anche lo svizzero Carlo Gerosa e i tre fratelli Tiagy, imprenditori indiani. Haschke, grazie al collegamento con Sashi Tiagy, cugino dei suoi soci, all’epoca capo di stato maggiore dell’aeronautica indiana e presunto destinatario delle mazzette, avrebbe garantito il buon esito della gara d’appalto, facendo abbassare la quota operativa di volo richiesta agli elicotteri. Un’altra parte della presunta tangente, sempre secondo l’accusa, sarebbe arrivata da un’operazione con la quale il consulente di AgustaWestland Ltd, il britannico Christian Michel, riacquistò dall’India dei vecchi e malridotti elicotteri Wg30 (vecchia fornitura della Westland) al prezzo di 7 milioni di euro per toglierli dal mercato e li rivendette ad AgustaWestland per oltre 18 milioni.

Le difese, invece, hanno sostenuto l’assenza di prove sia di un accordo corruttivo, sia dell’atto contrario ai doveri d’ufficio di pubblici ufficiali indiani, sia delle sovraffatturazioni ai consulenti. Per le difese prima di tutto Haschke avrebbe esagerato il suo ruolo per poter accreditarsi presso Finmeccanica e ottenere così dei lavori, il maresciallo Tiagy non sarebbe stato nella posizione di influenzare alcunché, visto che le decisioni sulle caratteristiche della gara vennero assunte da altri organi, ogni consulenza era giustificata e ogni pagamento rendicontato a fronte di un lavoro effettivamente svolto.

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L’appello ribalta l’assoluzione per gli ex vertici Finmeccanica. I legali: «Sentenza nulla»

di Luigi Ferrarella   – Corriere della Sera

MILANO «Io comunque già da mesi tutta la documentazione dove c’è il nome AgustaWestland è sparita dall’ufficio… Al limite bisogna far sparire anche quelli in cassaforte» sulla fornitura all’India di 12 elicotteri prodotti dalla società controllata da Finmeccanica, diceva il 3 marzo 2012 il mediatore Ralph Guido Haschke in auto tra Malpensa a Lugano, e Carlo Gerosa (suo partner in una società tunisina) concordava «meglio un armadio in casa che una cassetta di sicurezza», subito rassicurato da Haschke: «Sì, io ho dato tutto a mia mamma». E in effetti sotto il letto della mamma, mentre si fingeva malato, il 23 aprile i carabinieri del Ros avevano trovato una valigia di documenti. Da far sparire. Perché?

La risposta ieri della Corte d’Appello di Milano è la condanna a 4 anni e mezzo dell’ex amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, e a 4 anni di Bruno Spagnolini, ex a.d. di Agusta, non solo (come già nel 2014 nel Tribunale di Busto Arsizio a 2 anni) per «frode fiscale» nella sovrafatturazione di 14 milioni con la società tunisina Ids nel 2008-2011, ma anche per il reato di «corruzione internazionale»: la tangente da 30 milioni che i pg Gianluigi Fontana e Tiziano Masini, sulla scia dell’indagine del pm Eugenio Fusco, sostenevano mascherata da fittizi contratti di progettazioni ingegneristiche, e destinata (tramite tre suoi cugini) al capo di Stato maggiore dell’Aeronautica indiana 2004-2007 Sashi Tyagi e a non identificati politici indiani allo scopo di propiziare la fornitura al governo indiano da 560 milioni. Impietriti gli imputati (anche dalla confisca di 7,5 milioni e dal risarcimento di 300.000 euro all’Agenzia delle entrate), sono i difensori Ennio Amodio, Novella Galantini e Massimo Bassi a bollare come «inspiegabile» una sentenza che afferma la corruzione non per atto contrario ai doveri di ufficio ma per l’esercizio delle funzioni; che «nel merito trasforma una poltiglia indiziaria in un costrutto inidoneo ad assumere dignità di prova»; e «che è fuori dall’Europa e nulla, in quanto la Corte avrebbe dovuto dare alle parti il potere di interloquire sulla modifica della qualificazione del fatto».

Haschke aveva già patteggiato 1 anno e 10 mesi. E AgustaWestland Spa e la filiale inglese Ltd avevano patteggiato nel 2014 la confisca di 7,5 milioni come profitto di corruzione internazionale in India, più 380.000 euro di sanzioni pecuniarie per l’illecito amministrativo della legge 231. In attesa delle motivazioni è immaginabile che sui giudici d’Appello (Marco Maria Maiga, Ketty Lo Curto e Carla Galli) abbiano pesato gli elementi che i pm avevano lamentato ignorati o sminuiti dal Tribunale. Alcuni di contesto, come la mobilitazione degli ex vertici milanesi della Corte d’Appello e della Procura generale, per far capire a Orsi cosa potesse maturare al Csm sulla Procura di Busto erede del fascicolo avviato a Napoli dal pm Woodcock; o come le parole di Orsi in un interrogatorio, «in effetti il 30 marzo 2012 mi sono recato dal vicepresidente del Csm Vietti nel suo studio di Torino, massimo 20 minuti. Non intendo riferire quale sia stato l’oggetto della nostra conversazione riservata».

Altri elementi erano invece di sostanza, come la riunione durante l’iter della gara del capo di Stato maggiore indiano Sashi Tyagi con Renzo Lunardi (direttore commerciale di Agusta) e Haschke nella casa-ufficio dei fratelli Tyagi, o come l’incontro tra Tyagi e Spagnolini. Incontri dopo i quali Tyagi, invitato a Milano alla Scala, «subito dopo lo spettacolo proseguì la serata nel ristorante Biffi Scala, seduti con le consorti a tavola Sashi Tyagi, Orsi, Caporaletti (presidente di una azienda di Finmeccanica, ndr ) e Saponaro» (successore di Lunardi alla direzione commerciale). E poi, ancora altre intercettazioni di Gerosa nelle indagini: «L’unico che non corre rischi è Juli (Tyagi, cugino del comandante, ndr ) perché siamo noi il fronte… lì non c’è nessun collegamento, perché insomma… in contanti» (riferimento a 400.000 euro a mano). «Appunto, quindi non potrà mai essere provata la corruzione — era sicuro Hascke —. Potranno dire che hanno pagato molto cara l’ingegneria, ma non potranno mai dire che c’è stata corruzione». Anche perché, contava Haschke, «prima di fare la rogatoria su Mauritius, devono capire che (i soldi, ndr ) son finiti a Mauritius. Per capire che son finiti a Mauritius, devono prima fare una rogatoria sulla Tunisia, poi probabilmente tra 10 anni…». E Gerosa sospirava fiducioso: «Speriamo che non scoprano niente, è evidente che su Mauritius ci vogliono dei tempi… Guarda il processo di Berlusconi da quando vanno avanti, magari siamo già morti….». Ma magari no.

 

 

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