Dopo gli avvisi di garanzia a carico di 17 ex dirigenti e amministratori di Carife, scattano le perquisizioni nelle sedi di 4 Banche italiane che hanno partecipato all’aumento di capitale: Banca Popolare di Bari, Banca Popolare di Cividale, Banca Popolare Valsabbina (Brescia) e Cassa di Risparmio di Cesena. Contestualmente alle perquisizioni sono state notificate dalla Guardia di finanza altre 4 informazioni di garanzia ai 4 dirigenti di queste Banche, che portano a 21 gli avvisi, come informa la Gdf di Ferrara.
Le indagini della Procura di Ferrara legate all’aumento di capitale della Carife, realizzato nel 2011 per 150 milioni di euro, ha portato alle perquisizioni nella stessa sede della banca a Ferrara, in una società controllata e nelle altre 4 Banche. Le perquisizioni sono state eseguite da militari del Nucleo polizia tributaria di Ferrara con l’ausilio di unità specializzate in computer forensics and data analisys dei Nuclei polizia tributaria di Bari, Bologna, Brescia, Forlì e Udine.
Le indagini, tuttora in corso, sono state avviate nel febbraio 2015 dal Procuratore capo di Ferrara, Bruno Cherchi, e hanno visto l’acquisizione da parte delle Fiamme Gialle ferraresi di una imponente mole documentale dall’istituto di credito estense, con le ipotesi di reato di falso in prospetto, aggiotaggio, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza e la raccolta di numerosi testimonianze fra cui dirigenti e funzionari delle Autorità di vigilanza. La dichiarazione dello stato d’insolvenza di Carife da parte del Tribunale di Ferrara, in connessione alle indagini sull’aumento di capitale, ha portato gli inquirenti a rivalutare gli stessi fatti nell’ambito della legge fallimentare, per gli articoli 216 e 223, bancarotta fraudolenta patrimoniale. Qui gli episodi contestati riguardano la scoperta durante le indagini dell’esistenza, seppur mediata, di una reciproca sottoscrizione di azioni tra Carife da un lato e gli altri 4 istituti coinvolti, intervenuti nell’aumento di capitale Carife nella misura di oltre 22.800.000 euro, col risultato che la reciproca sottoscrizione ha annullato, per il medesimo importo, l’incremento di capitale.
La sottoscrizione reciproca di azioni (vietata secondo le norme dell’ex art. 2632 c.c.) si verifica quando una società sottoscrive o acquista azioni appartenenti ad altra azienda che è contemporaneamente socia della prima impresa. Nel caso in questione, a causa della sottoscrizione reciproca, la stessa somma, nella misura della reciprocità, ha concorso a formare il capitale sociale delle Banche intervenute, col risultato che al capitale così formato non corrisponde un patrimonio effettivo. Una condotta che oltre a rilevare ai fini del già contestato reato di aggiotaggio (di cui all’art.2637 c.c.) integra anche quello di formazione fittizia di capitale di cui all’art. 2632 c.c., richiamato dall’art. 223 della legge fallimentare, conducendo così all’incriminazione per bancarotta.
In conseguenza, sono stati indagati gli ex membri cda e collegio sindacale di Carife, di una società “veicolo” utilizzata da Carife nella reciproca sottoscrizione di capitale oltre ai vertici pro-tempore degli istituti di credito partecipanti e ad un dirigente di una società di revisione. Nel corso delle perquisizioni sono state notificati anche avvisi per illeciti amministrativi ex L. 231/2001.