Dei mille giorni di Renzi non è rimasto nulla. Senza andar troppo per il sottile, Michele Emiliano apre così, almeno idealmente, il Congresso nel Partito Democratico. Nel giorno in cui il segretario del Pd si è riaffacciato nella vita politica annunciando una nuova segreteria e un nuovo blog (“Il futuro, prima o poi, torna”), la Corte Costituzionale ha cassato buona parte della legge elettorale che, insieme alla riforma costituzionale già bocciata con il referendum del 4 dicembre, era uno dei due capisaldi del riformismo renziano.
Per il governatore della Puglia, candidato alla guida del Partito Democratico in un congresso che al momento non ha ancora una data, è una debacle dell’esperienza del governo del rottamatore Renzi.
È il giorno della rivincita, si capisce, per la minoranza del Pd. Enrico Letta, ex premier, rivendica su twitter di aver fatto bene a non aver votato l’Italicum, “ultimo doloroso atto prima di dimettermi dalla Camera”. Alla stessa maniera, Roberto Speranza, che si dimise da capogruppo alla Camera, cita De Gregori: “La storia dà torto e dà ragione…”.
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Ma è Emiliano ad usare le parole più forti: “Con la distruzione dell’Italicum da parte della Corte Costituzionale possiamo dire che dei 1000 giorni di governo del Pd non è rimasto nulla. Un gran peccato aver sprecato tante energie e creato tanti conflitti dentro il Paese e dentro il Pd ed il Centrosinistra per non ottenere nessun risultato. Abbiamo avuto tre anni per migliorare il Paese e abbiamo fatto un disastro nel vano tentativo di costruire un ventennio di governo coincidente con una sola persona”.
Quella di Emiliano è un’ammissione di colpa per conto terzi. Mai citato, Renzi è il destinatario del lungo post su Facebook del presidente della Regione Puglia: “Deve smettere di anteporre la legittima questione del suo personale futuro politico alla questione ben più importante del futuro del Paese”.
Il Pd ha fatto sapere di essere pronto ad andare al voto in tempi brevi: “Niente meline, o subito si torna al Mattarellum oppure si va ad elezioni”, ha fatto sapere il vicesegretario Lorenzo Guerini. Si parla già di giugno. Le leggi elettorali che si delineano dopo la sentenza della Consulta danno un quadro funzionante dal punto di vista tecnico, ma non armonico. Tradotto: è difficile immaginare quali squilibri politici si possono creare, al momento, se si andasse al voto in queste condizioni.
Su questo renziani e minoranza sono d’accordo: “Bisogna varare una legge elettorale omogenea tra Camera e Senato, possibilmente maggioritaria sul modello del Mattarellum che consenta l’indicazione di una leadership e di una coalizione di governo”, sostiene Emiliano. Che poi si scaglia nuovamente contro “l’uomo solo al comando la guida delle cose importanti della nostra vita. Ci abbiamo già provato e non ha funzionato. Cominciamo subito”, conclude. Ma è solo l’inizio.