«Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Angelino Alfano promossi. Squadra che perde non si cambia. #votosubito»: è caustico Luigi Di Maio, Cinque Stelle, nel commentare la nuova squadra di governo. Gli fa eco Alessandro Di Battista in diretta Tv: ««Se fossi cinico, guarderei questi ignobili personaggi con i popcorn in mano. Più promuovono la Boschi e Alfano, più aumentano i voti ai Cinquestelle».
Anche Matteo Salvini (Lega) attacca: «Non ho parole. Alfano, dopo aver riempito l’Italia di immigrati, è promosso a Ministro degli Esteri: ve li vedete lui e Gentiloni a trattare con Trump e Putin? E poi confermati Boschi e Madia, Padoan e Pinotti, Martina e Lorenzin. Non è un governo, è un’ammucchiata di poltronari».
E la responsabile comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini, twitta: ««Ma è il gioco della sedia o il nuovo governo? #GovernoFotocopia». Gli azzurri preannunciano un’opposizione senza sconti, ma avendo come priorità una nuova legge elettorale prova a riunire al tavolo Lega e Fdi. «Domani ci incontreremo per discutere di legge elettorale nel nostro campo» e valutare «una piattaforma comune» che abbia come obiettivo «un equilibrio tra rappresentanza e governabilità» dice Paolo Romani, capogruppo FI al Senato.
Giorgia Meloni annuncia pure lei la mobilitazione: il 22 gennaio per dire No al Governo Gentiloni «identico a quello precedente. In pratica – commenta – uno sputo in faccia agli italiani».
Anche Beppe Grillo sale sull’Aventino: i parlamentari M5s non annunceranno le paventate dimissioni di massa ma diserteranno le votazioni per la fiducia e già guardano al 24 gennaio, giorno in cui dovrebbe pronunciarsi la Consulta sull’Italicum, come data spot per convocare la piazza.
D’Alema: «Si rileggano la storia»
Ma le insidie maggiori sembrano provenire al nuovo governo dalle’opposizione interna. «Se la risposta all’esito del referendum, e al voto contrario dei giovani, è quella di spostare Alfano agli esteri per far posto a Minniti, allora abbiamo già perso 4 o 5 punti percentuali, e alle prossime elezioni sarà un’ondata»: è durissimo Massimo D’Alema. L’ex premier rincara poi la dose, puntualizzando: «Dicono di aver preso il 40% dei voti, come mai nessuno prima, allora devono rileggersi la storia: nel referendum sulla scala mobile il Pci prese il 45% circa e poi alle elezioni ebbe il 27%. Fare il calcolo oggi è semplice».
Bersani: «Ci dovranno convincere»
Anche Bersani, leader della minoranza Pd, annuncia: « La stabilità la garantiamo – dice l’ex segretario- perché siamo responsabili. Ma sui provvedimenti ci devono convincere». E aggiunge «Vorrei che il governo si mettesse dalla parte della gente che ha dei problemi».
Gotor: «Governo fotocopia»
«Un governo fotocopia senza l’originale- incalza Miguel Gotor, senatore della minoranza Pd- Mi sembra il modo peggiore per affrontare le prossime elezioni politiche e rispondere alla domanda di cambiamento sollevata dall’esito del referendum che continua a essere rimosso. In ogni caso, buon lavoro a Paolo Gentiloni».
Fratelli d’Italia: «Stile prima Repubblica»
Parla di «rimpasto in perfetto stile prima repubblica» il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Fabio Rampelli:«Di fatto Gentiloni si dimostra un vero e proprio puntello posto per evitare che il castello renziano crolli di schianto. I principali capisaldi dell’azione di governo del PD sono stati infatti bocciati», critica Rampelli.
Parisi: «Premiati quelli del Sì»
E pure Stefano Parisi, che sta provando a creare un’area di consenso politico al centro, scrive su Facebook: «Questo è un Governo che gli Italiani non meritano. Tutti i protagonisti della campagna per il Sì sono stati incredibilmente premiati. La politica è sempre più lontana dalle persone, e nonostante la sberla ricevuta il 4 dicembre ha pensato solo a perpetuare se stessa».
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Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e i ministri hanno giurato nelle mani del Capo dello Stato Sergio Mattarella pronunciando la formula di rito nel salone delle feste. L’esecutivo è ora nella pienezza dei poteri. Si tratta del quarto premier italiano che arriva a Palazzo Chigi senza passare per il risultato voto delle elezioni politiche, dopo Monti, Letta, Renzi.
Gentiloni terrà domani martedi’ le dichiarazioni programmatiche del governo nell’Aula della Camera alle 11. La conferenza dei capigruppo è convocata per le 9:30.
