Il furto degli 81 milioni di dollari dai conti della Bank of Bangladesh presso la Federal Reserve, violando la rete Swift, è un caso isolato? I soldi che giacciono sui 250 depositi delle diverse banche centrali del mondo, sono al sicuro? A due domande c’è una sola risposta, e purtroppo per i cittadini è: sì!
Stiamo parlando di un bottino enorme: circa 3 mila miliardi di dollari di asset ($3 trilioni), che gli istituti centrali di moltissime nazioni del Globo hanno scelto di parcheggiare a New York perché ritenuto uno dei posti più sicuri al mondo e all’avanguardia nella lotta ai crimini informatici. Invece, dopo il caso Bangladesh tutto è cambiato e come rivela un funzionario della Fed dietro anonimato alla Cnbc, è suonato un “campanello d’allarme” per il sistema finanziario globale che a New York stanno prendendo “molto seriamente”.
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Il problema, afferma ancora la fonte, è che la Federal Reserve non ha nessuna possibilità di controllare le procedure di sicurezza informatica delle circa 250 banche centrali straniere che hanno conti nella Grande Mela. “Ogni utente del traffico di messaggistica finanziaria è responsabile per i propri sistemi”. Inoltre, c’è sempre il problema della privacy: non tutti accetterebbero, infatti, che ci fosse un soggetto terzo (la Fed in questo caso) a controllare con accessi illimitati i propri conti.
In pratica siamo di fronte a un caso eclatante di coperta corta. O, se volete, del mitologico cane che si morde la coda. Nel senso che una soluzione che accontenti tutti forse non esiste, dunque il dibattito è destinato a durare a lungo. Intanto la crepa è stata aperta, la violazione dei conti della Bank of Bangladesh non è il primo, non è l’unico. Nessuno, quindi, può sentirsi al riparo quando in ballo c’è un tesoro da 3 miliardi di dollari e in giro un’agguerrita e preparatissima schiera di hackers pronta a mettere le mani sui soldi dei cittadini del mondo.