L’economia degli Stati Uniti ha generato ad agosto oltre 151.000 posti di lavoro, dimostrando abbastanza forza ma non sufficiente per aumentare le probabilità di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve nella prossima riunione di settembre. Il consensus degli economisti prevedeva 180.000 nuovi posti di lavoro non agricoli per il mese di agosto, con una stima per il tasso di disoccupazione in calo di un decimo di punto al 4,8%, secondo le stime di Thomson Reuters. Il tasso di disoccupazione effettivo e’ stato del 4,9%. La partecipazione della forza lavoro e’ al 62,8%. Il settore privato ha generato 126.000 nuovi posti. Cresce dello 0,1% il salario orario medio a fronte di una crescita dello 0,3% su base mensile in luglio.
Il rapporto divulgato oggi dal Dipartimento del Lavoro Usa fa seguito ai 275.000 posti di luglio (rivisti oggi al rialzo +20.000 rispetto ai 255.000 della prima stima, livello comunque molto forte), e arriva dopo due mesi di un mercato occupazionale caratterizzato da robuste assunzioni nei settori pubblico e privato, il che ha rimosso le preoccupazioni su un mercato del lavoro particolarmente debole in maggio.
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La stessa Fed ha messo i riflettori sul numero di oggi, alcuni governatori hanno specificamente detto la settimana scorsa che a settembre è possibile un rialzo dei tassi, a seconda dei dati macroeconomici in arrivo. Il rapporto sulla creazione di posti di lavoro lavoro è il più importante tra quelli che forniscono l’input dei dati per la banca centrale Usa. Il numero di oggi invece chiarisce che il rialzo dei tassi sara’ rinviato.
Anche così, infatti, molti osservatori Fed rimangono convinti che il secondo rialzo dei tassi Usa in 10 anni è più probabile si verifichi nel mese di dicembre, dopo le elezioni presidenziali e dopo aver esaminato una serie più completa di dati.
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Disoccupazione Usa, l’impatto su valute e listini
Davide Marone, Senior Analyst, FXCM Italia
Deludenti i dati provenienti dal Department of Labour Statistics negli Stati Uniti: i nuovi posti di lavoro creati nel mese di agosto sono stati 151mila rispetto ad attese di 180mila, mentre il tasso di disoccupazione si è allineato a quello precedente al +4,9% (ma il consensus stimava un +4,8%). Anche dati quali il salario orario medio mensile e la media di ore settimanali hanno visto una flessione.
Complessivamente risulta perciò una rilevazione di taglio prettamente negativo, che ha determinato forti vendite di dollaro americano sul quale già aveva impattato la pubblicazione di ieri dell’ISM Manifatturiero in forte calo sotto la soglia dei 50. Il biglietto verde ha pertanto reagito in automatico, scontando il quadro economico negativo che rappresenta.
Ciò avrà ripercussioni anche sulle possibili manovre Fed che, nell’ambito del rinnovato approccio data dependent, riterrà tale rilevazione come un ulteriore passo indietro rispetto al proposito di aumentare i tassi di interesse entro l’anno. Proprio questa logica ha dominato l’azione dei listini che, di contro, sono stati subito investiti da forti acquisti dal momento che i dati appena descritti giocano a loro favore: in estrema sintesi, i dati negativi allontanano l’ipotesi rialzo dei Fed Funds e sono funzionali agli alti valori delle azioni che beneficiano dall’azzeramento dei tassi.
Per valutare le prospettive dei prossimi giorni sarà determinante valutare la chiusura settimanale dei benchmark di mercato. La soglia di 1.12 è per l’eurodollaro in tal senso molto significativa, così come quella di 104 su UsdJpy. Eventuali salite sopra 2.185 punti per l’S&P500 alimenterebbero un verosimile ritorno verso i massimi.