Renzi vuole Fs sui binari della Borsa. Sembra un crudele scherzo del destino, ora che l’Italia piange le 23 vittime dello scontro frontale tra due treni in Puglia, ma nel governo il dossier Ferrovie riguarda solo la quotazione in borsa dell’azienda. Padoan non sa più come far capire ai nuovi vertici che i tempi devono essere dimezzati, ma la situazione in Fs non è così florida da potersi permettere un salto nel buio nei mercati azionari. Intanto Renzi pressa, chiede, pretende sia al ministro dell’Economia che al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio (che però resiste). Chissa perché il premier ha così tanta fretta di chiudere la partita… in fondo il momento non è favorevole e i rischi superano di gran lunga gli eventuali benefici. Cui prodest?
Il Cavaliere silenzioso. Sono giorni che Berlusconi non fa sentire la propria voce o emette un comunicato. Effetto della nuova rotta scelta per sé e per Forza Italia, dicono quelli che ancora sono ammessi ad Arcore. La salute c’entra poco, anche se il Cav dovrebbe riguardarsi un po’ di più dopo aver subito un’operazione al cuore da così poco tempo. Ma in gabbia – sebbene dorata – non sa starci l’ex premier, che sta preparando qualche colpo a effetto per settembre. Le offerte che arrivano indirettamente da Renzi (cambiare l’Italicum in cambio dell’appoggio al referendum sulle riforme costituzionali) stanno facendo vacillare Berlusconi. Non è escluso un ritorno di fiamma per il Nazareno, ma solo per la campagna elettorale. Sarebbe un avviso di sfratto molto forte anche per Matteo Salvini, al quale potrebbe togliere anche la guida della Regione Lombardia, sfiduciando il governatore leghista Maroni. Il rifiuto dell’inquilino del Pirellone a riaccettare in squadra l’indagato Mario Mantovani equivale a una dichiarazione di guerra: il colonnello di Silvio messo alla porta è un boccone troppo amaro da mandar giù, anche per uno col pelo sullo stomaco come il Cav. La partita è solo all’inizio.
Mini-rimpastino in vista nel governo. C’è più di una voce che circola nei Palazzi del potere romano: uno dei ministri sta per dimettersi. È ovvio che sia già partita la caccia per capire chi sarà. Gli indiziati al momento sono tre, il ministro per le Politiche agricole e forestali, Maurizio Martina, in procinto di assumere la carica di vice segretario unico del Pd, in nome della “pacificazione” interna (è esponente della minoranza dialogante con Renzi). Alle sue spalle si piazza il ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa, cattolico di Ncd-Area popolare, che potrebbe abbandonare l’Esecutivo nel caso passasse la legge sulla legalizzazione della cannabis terapeutica. E infine Maria Anna Madia, ufficialmente per ricoprire un incarico importante in Europa (difficile trovarle collocazione oggigiorno), ufficiosamente perché il premier, la maggioranza e l’opposizione non sono affatto soddisfatti del suo operato, visto che la riforma della Pubblica Amministrazione è ancora in altissimo mare, ma soprattutto è debole, non incisiva, praticamente inutile. Si accettano scommesse.