Tasse, il peso del fisco sulle imprese italiane è al top nella Ue. Totale: 98 miliardi

Al netto dei contributi previdenziali, le imprese italiane pagano 98 miliardi di tasse all’anno. Tra i principali paesi Ue, denuncia l’Ufficio studi della Cgia, solo le aziende tedesche …

Al netto dei contributi previdenziali, le imprese italiane pagano 98 miliardi di tasse all’anno. Tra i principali paesi Ue, denuncia l’Ufficio studi della Cgia, solo le aziende tedesche e quelle francesi versano in termini assoluti piu’ delle nostre, rispettivamente 131 e 103,6 miliardi di euro, ma va ricordato che la Germania conta una popolazione di 80 milioni di abitanti, la Francia 66 e l’Italia 60.

Vedi su Cgia: http://www.cgiamestre.com/wp-content/uploads/2016/07/tasse-imprese-italia-ue-30-07-2016.pdf

Il peso della tassazione sulle imprese italiane e’ invece al top nell’Ue. Calcolando la percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale, l‘Italia si piazza al primo posto (14 per cento), sul secondo gradino del podio si posiziona l’Olanda (13,1 per cento) e sul terzo il Belgio (12,2 per cento). Tra i nostri principali competitor, la Germania registra l’11,8 per cento, la Spagna il 10,8 per cento, la Francia e il Regno Unito il 10,6 per cento. La media Ue, invece, e’ dell’11,4 per cento.

“Alle imprese italiane”, dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo, “viene richiesto lo sforzo fiscale piu’ pesante d’Europa. Sebbene la giustizia civile sia lenta e in molte aree del paese anche poco efficiente, l’eccesso di burocrazia abbia raggiunto livelli difficilmente riscontrabili altrove, la Pubblica amministrazione sia la peggiore pagatrice d’Europa e il deficit logistico-infrastrutturale sia pesantissimo, la fedelta’ fiscale delle nostre imprese e’ molto elevata. In altre parole, gli imprenditori italiani pagano molto di piu’ dei concorrenti europei, ma, per contro, continuano a ricevere servizi di basso livello qualitativo”.

L’Ufficio studi della Cgia osserva che “l’incidenza percentuale delle tasse pagate dalle imprese sul totale del gettito fiscale e’ un indicatore che aiuta a comprendere l’elevato livello di tassazione a cui sono sottoposte le aziende. Si tenga presente che le imposte italiane considerate in questa analisi su dati Eurostat sono: l’Irap, l’Ires, la quota dell’Irpef in capo ai lavoratori autonomi, le ritenute sui dividendi e sugli interessi e le imposte da capital gain. L’istituto di statistica europeo, pero’, non considera altre forme di prelievo per le quali non e’ possibile effettuare un confronto omogeneo con gli altri paesi presi in esame in questa comparazione. Ci riferiamo ai contributi previdenziali, all’Imu/Tasi, al tributo sulla pubblicita’, alle tasse sulle auto pagate dalle imprese, alle accise, ai diritti camerali, etc. Possiamo quindi affermare con buona approssimazione che in questa elaborazione l’ammontare complessivo del carico fiscale sulle imprese italiane e’ certamente sottostimato”.

“Con troppe tasse e pochi servizi”, segnala il segretario della Cgia, Renato Mason, “e’ difficile fare impresa, creare lavoro e redistribuire ricchezza. Soprattutto per le piccole e piccolissime imprese che per loro natura non possono contare su strutture amministrative interne in grado di gestire le incombenze burocratiche, normative e fiscali che quotidianamente sono costrette a fronteggiare”. La riprova che in Italia il peso dei tributi sulle imprese e’ elevato emerge anche dai dati messi a disposizione dalla Banca Mondiale (Doing Business). Pur ammettendo che “da un punto di vista metodologico questa comparazione presenta una serie di limiti”, l’Ufficio studi della Cgia sottolinea che in Italia il totale delle imposte pagate in percentuale sui profitti commerciali di un’impresa media e’ pari al 64,8 per cento. Nessun altro paese dell’Eurozona subisce un’incidenza cosi’ elevata. La Francia, che si posiziona al secondo posto, si attesta al 62,7 per cento e il Belgio, che presidia la terza posizione, e’ al 58,4 per cento. Rispetto alla media dell’area dell’euro (43,6 per cento) le imprese italiane scontano un differenziale di oltre 21 punti percentuali.

