L’ultimo rapporto speciale sull’imprenditoria sociale redatto dal Global Entrepreneurship Monitor (GEM) mostra che gli imprenditori sociali stanno proliferando in tutte le principali regioni del mondo, con un picco negli Stati Uniti, in Australia, in Europa occidentale e in Africa.
In Italia, il 2,3% degli adulti di età compresa tra 18 e 64 anni è coinvolto in attività imprenditoriale sociale in fase iniziale o start up.
Il rapporto, pubblicato questa settimana, è il più ampio studio comparativo sull’imprenditorialità sociale nel mondo, basato su interviste a 167.793 adulti in 58 economie nel 2015, ed è co-redatto da Niels Bosma (Università di Utrecht), Thomas Schott (University of Southern Denmark), Siri Terjesen (American University e Norwegian School of Economics) e Penny Kew (GEM Sud Africa).
“L’imprenditoria sociale – che GEM definisce come qualsiasi tipo di attività, organizzazione o iniziativa con un obiettivo volto al sociale, l’ambientale o alla comunità – rappresenta una quota significativa dell’attività imprenditoriale di tutto il mondo; tuttavia, vi è una grande variazione di tasso nelle diverse economie“, spiega Mike Herrington, Direttore esecutivo di GEM e Professore all’University of Cape Town. “I problemi ambientali e sociali sono onnipresenti in tutte le economie e società. Per questa ragione, politici, imprenditori e membri della società sono sempre più alla ricerca di attività concentrate su obiettivi sociali e ambientali – e gli imprenditori stanno rispondendo “!
Secondo il rapporto, l’attività d’imprenditoria sociale allo stadio iniziale (misurata sulla percentuale di adulti di età compresa tra 18 e 64 anni che stanno cercando di avviare un business a scopo sociale) si situa in una media globale pari a 3,2%, con il valore più basso pari al 0,3% (Corea del Sud) e il valore più alto pari al 10,1% (Perù). L’Italia si colloca un pò al di sotto della media mondiale, con una percentuale del 2,3%.
I paesi con il più alto tasso di imprenditori sociali sono: gli Stati Uniti, l’Australia, e i paesi d’Africa Subsahariana. Il Sud Est asiatico si distingue invece per il suo più basso tasso d’imprenditoria sociale.
Di tutti gli imprenditori sociali del mondo, si stima che il 55% siano uomini e il 45% donne – un divario di genere meno pronunciato che nell’imprenditoria commerciale. “Una visione olistica dell’attività imprenditoriale può sfumare i divari di genere osservati nell’attività imprenditoriale globale, poichè molte donne mostrano un comportamento imprenditoriale anche se non nel ruolo di datore di lavoro o lavoratore autonomo. Queste donne tendono a perseguire comportamenti imprenditoriali in contesti sociali – ad esempio, diventando imprenditrice sociale o dando il proprio contributo imprenditoriale nel settore pubblico “, spiega Niels Bosma, co-autore del rapporto e Assistant Professor alla Utrecht University School of Economics.
Il Professor Bosma aggiunge inoltre che il rapporto rileva che i giovani di età compresa tra 18 e 34 anni hanno più probabilità di avviare organizzazioni a scopo sociale. “L’imprenditoria sociale è spesso associata a giovani responsabili e ispirati da alti ideali. Il più alto tasso di imprenditori sociali si trova nella fascia di età 18-34 in tutto il mondo, ad eccezione dell’America Latina e i Caraibi. Questi risultati indicano che, in generale, le giovani generazioni sono più motivate a contribuire al cambiamento positivo nel mondo e nella società attraverso l’imprenditorialità sociale“.
La maggior parte degli imprenditori sociali usa i propri fondi personali per avviare e gestire l’attività e più di un terzo delle iniziative imprenditoriali sociali di tutto il mondo si affidano a un finanziamento del governo. La famiglia e le banche sono inoltre importanti fonti di finanziamento per gli imprenditori sociali.
Siri Terjesen, Professoressa alla American University (Washington DC) e alla Norwegian School of Economics e co-autore del rapporto spiega che “Oltre a fornire delle risposte sull’attività imprenditoriale sociale, il rapporto solleva anche alcuni punti interessanti, che stimoleranno ulteriori ricerche per far luce sul motivo per cui, per esempio, i paesi in via di sviluppo sono migliori a convertire le start-up in processi operativi e attività post-imprenditoriali”.
La professoressa Terjesen aggiunge che rispondendo a queste domande si potrebbero aiutare anche i decisori politici che ancora faticano a capire che cosa implica l’imprenditorialità sociale e come stimolare l’attività d’imprenditoria sociale.
“I governi non sono in grado di risolvere tutti i problemi del mondo – né devono esserlo – e sono alla ricerca di soluzioni innovative provenienti dal settore privato. Gli imprenditori sociali giocheranno un ruolo fondamentale. Il mondo sarà un posto migliore se saremo in grado di determinare le modalità più adeguate per sostenere gli imprenditori sociali ed estendere le loro soluzioni”, conclude la Terjesen.
Il rapporto completo è disponibile online: http://gemconsortium.org/report/49542