Piazza Affari rimbalza con il resto d’Europa, dopo il pesante calo registrato ieri, in un mercato quasi festivo nell’ultima seduta del 2018, anno che si chiude in calo di -16,3%.
La peggiore delle grandi borse in Europa per l’anno è Francoforte (con il Dax a -18,3%) mentre Atene lascia sul campo oltre il 25%, ponendosi come vero e proprio fanalino di coda del Vecchio Continente.
La capitalizzazione complessiva delle società quotate a Piazza Affari si attesta a fine anno a 543 miliardi di euro, pari al 33,5% del Pil, secondo la Review mercati 2018 di Borsa Italiana, su dati aggiornati al 21 dicembre. Rispetto all’anno scorso il dimagrimento è evidente: a fine 2017 Milano valeva 644 miliardi, pari al 37,8% del Prodotto interno lordo, l’indicatore della ricchezza del Paese.
Molto male, il mercato azionario in Germania, dove le azioni hanno perso $500 miliardi di capitalizzazione di mercato quest’anno. Tutti i titoli tedeschi ora valgono solo $ 1,9 trilioni, meno della capitalizzazione dei primi 3 titoli del mondo, Microsoft ($776 miliardi), Apple ($741 miliardi) e Google ($724 miliardi), messi insieme.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, l’azionario americano e’ arrivato alla sua penultima seduta del 2018, primo anno in calo dal 2008 che si chiude con il peggiore dicembre dal 1931. A livello settoriale, il finanziario ha perso -15% ma tra le banche Goldman Sachs ha perso piu’ di tutti (-35%) insieme a Citigroup (-30%) e Morgan Stanley (-25%). Il comparto energetico ha subito un calo di -21% nel 2018 e quello tech ha lasciato sul terreno il 2,5% con i titoli FAANG con andamento misto: in un anno di scandali Facebook ha ceduto oltre il 24%, Apple ha perso l’8%, Amazon e’ salito del 30%, Netflix ha guadagnato piu’ del 32% e Alphabet (controllante di Google) e’ scivolato dello 0,4%. Timori sull’andamento dell’economia globale, di una escalation delle tensioni commerciali, di una Federal Reserve intenzionata ad alzare i tassi piu’ del desiderato e crisi politiche a Washington hanno condizionato l’azionario.
Per l’Europa, si chiude l’era del quantitative easing (QE). Il ‘bazooka’ anti-crisi voluto dal presidente della Bce Mario Draghi esce di scena il primo gennaio.
Arma per contrastare la deflazione e per far ripartire il credito delle banche all’economia reale – seguendo le orme delle principali banche centrali, come Federal Reserve e Banca del Giappone – il programma di acquisti messo in campo da Francoforte ha fatto finire nella ‘pancia’ della Bce 360 miliardi di euro, a fronte di un totale di “acquisti netti” di debito dell’area euro arrivato a 2.600 miliardi.
La fetta maggiore degli acquisti è stata quella dei titoli pubblici con oltre 2.109 miliardi, mentre la quota rimanente si è suddivisa principalmente tra covered e corporate Bond (per circa 270 e 180 miliardi) e Abs (28 miliardi).