Ubs teme che la raccolta dei fondi comuni in Italia potrà essere negativamente impattata dai nuovi regolamenti europei Mrel (Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities). Questi regolamenti sono volti a definire i requisiti minimi di fondi propri e di passività idonee da sottoporre al bail-in, con l’obiettivo ultimo di assicurare che ogni banca disponga di un ammontare adeguato di risorse patrimoniali e di altre passività in grado di assorbire eventuali perdite. Il risultato finale sarà le banche potrebbero essere spinte ad emettere nuovi bond collocandoli sulla clientela al dettaglio (retail) e a scapito dei fondi comuni.
L’economia italiana è in recessione e, a sentire Ubs (nella foto il Ceo Sergio Ermotti) , nemmeno l’industria dei fondi di investimento si sente tanto bene. Il colosso svizzero della gestione privata prevede che i nuovi afflussi nei fondi comuni rimarranno deboli nei prossimi quattro anni, dopo i deflussi netti del 2018 che sono stati di circa tre miliardi di euro. E stima che le vendite dei fondi comuni non supereranno i 20 miliardi di euro annui da qui al 2020, che si traduce in un calo di circa il 70% nella media degli afflussi annuali di 64 miliardi di euro registrati tra il 2013 e il 2017.
La ricerca di Ubs parte da un interrogativo ben preciso: come le future esigenze di finanziamento delle banche potranno impattare la raccolta dei fondi in Italia, considerando che oltre i due terzi dei fondi comuni di investimento sono venduti tramite le banche, che oggi si trovano ad affrontare nuovi regolamenti Ue e importanti modifiche ai meccanismi di finanziamento?
La società svizzera di servizi finanziari stima che in vista dell’entrata in vigore dei nuovi regolamenti Mrel, entro il 2022 (per quanto la data ultima di applicazione della regolamentazione rimanga ancora incerta) le banche italiane dovranno avere a bilancio tra il 21% e il 26% delle loro attività ponderate per il rischio in strumenti in grado di assorbire perdite di capitale. Questi strumenti includono sia il capitale regolamentare che titoli obbligazionari conformi alla disciplina Mrel, inclusi i bond retail.
Eventuali nuove vendite di bond bancari ai risparmiatori potrebbero andare a scapito dei fondi comuni di investimento. Del resto, le famiglie italiane hanno ridotto significativamente i loro investimenti in obbligazioni emesse dalle banche dal 2011 in poi, a causa dell’incertezza e delle variazioni fiscali con il risultato che i fondi comuni hanno beneficiato degli afflussi di denaro che hanno abbandonato le obbligazioni emesse dalle banche.
“Ora le banche italiane potrebbero trovarsi sotto pressione per emettere nuovi bond, anche retail, a causa dei nuovi regolamenti europei Mrel. Questo potrebbe andare a scapito della raccolta in fondi”, afferma Federico Braga, analista di Ubs a Londra e autore della ricerca proprietaria di Ubs. E precisa:“Negli ultimi anni, uno dei principali driver di cui ha beneficiato l’industria del risparmio gestito è stata la rotazione dai bond bancari in fondi. Basti vedere i numeri: tra il 2013 e il 2017 ci sono stati 50 miliardi all’anno di deflussi dai bond bancari. Parte di queste masse sono confluite nei fondi comuni. Oggi, a prescindere da come evolverà il tema sul finanziamento delle banche, sono rimasti in circolazione pochi bond bancari retail. Se nel 2011-2012 gli italiani possedevano circa 400 miliardi di bond bancari, a fine 2018 la cifra è crollata e segna un numero che va tra i 70 e gli 80 miliardi. Questo è un problema per l’industria del risparmio gestito, considerando che sono le banche a indirizzare la raccolta e, se si continua così, avranno sempre meno soldi da girare ai fondi comuni”.
Ubs si aspetta che le banche torneranno a emettere bond anche di natura retail, vedi Ubi che ha in collocamento un bond al dettaglio a scadenza triennale proprio in questi giorni. Nel peggiore dei casi, gli afflussi annuali nei fondi scenderanno tra i 4 e i 7 miliardi di euro. Secondo Ubs, questa potrebbe essere un’occasione per le reti di guadagnare quote di mercato. Anche se, in tema di ricavi e di margini commissionali, ci sono i vincoli imposti dalla Mifid 2 che di certo non aiutano.
Fonte: Business Insider Italia