“Ancora oggi sono convinto che Silvio senta la responsabilita’ di non vanificare l’enorme lavoro fatto in politica in questi anni e che quindi non mollera’ mai”. Lo assicura il fratello del Cav, Paolo Berlusconi, in una intervista a Qn, che attacca il leader del Pd: ”Innanzitutto ha il grande merito di avere sgravato mio fratello Silvio dell’onere di essere ogni giorno bersaglio della satira (anche la piu’ becera) dei vari comici nostrani… Per il resto, penso che Renzi sia il miglior spot pubblicitario per la diffusione della lingua italiana. Parole, molte parole. Promesse, molte promesse. Ben pronunciate, con toni convincenti ma spesso disattese”. “Credo che ormai Renzi, e i sondaggi lo confermano -dice- abbia finito di ammaliare gli italiani. A sua difesa va pero’ ammesso che la situazione generale e’ davvero tremenda”. Marina Berlusconi è pronta a scendere in campo? “Le voglio troppo bene per augurarglielo”, replica Paolo che aggiunge: “Anche se per Forza Italia potrebbe rappresentare la soluzione migliore, credo che il contributo al Paese della nostra famiglia sia gia’ stato ampiamente dato e non sia giusto richiederle ulteriori sacrifici”. “La vita politica del nostro Paese -sottolinea Paolo Berlusconi- è stata puntualmente condizionata, negli ultimi venti anni, da piccoli e meschini interessi di bottega. Anche ora in Fi prevalgono, a parer mio, interessi di persone più legate alla loro sedia, e relativo stipendio, che a ideali. Il ricambio generazionale può quindi ridare spinta e ‘purezza’ di intenti al partito, con un ritorno allo spirito genuino del ’94. La Lega di Salvini può certamente rappresentare un ruolo importante in quella coalizione di centrodestra, ma proprio per le sue caratteristiche barricadere, non credo che ne possa assumere la leadership”. (AdnKronos)
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Il giovane premier si impossessa della politica trasformando il Parlamento in un bivacco di manipoli, e l’uomo piu’ ricco d’Italia dov’è? In prima linea per salvare la Repubblica? No, se ne sta ad Arcore, impegnatissimo a liquidare il suo impero. Mette in competizione thailandesi e cinesi per piazzare al migliore offerente «la squadra più titolata al mondo». Prova a scatenare la stessa gara tra Bolloré e Murdoch sulle sue tivù, con le voci di vendite che si inseguono sui media, alimentate con sapienza da mezze smentite. La testa di Berlusconi è tutta concentrata sul fiume di soldi in arrivo, un oceano di liquidità con cui fare tante altre cose, magari nell’editoria. Per certi aspetti non c’è da stupirsi; perfino un critico come Cicchitto lo ammette: «Se ci guadagnassi qualche miliardo, pure io me ne starei fisso a Milano come lui».
Al cancello di Villa San Martino si presenta mister Bee, dunque chisseneimporta della riunione forzista convocata per mettere il timbro sulle candidature regionali. L’ha presieduta senza problemi Mariarosaria Rossi, vero numero due del partito, che subito dopo è andata in aula a Palazzo Madama accolta come una star dai senatori berlusconiani.
C’è da offrire garanzie al governo cinese ancora titubante, per cui Silvio affronterà un lungo viaggio in Cina destinato a cadere proprio nei giorni della campagna elettorale. E pazienza se in Puglia dovranno fare a meno dei suoi comizi (tra l’altro i sondaggi non vanno per niente bene, gli esperti della comunicazione sono unanimi nel suggerire a Silvio che metterci la faccia sarebbe inutile, meglio tenersi alla larga alla sconfitta).
Aria di smobilitazione Qualcuno scommette che dopo le Regionali Berlusconi si disamorerà del tutto della politica. E una volta ceduta la squadra del cuore, venduta o smembrata l’azienda di famiglia, inevitabilmente sarà il turno di Forza Italia. Con una chiusura che verrà spacciata per rilancio, nel progetto di trasformare un partito agonico addirittura nel Grand Old Party d’America, quello repubblicano: impresa grandiosa per la quale una vita intera forse non basterebbe e l’ottantenne Berlusconi invece dirà che si può, l’importante è fare piazza pulita e ricominciare daccapo…
A questo sogno francamente nessuno crede, nemmeno nel «cerchio magico». Dove semmai va forte un’altra teoria, meno ambiziosa ma più coi piedi per terra, che paradossalmente ricorda quella dell’economista francese Latouche amato da Grillo: la decrescita felice.