“Pur riconoscendo l’impegno profuso dal Governo Renzi”, conclude Paolo Zabeo, “le imprese italiane continuano ad avere un total tax rate che non ha eguali nel resto d’Europa. Pertanto, e’ necessario che l’esecutivo, in attesa delle riduzioni dell’Ires e dell’Irpef, attui da subito una moratoria fiscale che sterilizzi qualsiasi aumento di tassazione a livello nazionale e locale ed eviti, come purtroppo e’ successo negli ultimi 2 anni per i trasporti, la diminuzione delle deduzioni/detrazioni fiscali che si sono tradotte nell’ennesimo aumento di imposta per moltissimi imprenditori”. La situazione migliora, anche si di poco, se analizziamo la pressione fiscale generale in percentuale del Pil che grava su ogni paese. A eccezione della Francia e dei paesi del nord Europa, il confronto con i principali partener economici ci vede notevolmente penalizzati. Se il peso delle tasse e dei contributi previdenziali che ricadono sui contribuenti italiani si e’ attestato nel 2015 al 43,5 per cento del Pil, in Germania (39,6 per cento) e’ inferiore di quasi 4 punti, nei Paesi Bassi (37,8 per cento) di 5,7 punti, nel Regno Unito (34,8 per cento) di 8,7 punti e in Spagna (34,6 per cento) di quasi 9. (AGI)

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1 commento

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    E’ proprio di questi giorni la notizia diffusa dall’Agenzia delle Entrate sui versamenti “scandalosi” dei lavoratori autonomi i quali, a dire dell’Agenzia, versano troppo poco anche solo per i servizi percepiti dal servizio sanitario nazionale. Un conteggio estremamente confuso in cui l’agenzia si lamenta della poca Irpef versata dimenticando i contributi previdenziali versati a cui nessun lavoratore autonomo può sfuggire, nemmeno quelli rientranti nel regime dei minimi e ora variato nel regime dei forfettari. In realtà molti dei lavoratori autonomi a cui fa riferimento l’Agenzia sono giovani neolaureati disoccupati che non avrebbero mai potuto aprirsi una partita Iva se non con un regime agevolato come quello dei minimi, regime che adottando una tassazione fofettaria del 5% chiaramente da poco gettito, ma consente comunque la sopravvivenza a giovani che altrimenti non saprebbero cosa fare e come campare. Si vorrebbe dunque una nuova caccia alle streghe verso i lavoratori autonomi dopo che comunque sono stati setacciati e accertati in quasi tutti i settori professionali. Francamente non so cosa cerchino, non so cosa si aspettino di trovare. I 5S propongono il reddito di cittadinanza, enorme minchiata di stampo populista, e ci lamentiamo dei giovani lavoratori autonomi che lavorando riescono a campare, anche se con un regime fiscale agevolato, comunque fiscalmente migliore di un reddito di cittadinanza percepito senza nulla dare e senza nulla fare. Le imprese in genere versano senza nulla ricevere in cambio se non una burocrazia asfisiante, un sistema bancario avaro e un sistema giudiziario inefficiente. Lo Stato si lamenta del gettito fiscale dopo che ha fatto di tutto per annientare il nostro sistema industriale ed economico in genere. Pretendono di avere un aumento delle entrate con l’economia in recessione da quasi 20 anni e senza aver mai ridotto veramente le spese dello Stato, una palese dimostrazione di demenza totale, di ignoranza ai massimi livelli e di cialtroneria insuperata.