(WSC) Roma – «La Cina è pronta a fare da guardiana all’ordine mondiale e da riparatrice dell’economia globale», sostiene Li Junhua, ambasciatore in Italia della Repubblica popolare cinese, in un’intervista a Filippo Santelli di Repubblica.
Le sue parole esprimono fiducia. È la fiducia del Paese che per primo ha affrontato il coronavirus, delle autorità politiche che lo hanno temuto come la loro potenziale Chernobyl, ma che ora lo ha contenuto e prova a trasformarlo in un’occasione, presentarsi al mondo come il grande partner con cui ricostruire sule macerie.
La Cina ha gestito il virus in modo «trasparente e tempestivo», dice Li, negando, come da versione ufficiale, ritardi e insabbiamenti. Adesso Pechino invia mascherine e medici all’estero, e con loro prova a esportare la sua idea di globalizzazione, opponendola agli egoismi dell’America trumpiana.
Già alla fine di dicembre alcuni laboratori e medici in Cina avevano rilevato analogie tra il nuovo virus e la Sars, ma sono stati messi a tacere. La quarantena a Wuhan è scattata, quando 5 milioni di persone avevano ormai lasciato la città. Perché le autorità hanno sminuito o nascosto così a lungo informazioni rilevanti sul virus?
«L’accusa alla Cina di aver “nascosto l’epidemia” cela secondi fini e malizia. La Cina ha prontamente diffuso le informazioni sull’evoluzione dell’epidemia. Il 27 dicembre un medico di Wuhan ha riportato i primi tre casi sospetti, il 29 il Centro per il Controllo delle malattie e gli ospedali locali hanno avviato le indagini epidemiologiche, il 3 gennaio la Cina ha iniziato a fare rapporto all’Oms e agli altri Paesi, Stati Uniti compresi, l’1 gennaio ha condiviso le sequenze genomiche. I fatti sono questi. L’atteggiamento aperto, trasparente e responsabile della Cina è stato riconosciuto dalla comunità internazionale e dall’Oms».
La Cina ha cambiato varie volte i criteri di diagnosi dei casi di Covid-19. In che misura le cifre ufficiali rispecchiano il numero reale di contagi e decessi?
«Man mano che migliora la nostra comprensione del virus la Cina aggiornai criteri di diagnosi e trattamento. È una metodologia in linea con le prassi internazionali, il cui obiettivo è tutelare al meglio la salute dei cittadini. All’inizio di febbraio la municipalità di Wuhan ha completato in pochi giorni una campagna capillare di tamponi, la più completa al mondo, garantendo che “nessuna casa, nessuna persona sfuggisse”. Anche l’Oms ha rigettato le accuse, prive di fondamento, secondo cui i dati cinesi non sarebbero trasparenti».
Nelle schermaglie con gli Stati Uniti, fonti ufficiali cinesi hanno sostenuto tesi prive di fondamento secondo cui il patogeno sarebbe stato portato a Wuhan da militari americani o che sarebbe emerso prima in Italia. È un tentativo di scaricare le responsabilità?
«La Cina ha rapidamente intrapreso misure estreme di lockdown – pagandone l’amaro costo e facendo guadagnare al mondo tempo prezioso. In che modo avrebbe, dunque, “scaricato le responsabilità”? Vorrei sottolineare che il primo Paese ad aver fatto rapporto all’Oms in merito all’epidemia è stata la Cina, ma non vi sono ancora certezze sull’origine del virus. L’Oms si oppone alle teorie sul legame tra il virus e Paesi o regioni specifici. Purtroppo gruppi di politici di alcuni Paesi sfruttano il Covid-19 per diffamarci. Noi rigettiamo le calunnie, caricare le responsabilità sugli altri non aiuta a contenere l’epidemia e danneggia la cooperazione internazionale».
La Cina ha lanciato una grande campagna di sostegno ai Paesi colpiti dall’epidemia. In un momento in cui gli Stati Uniti si isolano e l’Europa è disunita, vede l’opportunità di rafforzare il suo ruolo dl leadership globale?
«ll virus non conosce confini nazionali, si limita a minacciare la sicurezza condivisa da tutta l’umanità. ll presidente Xi Jinping ha sottolineato più volte che la Cina è disponibile a portare avanti il concetto di “comunità dal futuro condiviso”, non dimentichiamo e ripaghiamo il sostegno che ci è giunto da ogni parte del mondo nel momento più difficile della lotta contro l’epidemia. La Cina è sempre stata un membro paritetico della comunità internazionale e non ha mai ricercato una posizione di leadership».
La pandemia ha mostrato le fragilità della globalizzazione, si rafforzano soprattutto negli Usa le voci che chiedono di “separare” la propria economia da quella cinese. Che mondo uscirà da questa crisi?
«Oggi le catene di produzione di tutti i Paesi sono integrate, pensare a una “divisione” dei mercati vuol dire ignorare i reciproci vantaggi competitivi e le leggi dell’economia. Cose come “fermare la globalizzazione” e “separare” le economie fanno pensare a una forma di “fondamentalismo applicato all’economia”. Tutti stanno discutendo su come si possa migliorare la globalizzazione, la Cina è disponibile a impegnarsi in questa sfida insieme agli altri Paesi, ed è pronta a fare da guardiana dell’ordine mondiale, da riparatrice dell’economia globale e da contributrice allo sviluppo e alla prosperità del mondo intero».
Fonte: La Repubblica