Nell’Unione Europea per la prima volta parte un tentativo politico di ribellione alla Ue diretta dalla Germania, i germi di rivolta anti-Berlino e anti-austerity sono stati piantati ufficialmente ad Atene. Durissima la reazione dei tedeschi: il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, Manfred Weber, si lascia sfuggire l’aggettivo “irresponsabili” riferito a Renzi e Hollande. Sprezzante Wolfgang Schauble, ministro delle finanze tedesco: “Dai vertici dei socialisti non esce mai niente di intelligente”.
La Carta di Atene, il documento firmato oggi dai sei capi di governo riuniti nella capitale ellenica, ha sortito l’effetto di provocare uno scontro tra Nord e Sud dell’Europa, categorie che sembrano, oggi sempre di più, disegnare lo schieramento rigorista – ormai privo di David Cameron e della Gran Bretagna – e quello che lavora per una linea di maggiore flessibilità, crescita e investimenti. In questo secondo gruppo si pone l’Italia che, con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e’ stata nel nucleo fondativo del ‘club med’: Grecia, Italia, Francia, Portogallo, Malta e Cipro.
E’ proprio l’ingresso di Francoise Hollande rappresenta il segnale che adesso c’e’ la possibilità di incidere veramente perche’ l’Europa cambi la propria linea di politica economica. I sei al tavolo di Atene, e Alexis Tsipras in primis, lo sanno bene e l’abbraccio caloroso che il presidente francese gli riserva sembra volerlo suggellare. Una spia che dice molto di quali siano ora le forze in campo viene anche dal fronte opposto: il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, si lascia sfuggire l’aggettivo “irresponsabili” riferito a Renzi e Hollande: “Si lasciano manipolare da Tsipras”, e’ la tesi di Weber.
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La risposta più decisa da parte italiana arriva da Gianni Pittella, presidente del Pse al parlamento europeo. L’attacco di Weber, per Pittella, “sarebbe divertente se non fosse patetico”. Ma gli attacchi ai partecipanti al vertice di Atene non si fermano e prendono vigore con Wolfgang Schauble, ministro delle finanze tedesco che ironizza: “Dai vertici dei socialisti non esce mai niente di intelligente”. E’ la prova che il pressing dell’Italia e dei Paesi Eu-Med sulla Germania e sull’Europa in generale sta funzionando e che il summit di Ventotene potrebbe essere ricordato, in un futuro, come quello della svolta.
Certo, seppure l’idea era quella di arrivare a Bratislava per il consiglio UE con una linea comune, Renzi e gli altri leader si rendono perfettamente conto che non si tratterà di un appuntamento decisivo, ma solo di un passaggio interlocutorio. Molta più attenzione, da parte italiana e non solo, viene dedicata all’appuntamento nella capitale italiana, quando a marzo verranno celebrati i sessanta anni dei trattati di Roma.
Sarà in quella occasione che Matteo Renzi potrà verificare se l’Europa, come ha ripetuto anche oggi, saprà “tirare fuori la parte migliore di se’. Ovvero cultura ed educazione, perche’ in questa fase l’Europa non può essere solo tecnicismi e austerità, deve essere l’Europa del sociale, degli ideali, della bellezza”. E a questo proposito, il premier ha chiuso oggi il suo intervento con una immagine che molto deve al cultura classica: “Dobbiamo restituire valore alla costruzione ideale e culturale europea a partire dall’eroe greco che, mi piace pensare, sia l’uomo europeo di domani quello che unisce ‘kalos kai agathos’, il bello e il buono, dove bello non e’ estetica ma etica”.
Il documento di Atene, servono più investimenti
Nel breve termine, i sei di presenteranno con la piattaforma concordata ad Atene al prossimo vertice europeo di Bratislava. Li’ chiederanno al resto dell’Europa di cambiare paradigma, soprattutto sui temi dei migranti e della crescita: “Servono politiche di crescita, ampliando il piano Juncker e con politiche per i giovani”, ha spiegato Hollande, “un grande piano di sviluppo, come lo abbiamo abbozzato a Malta, alla Valletta.
