Nella notte si sono diffuse voci su file agli sportelli ad Atene, ma su Twitter in molti hanno gridato allo sciacallaggio e postato foto di bancomat funzionanti e senza file.
Ha fatto la mossa del cavallo. Posto dinanzi all’alternativa drammatica tra rifiutare l’ultima proposta – quasi un ultimatum – dei creditori internazionali e sottoscriverla, affrontando una tempesta nel partito e nel governo, Alexis Tsipras ha scartato. Poco fa, dopo una riunione dei ministri convocata frettolosamente al ritorno dall’ennesimo, inconcludente negoziato a Bruxelles con i partner europei, la Bce e il Fmi, il premier greco ha annunciato un referendum per il 5 luglio.
La domanda della consultazione popolare non sarà sulla permanenza dell’euro ma sull’accettazione dell’ultimo piano proposto dai creditori. Per non rischiare il collasso – il 30 giugno scade il programma, entro quella data la Grecia dovrebbe restituire 1,6 miliardi di euro al Fmi e chiudere una nuova intesa, altrimenti la Bce dovrebbe in teoria bloccare i fondi emergenziali elargiti attraverso la banca centrale greca al sistema creditizio – Tsipras ha annunciato di aver chiesto un’estensione temporanea del programma e dei finanziamenti. Il primo ministro ellenico ha detto che «questa proposta (dei creditori, ndr), che viola chiaramente le regole europee e i diritti fondamentali al lavoro, alla dignità e all’eguaglianza, mostra che il proponimento di alcuni dei partner e istituzioni non è accettabile per tutti i partiti, ma rappresenta un’umiliazione di un intero popolo». E’ chiaro, insomma, che Tsipras farà campagna contro il nuovo piano avanzato dalla ex troika. L’ultima proposta, emersa al Consiglio europeo, contiene una novità importante: un piano da 15,5 miliardi esteso a fine novembre (dunque oltre il doppio rispetto ai 7,2 miliardi che erano l’oggetto del negoziato sinora), di cui dodici miliardi sborsati dagli europei e 3,5 miliardi dal Fmi, in cambio di misure di contenimento dei conti pubblici e riforme.
Un pacchetto da dividere in quattro rate, da qui a fine novembre. Al termine del vertice Ue, Angela Merkel ha espresso il suo appoggio al piano: dopo un breve incontro con Hollande e Tsipras, la cancelliera ha rivelato di «aver molto incoraggiato Tsipras ad accettare la proposta straordinariamente generosa» dei creditori. Ma uscendo dalla riunione brussellese, il premier ha detto che l’Europa non può essere la sede «degli ultimatum e dei ricatti». E in serata, il governo ha respinto in un documento informale il piano dei creditori, ritenuto «troppo recessivo» sul piano delle misure e «totalmente inadeguato» dal punto di vista dei finanziamenti. Appena sceso dall’aereo proveniente da Bruxelles, Tsipras ha raggiunto i suoi ministri a Megaro Maxomiou, sede del governo, per una riunione decisiva in vista di oggi. Al termine, la notizia del refeendum. Oggi alle 14 è previsto un Eurogruppo a Bruxelles che avrebbe dovuto essere storico, dove il governo avrebbe avuto l’ultima possibilità di convergere con i creditori e scongiurare il default. Bisognerà attendere la reazione dei creditori alla notizia del referendum, per capire se lo sarà ancora.
di Tonia Mastrobuoni
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da La Stampa.