di Rossella Minotti – E’ cinese la donna più anziana della Terra, ben 117 anni. Il mondo invecchia, e non sempre bene. L’aspettativa di vita mondiale è attualmente a 71 anni (89 in Italia), e potrebbe aumentare, tanto da spingere i geriatri a parlare di seconda età adulta. Ma non tutti gli anziani sono autosufficienti, anzi.
In Italia gli over 65 sono oltre 13 milioni, e si stima che nel 2050 saranno 21 milioni. Il 77,2 per cento di questi ha almeno una malattia cronica e solo il 36,6 per cento gode di buona salute.
Ecco allora l’importanza delle Rsa, le Residenze Sanitarie Assistenziali che accolgono gli anziani reduci da problemi fisici gravi o afflitti da patologie inguaribili. Persone che le famiglie non possono accudire, o addirittura sole. E attualmente lo squilibrio tra necessità e strutture sul territorio è grande. Solo il 2,1 per cento degli anziani risiede infatti nelle Rsa, che in Italia sono circa tremila con una capacità di accoglienza di 384.450 posti letto e un grosso squilibrio a favore del Nord che vede una concentrazione dell’80 per cento. In realtà di posti ne servirebbero 500mila.
Ma soprattutto non esiste un unico punto di accesso a questi importanti servizi sanitari, così come non esistono meccanismi di controllo a parte un indice di attività che va a valutare i servizi offerti. Pochissime le strutture che offrono assistenza domiciliare.
Oggi il passaggio dell’anziano in Rsa avviene soprattutto dopo un ricovero, ma la scelta della struttura spetta alla famiglia. È la Asl locale a farsi carico di esaminare la situazione e stabilire modalità e tempi, e anche i costi a carico del paziente che variano per fascia di reddito.
Secondo i dati del Ministero della Salute, almeno il 45% dei responsabili di Rsa dichiara l’esistenza di liste di attesa. Il dato risulta più elevato nelle regioni del Nord Italia (46,3%) e in quelle del Sud (48,3%) mentre più confortante è il dato rilevato nelle Residenze collocate al Centro Italia (39,4%).
Ma soprattutto come scegliere? Tanti, troppi i casi di maltrattamenti o incuria nelle strutture che leggiamo quotidianamente nelle cronache. Come mettersi al riparo? Procede a rilento il sistema di accreditamento con le Regioni. Molte Rsa, le più accorte, si dotano di una autocertificazione di qualità. E le altre?
Secondo l’Auser nazionale (Associazione per l’invecchiamento attivo) il sistema di accreditamento e autorizzazione introdotto per le Rsa nel 2000 a tutt’oggi non ha pienamente concluso il percorso amministrativo regionale, con conseguente scarsa operatività delle regole.
Enzo Costa, presidente nazionale Auser, tra i primi a fare studi approfonditi nel settore, continua a lanciare allarmi finora perlopiu’ inascoltati: “I posti letto nelle Rsa sono troppo pochi, e le politiche domiciliari praticamente non esistono. Per non parlare dei tanti anziani che vivono in case senza ascensore. Ma il vero scandalo è la totale assenza di certificazione di qualità sulle Rsa. Per scegliere un albergo ci si può informare in base alle stelle. Per le residenze che trattano individui fragili non c’è nulla. Il Ministero della Salute sta lavorando tramite l’agenzia Italia Longeva a un’analisi del settore partendo almeno da una autocertificazione”.
“Ora come ora il criterio di scelta è affidato solo a quanto ci si può permettere di pagare. Siamo all’anno zero, e di questi problemi si parla solo quando ci sono ispezioni NAS in cui viene fuori il peggio di questo Paese, un problema che se non affrontato in tempo, ci sommergerà. Già l’Italia è l’unica ad avere il fenomeno abnorme delle badanti, e anche in questo caso non c’è certificazione, non abbiamo costituito albi generalizzati. Nonostante tutto, gruppi internazionali decidono di investire dove il tasso di anzianità è alto, come in Italia”.
Disagio, fragilità che diventa occasione di business. La fotografia che emerge oggi delinea un sistema “incerto”, tanto che basta la mappatura dei principali elenchi telefonici e commerciali delle case di riposo (ad esempio le Pagine Gialle) per far emergere buona parte del sommerso: cioè fino a 700 residenze che vivono nell’oscurità, senza contatti con gli enti pubblici, con la comunicazione all’esterno ridotta al lumicino e con pochissimi controlli a carico. Una pagina da riscrivere prima che diventi troppo oscura.
nerio
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Oggi chi non è autosufficiente ma ha i mezzi economici ha la badante o è ospite di una struttura dove paga per due badanti pur avendo una stanza doppia e l’infermiere in comune con molte altre stanze doppie con individui a volte anche problematici.
Peggio di così potrebbe essere nel 2050 i giovani e maturi oggi che lavorano ma non avranno le pensioni di oggi saranno accuditi dai giovani disoccupati di famiglia, quelli che non se ne sono andati all’estero. Andando avanti così (con ce lo chiede la UE sempre più tasse x debito in costante crescita)i giovani di domani in fasce oggi saranno disoccupati sottooccupati senza futuro e quindi disponibili tenere in casa, magari alla fame un aziano con pensione anche da fame, sempre meglio di nulla, magari questi è anche intestatario della casa.
Unico vero problema la velocità che questi autoctoni dovranno avere per togliersi definitivamente dalle scatole, cosicchè abitazioni e posti di lavoro siano disponibile per tutti i finti profughi che continueranno imperterriti ad arrivare.