Il segretario di Stato Usa Rex Tillerson si è recato oggi in visita Turchia per discutere di relazioni bilaterali, ora che l’alleato Nato è sempre più vicino alla Russia, e della crisi siriana.
Su quest’ultimo tema Tillerson ha detto di credere “che il destino nel lungo periodo di al-Assad sarà deciso dal popolo siriano”, posizione in antitesi a quella dell’amministrazione Obama, la quale ne pretendeva le dimissioni e la fuoriuscita dal circuito politico.
Fra gli Usa e la Turchia permangono forti differenze in merito all’impegno dei curdi contro l’Isis: Washington intende appoggiarli fino alla conquista di Raqqa, cosa che lascerebbe pensare ad un possibile riconoscimento di una regione autonoma siriana sul modello di quella del Kurdistan irq, mentre per la Turchia i miliziani dell’Ypg non sono altro che la versione siriana del Pkk, per cui “terroristi”.
“Non c’è spazio” di intesa sulla questione, ha rilevato Tillerson, riferendo anche di aver avuto con la controparte Mevlut Cavusoglu “un colloquio franco”.
D’altro canto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha ricevuto Tillerson, ha chiesto agli Usa di operare contro l’Isis servendosi di “attori legittimi”, escludendo quindi i curdi che in realtà sono stati il primo e il più efficace contrasto all’espansione dello Stato Islamico.
Erdogan ha anche chiesto nuovamente l’estradizione del ricco Imam Fetullah Gulen, autoesiliatosi in Pennsylvania dal 1999 e considerato dal governo di Ankara l’ispiratore del tentativo di golpe del 15 luglio.