La società a marzo dello scorso anno è finita anche nel mirino della procura di Milano, guidata da Francesco Greco. Proprio ieri sera il gruppo ha comunicato i dati trimestrali: nei primi tre mesi dell’anno gli utili si sono attestati a quota 724 milioni di dollari, in rialzo del 41%.
Dopo Apple e Google, la Guardia di Finanza ha accertato una presunta evasione fiscale a carico del colosso dell’e-commerce Usa, Amazon. Nel quinquennio fino al 2014, su un giro di affari da 2,5 miliardi di euro, Amazon, che come sede legale fino al 2015 aveva l’Irlanda, è accusata di aver evaso tasse in Italia per circa 130 milioni. La somma risulta inferiore rispetto a quanto contestato alle altre due società – Google ed Apple – semplicemente perché i margini di guadagno sulle vendite, sono inferiori.
La società a marzo dello scorso anno è finita anche nel mirino della procura di Milano, guidata da Francesco Greco. Proprio ieri sera il gruppo ha comunicato i dati trimestrali: nei primi tre mesi dell’anno gli utili si sono attestati a quota 724 milioni di dollari, in rialzo del 41% dai 513 milioni di dollari dello stesso periodo del 2016. Dopo aver chiuso la decima seduta record del 2017, ieri Amazon ha raggiunto un nuovo massimo nel dopo mercato a Wall Street successivamente alla pubblicazione dei dati superiori alle attese degli analisti.
Il caso di Amazon e il Fisco non è tuttavia il primo in Italia. A Google, a fine gennaio 2016, era stato consegnato il “verbale di accertamento” con la contestazione di un’evasione da 300 milioni di euro e successivamente il pubblico ministero milanese Isidoro Palma aveva iscritto nel registro degli indagati per “omessa dichiarazione dei redditi” (articolo 5 del Testo delle imposte sui redditi), tre manager della Google Ireland Limited per cinque annualità, tra il 2008 e il 2013.
Apple invece ha adopttato una strategia collaborativa e ha versato 318 milioni di euro al fisco italiano per definire la partita. L’accusa parlava anche in questo caso di “omessa dichiarazione dei redditi” dal 2008 fino al 2013. Circa 880 i milioni di euro in tutto, di Ires (l’imposta sui redditi delle società) evasa. La cifra versata da Apple è stata pari a quanto richiesto nei verbali di accertamento. La società ha quindi accettato tutti i rilievi delle ispezioni che ha visto impegnati l’Anti-frode, l’Ufficio grandi contribuenti e il ruling delle Entrate. E la formalizzazione dell’accordo ha creato un precedente importante, visto che proprio Apple ha aperto altre pendenze in Paesi Ue.