Nella testa di Berlusconi (ecco la tesi accreditata da chi gli sta vicino) da tempo matura l’idea che i trionfi elettorali del trascorso ventennio siano acqua passata, fenomeni irripetibili. E in attesa di fondare il partito repubblicano degli Usa sia giocoforza abbassare le pretese, in una parola accontentarsi. Del 15 per cento, del 10, anche dell’8 o del 7. A patto che questo nano politico (perché di nano si tratterebbe) sia finalmente come Silvio lo vuole. A sua immagine e somiglianza. Composto solo da chi gli vuole bene e lo seguirebbe dovunque.
Da giovanotti magari inesperti di politica, però palpitanti di passione. Che non costringano il Capo a mediare giorno e notte le loro liti. Che non chiedano poltrone in cambio della lealtà. Osvaldo Napoli, buon conoscitore degli umori di Arcore, profetizza: dopo le Regionali Berlusconi «darà spazio, come è giusto, a chi gli garantisce riconoscenza e fedeltà».
Una cinquantina di seggi alla Camera saranno forse ininfluenti, Renzi governerà indisturbato; ma basteranno ad accontentare tutti i fedelissimi in nome del «meno siamo e meglio stiamo». Soprattutto, Berlusconi desidera un movimento anche minuscolo, però che non gli costi nulla. Nemmeno un euro. Perché troppi il Cav ne ha spesi, in passato, di milioni per ripianare i debiti di Forza Italia e dei movimenti collaterali. Ora è il momento di rientrare.
di Ugo Magri
questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da La Stampa
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500 milioni per il Milan,
Mr Bee ha presentato la sua offerta
Circa 500 milioni di euro per il 51% del Milan. Bee Taechaubol ha presentato l’offerta della sua cordata a Silvio Berlusconi e sua figlia Barbara ad Arcore. Quattro ore di incontro, finito proprio mentre si concludeva a San Siro l’ennesimo flop della squadra, sconfitta 3-1 dal Genoa e contestata. La possibilità di sostituire Inzaghi con Brocchi renderà ancora più delicata la notte di riflessione del presidente rossonero. Più complessa è però la decidere di continuare o meno la trattativa con il broker thailandese, il cui entourage fa filtrare che sono stati fatti passi avanti significativi. La scelta di Berlusconi potrebbe arrivare nelle prossime 24 ore in un comunicato. L’altro gruppo interessato al Milan, composto da imprenditori cinesi e guidato da Richard Lee, aspetterà ma non più di un paio di giorni, perché è deciso a entrare nel mondo del calcio e ha già soluzioni alternative. Rispetto alla cordata guidata da Taechaubol, sostenuto da China Citic Bank International e da Ads-Securities Llc, società di servizi finanziari di Abu Dhabi, l’altra è pronta a investire direttamente circa 600 milioni per il 60%. In entrambi i casi si parla della possibilità di quotare il club su una Borsa asiatica.
Bee Taechaubol era arrivato ad Arcore, a casa di Silvio Berlusconi (dove è presente anche Barbara, vicepresidente e ad del Milan), per discutere dell’acquisto di una quota della società rossonera. Taechaubol è arrivato a Villa San Martino, l’abitazione dell’ex premier mercoledì nel tardo pomeriggio. «Non so se è la riunione decisiva ma certamente molto importante», aveva spiegato in mattinata una fonte vicina a Berlusconi che ha chiesto di non essere citata. Invece il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, ha confermato che l’offerta asiatica «è vera. La Cina, la Thailandia: sono il futuro».
Fininvest ufficialmente ha sempre smentito la volontà di cedere la quota di controllo del Milan ma, su indicazione di Berlusconi, ha dato mandato alle banche per la valutazione di potenziali soggetti interessati. A suo tempo una fonte vicina alla situazione, aveva spiegato che i vertici di Fininvest non sarebbero contrari a cedere la maggioranza, vista la situazione finanziaria del club, il cui rosso viene annualmente ripianato dalla controllante. Ma la decisione finale spetta all’ex premier. Martedì l’assemblea degli azionisti del club rossonero ha approvato il bilancio 2014, archiviato con un deficit record di 91,3 milioni di euro, integralmente ripianato dalla holding della famiglia Berlusconi. Alla fine dell’anno scorso il debito si attestava a 246 milioni di euro.
