La Banca centrale europea ha lasciato invariati i tassi d’interesse: il tasso principale rimane così al minimo storico dello 0,00%, quello sui depositi bancari a -0,40% e quello di rifinanziamento marginale a 0,25%.
Mario Draghi non si arrende all’inflazione ed al rallentamento della crescita economica. Il numero uno della BCE, nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo che ha deciso di lasciare invariato il costo del denaro, ha ribadito che i tassi d’interesse resteranno così o più bassi ancora a lungo, sicuramente oltre il periodo dei nostri acquisti di asset, che dureranno fino a fine marzo 2017 o oltre, fino a quando non sarà raggiunto il target dell’inflazione.
La Banca Centrale europea, infatti, continuerà a monitorare attentamente l’evoluzione dei prezzi e se fosse necessario agirà utilizzando tutti gli strumenti disponibili secondo il suo mandato. I prezzi al consumo sono ancora troppo bassi e potrebbero anche tornare in negativo prima di rialzarsi. Secondo le stime l’inflazione tornerà a salire a partire dal 2017 e per tutto il 2018.
A giugno, partiranno nuove operazioni di rifinanziamento (TLTRO 2) anche sulle corporate, ha precisato poi l’economista, aggiungendo che le ultime politiche monetarie hanno evitato il pericolo di turbolenze di lungo periodo.
Secondo il governatore dell’Eurotower il PIL ha registrato una crescita grazie alla domanda domestica ma risulta ancora bloccato dalle esportazioni. Per questo e per altri motivi, i rischi restano al ribasso.
Draghi ha poi confermato che il consiglio direttivo si è ritrovato unanime nel difendere la propria indipendenza. “Le nostre politiche non sono molto diverse da quelle che vengono attuate nella maggior parte del mondo. Le nostre politiche funzionano, ma bisogna dare loro del tempo. Certo, con le riforme strutturali i loro effetti sarebbero più rapidi”.
“Un certo tipo di dibattito cortese e’ benvenuto perche’ ci da’ anche modo di spiegare le nostre politiche ma certamente certe critiche possono essere viste come un rischio alla nostra indipendenza e dunque provocare un comportamento a livello di sistema che si traduce in un ritardo nel varare investimenti e nell’assumere rischi”. E’ quanto ha detto Draghi rispondendo a una delle numerose critiche ricevuta da parte di esponenti tedeschi. “Ma noi siamo indipendenti – ha detto Draghi – e continueremo con le politiche che riteniamo appropriate. Semplicemente ci vorra’ piu’ tempo per produrre i risultati che vogliamo”. In sostanza, ha spiegato Draghi, i continui attacchi alla linea della Bce – che come ha ribadito a piu’ riprese e’ la stessa seguita dalle altre grandi banche centrali del mondo – “produce un ritardo nel vedere gli effetti delle misure poste in essere e questo a sua volta rende necessarie ulteriori misure”.
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Bce, Draghi ‘bacchetta’ la Germania ed esclude l’helicopter money
di Davide Marone, Senior Analyst Fxcm
“Come da attese tutto invariato sul fronte di manovre concrete da parte della Banca Centrale Europea e sarebbe stato francamente difficile aspettarsi un esito diverso alla luce del massiccio interventismo annunciato da Francoforte poco più di un mese fa. In quell’occasione, Draghi & Co avevano tagliato l’intero corridoio dei tassi, espanso il QE da 60 a 80 miliardi di euro su base mensile ed annunciato 4 LTRO alle banche. Pertanto alla vigilia erano le parole del governatore e la sua interpretazione degli accadimenti ad essere sotto la luce dei riflettori, più che eventuali ed improbabili annunci. E in tal senso qualche concetto forte il banchiere centrale lo ha certamente espresso su 3 punti chiave: il primo, rivendicando come di fatto l’unico attivo ed efficace policy maker dell’Eurozona sia stata la BCE, con chiari rimandi (in accezione di accuse) ai Governi. Il secondo, del medesimo taglio, in risposta ai recenti dissensi sollevatisi in Germania (in particolare dal Ministro dell’Economia Schaeuble) riaffermando che la BCE rispetta i trattati e che agisce nell’interesse di tutta l’area economica e non solo della Germania. Il terzo, escludendo categoricamente l’ipotesi ventilata da qualche settimana sul cosiddetto “helicopter money”.