Ecco perché era importante, dopo il Brexit, allorquando populisti e nazionalisti puntano sulla disgregazione dell’Europa, che i Paesi del Mediterraneo lavorassero per la sua unità”, ha incalzato. “La cosa più’ importante oggi è la nostra presenza qui e il fatto che questo vertice sia avvenuto”, ha commentato da parte sua il premier greco, “l’accordo approvato prova la nostra convinzione di rafforzare la cooperazione in Europa e continuare il dialogo, che deve portare l’Europa ad una nuova visione per l’Europa”.
“Dobbiamo adottare misure per la crescita e l’occupazione e contribuire al rafforzamento della sicurezza europea, con iniziative per il rafforzamento della pace e della sicurezza nella nostra regione, con la solidarietà’ nella distribuzione, ospitati’, accoglienza degli immigrati”, ha aggiunto Tsipras. “Noi in quanto membri amici dell’Europa, filo europei, dobbiamo esprimere la nostra posizione per il superamento delle sfide che stiamo affrontando, lottando contro le potenze della xenofobia e del terrorismo”. (AGI)
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C’è un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Così è scritto nell’Ecclesiaste (3,1-9). Quale sia oggi il tempo dell’Europa è racchiuso nell’angoscia di un’Unione che si ritrova più incerta di prima sul futuro.
Gli effetti della Brexit più che manifestarsi apertamente, serpeggiano; mine inesplose sul cammino della costruzione europea. Sospetti reciproci, paure contrapposte, scatti rabbiosi. Come quelli visti ieri da parte di esponenti tedeschi nei confronti dei leader dei Paesi mediterranei, riuniti dal greco Alexis Tsipras ad Atene in vista dell’Eurogruppo a Bratislava. Sei ore per guardarsi in faccia e concordare una linea comune, considerato che i problemi del Sud non sono quelli del Nord, e soprattutto pare non vengano neppure compresi nella loro effettiva portata, oltre il Danubio. Salvo poi, com’è accaduto con il fenomeno migratorio, sconvolgere assodate certezze teutoniche. La Merkel sconfitta alle recenti elezioni nel suo Land ne sa qualcosa.
Così ieri, di fronte al vertice ateniese cui hanno deciso di partecipare il presidente francese Hollande e il nostro premier Renzi, Berlino è andata su tutte le furie. «Quando i leader socialisti si incontrano, il più delle volte, non esce nulla di intelligente», ha detto sprezzante il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. «Il fatto che il presidente Hollande e il premier Renzi stiano consentendo a Tsipras di manipolarli non è un segno di responsabilità», ha tuonato invece Manfred Weber, capogruppo Ppe all’Europarlamento, sicuro che il leader greco stia usando «di nuovo i suoi soliti inganni», mentre dovrebbe solo «iniziare ad attuare le riforme promesse». Considerazioni severe in realtà smentite già dal presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, e dallo stesso Schaeuble: non c’è alcun allarme per i conti greci, hanno dichiarato entrambi, fidando che nel mese di settembre Tsipras si metta in regola attuando le ulteriori privatizzazioni previste.
Quel che preoccupa è però il tono, che lascia sottintendere l’innalzarsi di un muro di sordità e oltracotanza che rischia di peggiorare un clima già difficile, tendendo a difendere solo una situazione di primazia e vantaggio economico. Segnali di questo nervosismo si sono manifestati anche a Bratislava, quando il commissario all’Economia, Pierre Moscovici, è sbottato davanti alla domanda di un cronista sulle pressioni che un ministro avrebbe fatto sulla Commissione per spingerla a essere clemente con Spagna e Portogallo. «Ne ho abbastanza! Basta attacchi alla Commissione, non c’è stata nessuna pressione, la Commissione è un organo politico, non politicizzato».
Incuranti delle rassicurazioni dei leader mediterranei, i sospetti tedeschi colpiscono così anche la Carta di Atene, documento di intenti che ancora una volta reclama l’uscita dalle politiche di ottusa austerità e dalla logica dei cavilli burocratici che «vanno a discapito della solidarietà». «Servono politiche di crescita», ha ribadito Hollande. Renzi insisteva su una Ue che «non può essere solo regole, tecnicismi, finanza e austerity». Ambiti sui quali si gioca la partita delle direttive per le imminenti manovre economiche. Senza tralasciare, come ricordava ieri il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che proprio «l’incertezza sul processo di integrazione europea è fra i fattori che trattiene gli investimenti e impedisce una ripresa più forte nell’Eurozona».