Una battutaccia sul nuovo sindaco di Londra, Sadiq Khan, di origini pachistane e religione musulmana: Beppe Grillo prima sottolinea come un fatto straordinario e positivo che “un bangladesciano” sia stato votato con tanto entusiasmo come primo cittadino della capitale britannica, lo indica come esempio delle impensabili sorprese che la vita può riservare a chiunque, dimostrazione che non si deve smettere mai di sognare e che la storia può avere svolte incredibili e spiazzanti. Poi però non resiste alla tentazione della satira dissacrante e conclude “voglio poi vedere quando si fa saltare in aria a Westminster…”. E’ solo una delle poche concessioni alla stretta cronaca che Grillo inserisce nel suo show.
“Noi ti diamo un programma e tu candidato se non lo rispetti sei fuori. Semplice. Nessuna decisione calata dall’alto”. Beppe Grillo scolpisce il comandamento scandendo le parole in tono pacato, quasi mormorando, e scatta l’applausone. Pizzarotti chi? E’ l’unico passaggio, un inciso parlando di Blockchain – comunicazioni web criptate da utente a utente senza mediazioni -, verosimilmente riferito all’attualità e al putiferio scopiato intorno all’espulsione del sindaco di Parma dal MoVimento 5 Stelle in due ore di travolgente monologo sabato sera sotto il tendone del Gran Teatro Geox sulla tangenziale padovana. Fuori saette e fulmini, non solo metaforiche, e dentro un Grillo fradicio solo del suo sudore e dell’affetto di una platea di 2.500 spettatori adoranti e paganti (da 29 a 57,50 euro).
Grillo non nomina nessun altro politico nel suo spettacolo (se non Crocetta, governatore siciliano perché “s’è fatto lo sbiancamento anale”), nemmeno Renzi che definisce en passant “quel malato, quel menomato morale che fa il presidente del Consiglio” (ovazione). Tantomeno cita indagati e dissidenti del M5S. Ma è un Grillo più politico e molto più veemente, rispetto ad altre precedenti tappe di questo tour in cui gioca sulla sua schizofrenia – o ambiguità – tra il comico e il leader politico (“Grillo vs Grillo”, non a caso il titolo), due anime in un corpo solo apparentemente in conflitto. Si racconta come una specie di Forrest Gump della politica che ora è un po’ stanchino, ma solo a parole: le ultime polemiche sembrano invece averlo ricaricato. Si autocelebra, ripercorrendo carriera artistica e parabola politica, con moderata autoironia iniziale e toni sempre più enfatici in crescendo: “Ce la faremo” urla congedandosi. I suoi comizi sono spettacoli gratuiti e i suoi spettacoli sono comizi a pagamento.
Grillo prende in giro il sindaco di Padova, il leghista Massimo Bitonci (sempre senza nominarlo), per le ordinanze anti-kebab che finiscono per arricchire “i kebabbari cui conviene fare ricorso più che vendere kebab”, la Regione “che s’è inventata una corsa ciclistica in Brasile per andare in vacanza coi vostri soldi”, il Mattino di Padova “che ha scritto che la popolazione padovana invecchia e servono più immigrati: la Lega ha subito preso il 3% e hanno bruciato 4 edicole”.
Dalla cronaca locale alle visioni universali: Grillo insiste su reddito universale e tassazione unica come nuova soluzione (“Se io ho già un reddito, lavoro solo perché mi piace e mi faccio pagare meno, così tu imprenditore paghi meno tasse sul lavoro e non delocalizzi in Romania”) persuasivo e seducente come solo lui sa essere, alla faccia di quei governanti che sono “malati di alessitimia: non riconoscono le emozioni degli altri e quindi non hanno sentimenti, non provano emozioni per nessuno e quindi fanno leggi che uccidono milioni di persone”. Boato in sala. Snocciola ricette di un’efficacia disarmante e di un buon senso inoppugnabile per cambiare il mondo, anche se per ora là fuori risulta complicato governare Livorno.
Fonte: Repubblica