Le reazioni dei mercati sono state miste: gli indici azionari sono stati piuttosto neutrali, il bund tedesco ha tentato leggeri recuperi dalle ultime discese (si tratta comunque di movimenti relegabili a dinamiche intraday), mentre l’eurodollaro ha evidenziato una buona volatilità. Le dinamiche che lo hanno riguardato non sono lontanamente paragonabili a quelle dello scorso 10 marzo (precedente meeting BCE), quando nello spazio di poche ore il cambio si era deprezzato di 150 punti per poi riapprezzarsi di oltre 400, ma sono comunque ad esse assimilabili, per logica più che per portata, nel momento in cui anche oggi gli acquisti lo hanno sostenuto inizialmente portandolo dalla soglia di 1,13 al livello di 1,14, dal quale si sono poi riattivate ampie vendite in grado di ricondurre il cambio sotto i livelli della mattinata (1,1280). Con una chiusura giornaliera a tale livello è verosimile attendersi nuove discese, con affidabili conferme tecniche che potrebbero giungere però solo sotto 1,1230”.
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Schroders: Banche Centrali, le munizioni si stanno esaurendo
A cura di: Keith Wade, Chief Economist & Strategist e Gareth Isaac, Fund Manager, Fixed Income, Schroders
In seguito all’introduzione dei tassi negativi da parte di diverse Banche Centrali, sembra che i queste siano ormai a corto di munizioni di politica monetaria.
“Le Banche Centrali si trovano in una posizione molto difficile. Devono comportarsi come se avessero ancora molti strumenti nella loro cassetta degli attrezzi. Ma se si legge tra le righe, stanno dicendo che sono molto vicine alla fine. C’è davvero poco altro che possono fare in termini di immissione di stimoli”, afferma Keith Wade, Chief Economist & Strategist di Schroders.
“Inoltre – prosegue Wade – i tassi negativi comportano diversi effetti indesiderati, soprattutto sul sistema bancario e sulla sua profittabilità. Anzi, potrebbero risultare controproducenti. Il prossimo focus deve essere fiscale, piuttosto che monetario.
“Ciò che vedo è che le Banche Centrali si stanno appellando ai Governi, chiedendo stimoli fiscali”, osserva poi Wade.
Gareth Isaac, Fund Manager, Fixed Income di Schroders, concorda: non esistono opzioni alternative reali. “Nel Regno Unito, il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne sta inasprendo la politica fiscale, il che è contro-intuitivo. E durante la crisi dell’Eurozona abbiamo assistito allo stesso fenomeno”, spiega Isaac.
“Di solito, quando si cade in recessione o in un periodo di bassa crescita economica, si ha un effetto duplice per cui da un lato si tagliano i tassi d’interesse e dall’altro i governi aumentano la spesa e riducono la pressione fiscale. Questo non è quello che sta succedendo ora ed è il motivo per cui si è trascinata questa lunga ripresa apatica”.
Che cosa rimane per stimolare l’economia globale? A detta di Isaac, le Banche Centrali non possono fare molto altro per stimolare l’economia, se non prendere misure estreme, come il cosiddetto “helicopter money” (stampare moneta da distribuire ai cittadini) o la monetizzazione del debito (dove un governo emette nuovo debito direttamente alla Banca Centrale, aumentando quindi la base monetaria).
Non è detto che arrivi nemmeno lo stimolo fiscale di cui c’è bisogno. Anzi. “Nella migliore delle ipotesi possiamo sperare che in Europa allentino un po’ i vincoli, permettendo ai cosiddetti ‘stabilizzatori automatici’ di funzionare (aumento della spesa per i benefit e calo delle entrate da tasse societarie e individuali), e che non ritorni lo stesso tipo di austerità del passato”, conclude Wade.
Davide
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