La protesta contro la Loi Travail, la legge sul lavoro sul modello del Jobs Act italiano, continua e si annuncia una settimana decisiva nel braccio di ferro tra governo e sindacati più radicali.
Da questa sera i macchinisti delle Sncf, la compagnia delle ferrovie, entrano in “sciopero illimitato”, mentre da giovedì potrebbero essere bloccati bus e metrò a Parigi, con l’astensione del lavoro – anche questa “illimitata” – indetta dai dipendenti della Ratp, la municipalizzata del trasporto pubblico.
Anche nel trasporto aereo la situazione si complica: tutti i sindacati dell’aviazione civile hanno convocato uno sciopero da venerdì a domenica, decisione che dovrà essere confermata nel corso di un’ultima riunione. A livello nazionale proseguono anche i blocchi delle raffinerie, dove lo Stato è costretto a inviare le forze dell’ordine per riaprire i rifornimenti di benzina.
A pochi giorni dall’inaugurazione di Euro 2016 (il 10 giugno), il governo deve scongiurare una paralisi del paese. Il Segretario generale della Cgt, Philippe Martinez, ha annunciato domenica di aver ricevuto una telefonata dal premier Manuel Valls ma senza precisare cosa si sono detti. È comunque un primo segnale della volontà di trattare: Valls e Martinez non si parlavano da due mesi. La Cgt, prima confederazione nazional, guida da ormai quattro mesi la protesta contro la Loi Travail, insieme ad altre sigle radicali come Fo. La Cfdt, il sindacato moderato, ha invece negoziato e sottoscritto la riforma.
E’ ormai un movimento che ha pochi precedenti nella storia recente, se non la protesta contro il contratto di inserimento giovani, Cpe, presentato nel 2006, e quella contro la riforma delle pensioni, nel 1995, che aveva davvero bloccato la Francia. Ma in entrambi i casi c’era al potere la destra. Questa volta invece sono due sinistre che si combattono: quella dei sindacati e quella al governo.
Difficile ipotizzare un compromesso. François Hollande ha ribadito che la legge non sarà ritirata. “È un testo progressista utile al nostro Paese” ha detto in un’intervista al giornale Sud Ouest. Il malcontento dei sindacati radicali si concentra sull’articolo 2 della riforma, in cui si prevede una inversione della gerarchia delle norme e sancisce il “primato dell’accordo aziendale” su orario di lavoro e produttività rispetto al contratto di categoria.
Il governo non sembra voler cedere su questo controverso articolo 2. Negli ultimi giorni, l’esecutivo ha cambiato strategia, aprendo trattative con le singole categorie – dai ricercatori universitari ai lavoratori dello spettacolo – per venir incontro ad alcune rivendicazioni. È un modo per impedire la “convergenza delle lotte” ma anche per tentare di dividere i contestatori.
Fonte: La Repubblica