«Renzi sta provando a farmi fuori. Ha capito che il sottoscritto può ancora vincere le elezioni e per questo vuole arrivare a una legge elettorale fatta a tavolino contro Forza Italia». Uno dei privilegi dello stare lontani dai posti di governo è la possibilità, a una certa ora della sera, di staccare la spina e rinviare tutto all’indomani. Ma nella tarda serata di martedì, quando a Roma il Pd manda al macero il testo base sulla riforma elettorale, ad Arcore scatta l’allarme rosso.
«Vogliono colpire me e Forza Italia», scandisce rabbioso Silvio Berlusconi. Ha capito che, all’orizzonte, s’avanza una legge elettorale che ha come base il Mattarellum, un testo che toglie dal menù quel sistema proporzionale tanto amato dai forzisti che non vogliono fare la lista unica col Carroccio. E fa partire una nota alle agenzie di stampa, inoltrata con solerzia da tutti gli spin doctor azzurri ai giornalisti anche via WhatsApp, in cui l’ex premier si definisce «stupito dalla forzatura del Pd» e in cui, soprattutto, chiede una legge condivisa.
Non è la prima volta che il Partito democratico tenta una fuga in avanti sulla legge elettorale. Ma è la prima volta, però, che ad Arcore considerano la mossa renziana alla stregua di un codice rosso. Perché? Semplice, perché i sensori che Berlusconi ha puntato sul quartier generale della Lega indicano che, per la prima volta, una convergenza tra Renzi e Salvini è davvero possibile. E non sbagliano.
La prova si materializza all’ora di pranzo di ieri, quando il Mattarellum rivisitato — dopo un giro di telefonate tra gli sherpa del Carroccio — arriva a ottenere il disco verde di Salvini in persona. Il «Mattarellen», così lo ribattezza il leader della Lega dandogli un’intonazione tedesca, «ci va benissimo». E se Forza Italia non lo sostiene, è il sottotesto, «allora è la prova che puntano alle larghe intese e non a un centrodestra unito».
Lo scontro rischia di arrivare ai massimi livelli. Certo, tra i forzisti c’è anche chi privilegia una legge elettorale maggioritaria che porti dritto a un matrimonio con la Lega, e tra questi Giovanni Toti e Paolo Romani. Ma Berlusconi no. Del maggioritario, rivisto o meno, non vuol sentire parlare. «Renzi ha visto che la Le Pen è perdente in Francia e si sta cercando un Le Pen italiano da battere facile», è il ritornello più gettonato ad Arcore. Toni e modi che fissano il cantiere del centrodestra a un millimetro dalla rottura.
Ma è davvero così? Ai piani alti del Partito democratico, per esempio, più d’uno è convinto che Forza Italia e Lega alla fine correranno insieme. Secondo alcuni, e tra questi ci sarebbe anche Renzi, Berlusconi e Salvini sarebbero a un passo dal siglare un accordo definitivo. Per questo — è la speranza recondita dei berlusconiani ortodossi — la proposta del «Mattarellum 2.0» potrebbe essere un bluff per verificare la disponibilità della Lega a votarlo o meno. «Dite che ci stiamo», è la regola d’ingaggio di Salvini. Mentre ad Arcore, almeno all’apparenza, c’è un Berlusconi sul piede di guerra. Al punto da rimettere in circolo l’antico tormentone che ha scandito i suoi primi vent’anni in politica: «Vogliono farmi fuori…».
Fonte: Corriere della Sera