Cinque giorni dopo le dimissioni di Matteo Renzi, nasce così il governo Gentiloni (VIDEO). Gentiloni ha sciolto la riserva in un colloquio di un’ora con il capo dello Stato Sergio Mattarella e ha presentato la lista dei ministri. Sono 18, di cui 5 senza portafoglio. Maria Elena Boschi sarà sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
In mattinata la presentazione in Parlamento, prima alla Camera e poi al Senato, per la fiducia che sarà votata entro mercoledì per consentire al neopremier di rappresentare l’Italia al Consiglio europeo di giovedì a Bruxelles. Dodici le conferme rispetto al governo Renzi. La principale novità è il passaggio di Angelino Alfano dal Viminale alla Farnesina, mentre il nuovo ministro dell’Interno è Marco Minniti. Solo tre i volti del tutto nuovi rispetto alla compagine di Renzi. Oltre a Minniti, diventa ministro Anna Finocchiaro, già presidente dei senatori del Pd, ai Rapporti con il Parlamento, per seguire il confronto difficile sulla riforma elettorale; mentre a Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato del Pd, va la responsabilità dell’Istruzione al posto di Stefania Giannini che lascia il governo.
Con quello di Alfano dall’Interno agli Esteri, sono poi tre i cambi di casella all’interno dell’esecutivo: a Claudio de Vincenti, finora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, va il nuovo ministero per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno; Luca Lotti passa da sottosegretario alla presidenza con delega all’Editoria a ministro dello Sport. Sono 12 su 18 i ministri confermati nello stesso incarico: Padoan all’Economia, Orlando alla Giustizia, Pinotti alla Difesa, Calenda allo Sviluppo Economico, Delrio alle Infrastrutture, Poletti al Lavoro, Lorenzin alla Salute, Franceschini ai Beni culturali, Martina alle Politiche Agricole, Galletti all’Ambiente, Madia alla Pa, Costa alle Regioni.
‘Ho fatto del mio meglio per formare il nuovo governo nel più breve tempo possibile, per aderire all’invito del presidente della Repubblica e nell’interesse della stabilità delle istituzioni alla quale guardano gli italiani – ha detto Gentiloni al Quirinale – Come si vede dalla sua struttura, il governo proseguirà nell’azione di innovazione svolta dal governo Renzi e nel contempo si adopererà per facilitare il lavoro delle diverse forze parlamentari volto a individuare nuove regole per la legge elettorale’.
Mentre il nuovo presidente del Consiglio presenta la lista dei ministri a Mattarella, sulla sua strada scoppia la prima grana. Viene da Denis Verdini che, a nome di Ala e Scelta Civica (18 senatori che potrebbero essere decisivi a Palazzo Madama), minaccia di non votare la fiducia senza una adeguata ‘rappresentanza’. Ovvero senza la responsabilità di un ministero che, nella lista del nuovo governo, non c’è. ‘Non voteremo la fiducia a un governo fotocopia che sarebbe stato più comprensibile se fosse stato un Renzi-Bis. Il nuovo esecutivo deve assicurare il giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità, senza rinunciare, in nome di pasticciate maggioranze, a quest’ultimo principio’, scrivono in una nota Verdini e Enrico Zanetti. Parole che non hanno cambiato le intenzioni del nuovo premier.
‘Il governo a Palazzo Madama non avrà alcun problema di numeri’ malgrado la defezione di Ala e Sc, e la maggioranza sarà comunque ‘solida, ampia e autonoma, come abbiamo dimostrato tante volte’, prevede Paolo Naccarato, senatore di lungo corso ora nel gruppo Autonomie e Libertà. ‘Buon lavoro a Paolo Gentiloni e al governo. Viva l’Italia’, ha scritto in un tweet Matteo Renzi pochi minuti prima che Gentiloni annunciasse di aver sciolto la riserva.
Dure le prime reazioni dell’opposizione. ‘Non consentiremo al fantasma Gentiloni di demoralizzarci, il nostro momento sta arrivando. Hanno paura del voto. Hanno fabbricato l’ennesimo governo in provetta, pensando di poter fermare la rivoluzione gentile che compiono i cittadini italiani ogni volta che sono chiamati a votare. Ma non ci riusciranno. Si stanno scavando la fossa con le loro stesse mani’, scrive su Facebook il vicepresidente della Camera del M5s, Luigi Di Maio. ‘Pensano di poter tirare a campare fino alla pensione parlamentare (settembre 2017) e intanto faranno le nomine nelle grandi aziende di Stato. Sono degli illusi. Più lasceranno Gentiloni a Palazzo Chigi, più il loro consenso crollerà e saranno costretti a mollare’.
M5S E LEGA, che non hanno partecipato alle consultazioni, vanno ALL’ATTACCO: Matteo Salvini ha fatto sapere che la Lega resta sull’Aventino e non parteciperà ai voti di fiducia. Mentre Beppe Grillo annuncia che entro il 24 gennaio (data dell’udienza della Consulta sull’Italicum) i cinque stelle scenderanno in piazza. (Ansa)
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