Borse al bivio, Fed e Bce staccano la spina. E aiutano gli short

BofA: "Ci sono due modi per ridurre le diseguaglianze: arricchire i poveri, oppure impoverire i ricchi". Allacciare le cinture di sicurezza.

“Ci sono due modi per ridurre le diseguaglianze: arricchire i poveri, oppure impoverire i ricchi. La Federal Reserve e la Banca centrale europea seguiranno la seconda strada: impoveriranno gli investitori di Wall Street».

Con una certa dose di sarcasmo, gli strategist di Bank of America Michael Hartnett e Jared Woodard hanno cercato di dare una risposta alla domanda che sui mercati finanziari si pongono tutti: cosa accadrà quando la Bce inizierà a ridurre le iniezioni di liquidità e la Fed a far dimagrire il suo bilancio? Cosa succederà insomma quando le banche centrali, che per ormai quasi un decennio hanno dato benzina ai mercati, ritireranno la marea di liquidità? I due strategist ritengono che a pagare dazio saranno quei mercati finanziari che dal «quantitative easing» hanno più guadagnato, senza che il mondo reale ne tragga però grande beneficio. La forbice della diseguaglianza si chiuderà, a loro dire, ma al ribasso.

E non sono gli unici a pensarla così. Per anni i mercati finanziari sono stati pilotati al rialzo dalle iniezioni di liquidità delle banche centrali: come si vede nei grafici a fianco, l’andamento di Borse e dei bond è sempre stato correlato proprio con l’aumento o la diminuzione delle iniezioni di liquidità. È vero che la Fed ha rialzato più volte i tassi d’interesse negli ultimi anni senza che Wall Street ne risentisse, ma è anche vero che la Fed stringeva i cordoni della politica monetaria mentre le altre banche centrali stampavano moneta in grandi quantità. Basta guardare gli ultimi mesi per capirlo: ad aprile le banche centrali mondiali hanno nel complesso stampato 350 miliardi di dollari, a maggio 300, a giugno oltre 100. La politica monetaria a livello globale è dunque sempre stata espansiva. Ma in futuro la musica potrebbe cambiare. Con gradualità, certo. Ma il cambio è nell’aria. Sono infatti almeno sei banche centrali che in questi ultimi tempi hanno cambiato la retorica diventando ben più restrittive. Pur in assenza di un contesto inflattivo. Dall’espansione monetaria globale, insomma, si passa alla restrizione globale. Sarà lenta, lentissima. Le banche centrali cercheranno di essere più “dolci” possibile. Ma questa sarà comunque una rivoluzione copernicana per i mercati.

Dalle minute della Fed (che già sta alzando i tassi da tempo) emerge per esempio una divisione, all’interno della banca centrale, sull’opportunità di iniziare vendere gradualmente i titoli acquistati. Ma il dibattito è in corso e presto o tardi la banca centrale Usa inizierà a vendere i titoli di Stato acquistati negli anni del «quantitative easing». Cioè a ritirare liquidità. Dalle minute della Bce emerge un messaggio altrettanto restrittivo: la Bce sta preparando il cosiddetto «tapering», cioè la riduzione degli stimoli monetari del «quantitative easing». Analoga la posizione della Bank of England. Mentre la Riksbank, banca centrale svedese, pochi giorni fa ha rimosso dal comunicato l’accenno a possibili nuovi tagli dei tassi. «Il messaggio dei banchieri centrali è chiaro – scrivono gli economisti di Morgan Stanley -. Si aspettano un futuro migliore, e se sarà effettivamente migliore loro rimuoveranno gli stimoli».

Per quanto riguarda la Bce, il mercato pensa che gli acquisti di bond tramite il «quantitative easing»(dunque le iniezioni di liquidità) si ridurranno dagli attuali 60 miliardi mensili a 40 miliardi entro la prima metà del 2018, per poi azzerarsi o arrivare a 20 miliardi nella fase finale dell’anno. Secondo i futures, la Bce potrebbe addirittura rialzare i tassi d’interesse alla fine del 2018. Questo nelle ultime settimane ha causato forti scossoni sui mercati, soprattutto su quelli obbligazionari. Per cui è lecito chiedersi: cosa accadrà in futuro se la restrizione monetaria arriverà davvero?

Per cercare di immaginarlo è utile guardare quali settori hanno guadagnato o perso di più in questi anni di stimoli monetari. Le Borse sono state le grandi vincitrici: dal marzo 2009 i rialzi medi annui sono stati pari al 19% in Usa, al 13,5% in Europa, al 12,4% in Gran Bretagna e al 12,3% nei Paesi emergenti. Tra i settori, i vincitori sono stati il Biotech (+19,9% annuo) e il tecnologico (18,9%). Ora che la stampella monetaria si ridurrà, potrebbero dunque essere loro i perdenti. Già il settore tecnologico vacilla. «Le Borse sono tirate – osserva Francesco Castelli di Banor Capital -. Oggi si pagano multipli elevati, soprattutto a Wall Street, mentre gli utili aziendali hanno raggiunto il picco del ciclo e il picco nella redditività perchè le società sono più efficienti. Il mercato crede nella crescita economica e spera che il recupero dei margini vada avanti, ma io faccio fatica a crederlo. Sono convinto che il vento stia cambiando». Anche gli economisti di Gmo prevedono performance negative nei prossimi anni per le Borse, eccezion fatta per quelle emergenti. Gli analisti di Capital Economics non sono però altrettanto preoccupati. «Siamo convinti che l’aumento dei tassi di mercato non peserà troppo sui mercati azionari – osservano -. Il motivo principale è legato al favorevole contesto di crescita economica». Il dibattito è aperto.

Sul fronte obbligazionario le opinioni sono un po’ più uniformi: i rendimenti saliranno. Cioè, i prezzi dei bond scenderanno. «Siamo convinti che le vendite sui bond continueranno nella seconda parte dell’anno», scrivono gli analisti di Capital Economics. Andrea Delitala e Marco Piersimoni di Pictet Am pensano che l’effetto delle politiche delle banche centrali, comunque queste si comportino in futuro, sarà da «fortemente negativo» a «negativo» per i bond. Solo in un caso, quello dell’errore nella politica monetaria, l’effetto sui bond potrebbe essere «neutrale». Del resto i bond sono stati altri grandi vincitori nell’era del «quantitative easing»: soprattutto quelli aziendali «spazzatura» (che hanno registrato guadagni annui medi dal 2009 del 19% per i rating «CCC» e del 13,7% per gli high yield di Europa e Usa), ma anche i titoli di Stato. Se i tassi dovessero salire (anche se bisogna vedere come si muoverà l’inflazione), è verosimile che i rendimenti di mercato possano lievitare.

A vincere potrebbero invece essere alcuni Paesi piccoli, a partire da quelli europei come Svizzera, Danimarca e Repubblica Ceca. Se la Bce si facesse più restrittiva e l’euro si rafforzasse (come sta accadendo), le loro valute potrebbero indebolirsi un po’ sull’euro evitando alle banche centrali costosi interventi. Ma in generale, considerando che l’abbondante liquidità di questi ultimi anni ha favorito un po’ tutti i mercati, è possibile che i tempi si possano fare duri un po’ ovunque. Le banche centrali lo sanno: per questo staranno bene attente a gestire con cautela la loro «exit strategy». La Fed fino ad oggi ce l’ha fatta. La Bce gode di grande credibilità sui mercati. Dunque non è detto che l’uscita dagli stimoli debba per forza essere traumatica. La partita è da giocare.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Tag

Partecipa alla discussione