Ma Renzi piace ancora? Alla stampa di sicuro no. Forse ai giornalisti di stanza a Montecitorio – e di sponda a Palazzo Chigi – manco era andato mai a genio, ma ora il divorzio è ufficiale. Questione di “prassi”. Fino all’altro ieri le penne facevano la coda dal portavoce del premier, quel Filippo Sensi plenipotenziario e plenidispensatore di retroscena pilotatissimi, per farsi lisciare la testolina e sentirsi dire “bravo, bravo…” nelle pause dei lavori del Parlamento, quando il suo capo si faceva vedere per un intervento in Aula o per rispondere a qualche Question time. Nel giorno più importante, quello dello speech per le riforme costituzionali, però, Filippo “watchdog” Sensi è rimasto praticamente da solo. Che sia il segnale dell’inizio della fine?
Maria Elena Boschi viaggia con Ryanair e non con gli aerei di Stato. Brava, bene, bis! Mossa populista della bella ministra per le Riforme costituzionali: lunedì 11 aprile a Londra ci è volata con la compagnia low cost, facendo risparmiare qualche soldino alle casse dello Stato, ma vedremo tra qualche mese, sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri quanto realmente ci sarà costato. Dicono le malelingue che avesse almeno 7 persone dello staff al seguito. Tutte a spese di Pantalone-Palazzo Chigi, ovviamente. E comunque per arrivare all’aeroporto di Fiumicino, e tornare ovviamente, non ha preso mica i trenini delle Fs come i comuni mortali: ad attenderla c’erano le auto della scorta. Il populismo lo si combatte a parole, ma poi si razzola malissimo. All’italiana.
Alessandro Di Battista è uno dei più duri contestatori del governo. Almeno quando le luci rosse delle telecamere sono accese. Poi, quando l’obiettivo si spegne, con quel governo ci va a prendere spesso e volentieri l’aperitivo in buvette. Soprattutto con il sottosegretario ai Trasporti e alle Infrastrutture, Umberto del Basso De Caro (indagato e poi archiviato per peculato), potentissimo capataz del Pd sannita, nonché eminenza grigia della minoranza dem dialogante con il segretario. Di Battista sembra divertirsi tanto con il sottosegretario, ingollando noccioline e stuzzichini tra grasse risate e dialoghi fitti fitti, ben al riparo dalle orecchie indiscrete dei giornalisti che non aspettano se non captare qualche bella notizia per sputtanare gli irreprensibili 5 Stelle. Forse l’onestà tornerà di moda, ma per ora in politica resiste l’incoerenza.
Ora che Gianroberto Casaleggio non c’è più, qualcuno pensa di poter lanciare un’Opa sul Movimento 5 Stelle. Anche ostile, se dovesse servire a mettere le mani su quel know how di voti e consensi creato dal guru milanese e da Beppe Grillo. In molti, da mesi, tra i grillini continuavano a ripetere che “morto Gianroberto, il Movimento crolla perché Beppe non ha voglia di andare avanti da solo”. C’è però da capire chi tra Di Maio, Di Battista, Ruocco, Crimi o Lombardi avrà la forza di scalare il partito. I rumors dicono che a sorpresa potrebbe essere proprio Carla Ruocco a spuntarla, per una presunta liason con il nipote di Grillo, che pare essere in grande accordo con Davide Casaleggio, figlio ed erede di Gianroberto alla guida della Casaleggio & Associati. Staremo a vedere. Anzi, a riveder le stelle…
Nel Pd è tutto un fermento: “Ma Renzi come sta messo?” e “Sto ragazzo è combinato male, vero? Che si dice fuori dal Palazzo?”. A farsi queste domande è soprattutto la minoranza interna. Ormai hanno capito che scavallato il referendum sulle riforme costituzionali di ottobre, qualunque sarà il risultato si tornerà a votare nel 2017. Un anno è tanto, ma anche poco, se non sei un “eletto” del Giglio magico. Ovvero: se non sei amico di Boschi, Lotti, Bonifazi o Renzi stesso, devi trottare e trovarti le preferenze se vuoi restare in Parlamento a raccogliere il lauto stipendio. Perché i posti da capilista previsti dall’Italicum (in vigore dal prossimo 16 luglio) sono tutti occupati da amici, fedelissimi o sodali del premier. Basta contare: i collegi previsti dall’Italicum sono 100. Nel 2013, in quota Renzi, sbarcarono a Roma (alcuni come Boschi e Lotti senza nemmeno passare dallo show metapolitico delle “parlamentarie” bersaniane) 51 tra deputati e senatori. Nel frattempo è stato abolito il Senato elettivo, anche grazie a precisi accordi che prevedevano la ricandidatura blindata di alcuni esponenti della minoranza dialogante (vedi Finocchiaro, tanto per citare un nome a caso). Qualche amministratore locale vicino al toscano dalla prima ora e che ha finito i mandati a disposizione pure c’è, e batterà cassa. Ecco dunque che chi si è abituato alla cadrega di Montecitorio dovrà andare a raccattare consensi se rivuole il posto al sole. Come direbbe Totti, Renzi li ha purgati ancora…
di Cesare Mais