Chi finanzia il terrorismo internazionale? Se ci fosse una risposta precisa a questa domanda, l’Occidente sarebbe vicinissima alla soluzione di una delle pagine più nere della storia moderna. Purtroppo, però, esistono solo pezzi di un puzzle molto più ampio. Per questo motivo gli interventi sono a singhiozzo e riguardano un settore alla volta, anche se il principio è sempre lo stesso: segui i soldi e arrivi alla verità.
La Commissione europea, dopo i terribili attacchi a Parigi e Bruxelles vuole correre ai ripari non solo rafforzando la presenza di militari nelle città più a rischio, o magari aprendo alla condivisione delle informazioni raccolte dalle varie intelligence, ma anche avviando un giro di vite sui pagamenti elettronici, primo metodo usato dai terroristi per finanziare l’acquisto di esplosivo e armi per compiere gli attacchi. In particolare l’obiettivo si è soffermato sui Bitcoin e le carte di credito prepagate, ovvero due sistemi di trasferimento fondi e pagamenti che nella maggior parte dei casi sono anonimi e senza possibilità di risalire alla filiera che li alimenta.
Le valute digitali, dunque, a breve potrebbero dover rispondere alle norme antiriciclaggio, consentendo alle autorità di “forzare” le piattaforme di cambio valuta virtuali per controllare se i clienti sono effettivamente chi dicono di essere.
Il sistema individuato su cui le autorità stanno ragionando è quello di una sorta di passaporto digitale, con tanto di fotografia identificativa e una prova tangibile della propria residenza. Ciò significa la fine di un certo tipo di privacy, tema sul quale la comunità internazionale si sta dividendo tra chi vede come prioritaria la lotta al terrorismo e chi, invece, teme che la vita dei cittadini si trasformi in un enorme “Truman show” dove nessuno potrà muovere un passo senza che venga tracciato. E in economia, invece, c’è chi vede con la fine dell’anonimato per i Bitcoin e le prepagate, anche il capolinea per queste forme di pagamento.