QUELLA CENA SEGRETA A CASA DI SILVIO
C’era un convitato di pietra a Villa San Martino che aleggiava sopra le teste dei due tycoon ritrovati, i sorridenti Rupert Murdoch e Silvio Berlusconi: si chiama Netflix. La società americana di produzione e distribuzione via internet di tv a pagamento, co-fondata nel 1997 da Reed Hastings, dichiara già oggi 62 milioni di abbonati nel mondo e sta aggredendo il mercato europeo.
Nei prossimi tre anni vuole arrivare a 150 milioni di clienti ed è facile prevedere che i primi a farne le spese saranno proprio le pay tv esistenti, satellitari o sul digitale terrestre, di Murdoch e Berlusconi. I due sanno bene che negli Stati Uniti Netflix ha distrutto i business model delle pay tv, con prezzi nettamente più bassi e la possibilità di veicolare le serie in streaming su internet con costi di distribuzione bassissimi.
È uno scenario inquietante ed è da questa consapevolezza che nasce l’incontro di Arcore, facilitato dai buoni uffici di Tarak Ben Ammar, l’imprenditore franco tunisino presente all’incontro, grande amico sia di Murdoch che di Berlusconi e da poco entrato anche nel cda di Vivendi su indicazione del maggiore azionista Vincent Bollorè.
Murdoch è arrivato a Villa San Martino insieme al primogenito Lachlan, cioè colui che dovrà raccogliere le redini del colosso News Corp quando il padre (oggi 84 enne) non ci sarà più. A Villa San Martino, dopo due anni di assenza, ha trovato Berlusconi insieme al figlio Pier Silvio, già buon amico di Lachlan, ma senza i fratelli e senza il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri.
Si è discusso della possibilità di far confluire Mediaset Premium, la pay tv del Biscione in perdita ma con due milioni di abbonati, sotto l’ombrello del colosso europeo Sky che ha recentemente inglobato le attività di Gran Bretagna, Germania e Italia all’interno di un unico contenitore con sede a Londra. Il ragionamento di Murdoch è molto semplice: l’unico modo per contrastare l’avanzata di Netflix in Europa è quello di consolidare le posizioni in anticipo. Un gruppo Sky più grosso, diciamo da 30 milioni di abbonati (con Premium ne aggiungerebbe 2 ai 20 milioni già in casa) potrebbe avere le risorse per comprare più contenuti e produrre più serie televisive in modo da contrastare il nemico sul nascere.
Perché una cosa è certa: la battaglia è sui contenuti, non sulle piattaforme di distribuzione. Murdoch lo sa da almeno due anni e non a caso con la sua News Corp voleva comprare Time Warner, proprio per competere ad ampio raggio sul terreno dei contenuti. L’affondo non è riuscito ma nel frattempo con il riassetto di Sky ha portato parecchie risorse in capo alla Fox che verranno impiegate per produrre contenuti da veicolare sulle piattaforme “pay” del gruppo.
A Bruxelles la Commissione Ue è consapevole di questi sviluppi e ora rende più facili le aggregazioni tra operatori dello stesso settore. Telefonica in Spagna con l’acquisto di Digital Plus è diventato l’unico operatore pay tv del paese e la stessa Sky ha avuto disco verde in breve tempo alla sua concentrazione. Dunque un acquisto di Mediaset Premium da parte di Sky con il Biscione che resta con una quota di minoranza è un’operazione che s’ha da fare e che a questo punto entrerà nel vivo con le discussioni tra Lachlan e Pier Silvio.
D’altronde il tempo stringe, Netflix ha già un protocollo d’intenti firmato con Telecom Italia che sta cercando di espandere il più possibile la sua rete in banda larga e dunque l’ingresso ufficiale del colosso americano in terra italiana è questione di mesi. E sullo sfondo, con un portafoglio gonfio di cassa, si aggira la francese Vivendi, che sta studiando come muoversi al meglio in Europa ed entro giugno diventerà il socio di riferimento nella stessa Telecom Italia. Uno scenario in grande movimento che il pranzo di Arcore potrebbe aver accelerato ancora di più.
di Giovanni Pons
questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da La Repubblica
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