di Giancarlo Di Nunzio
(WSC) Roma – In un momento in cui l’imperativo categorico è far ripartire le attività produttive, il modello cinese potrebbe essere un buon esempio per il futuro del nostro Paese.
In Cina le aziende hanno chiuso prima e in modo più esteso rispetto all’Italia, per fronteggiare la pandemia di Coronavirus. Quasi tutte sono aziende molto automatizzate e quindi in Cina si è potuto continuare a gestirle da remoto intervenendo su processi produttivi e di controllo, scambiando dati, organizzando meeting virtuali per discutere su progetti e materiali.
Durante il lockdown cinese le società di videoconferenze, come WeChat Work di Tencent e DingTalk di Alibaba, hanno dovuto affrontare picchi record di traffico web.
DingTalk, che serve oltre 10 milioni di aziende cinesi e supporta videoconferenze con un massimo di 300 persone, ha utilizzato 12.000 server aggiuntivi per aumentarne la capacità. Nello stesso periodo il valore delle azioni dell’americana Zoom è aumentato del 15%.
Questi modelli operativi, più flessibili, meglio organizzati e non dettati solo da una emergenza sanitaria, potrebbero presto affermarsi anche in Italia, riducendo la mobilità e l’impatto negativo che ha sull’ambiente.
Nel settore dell’alimentare e della ristorazione, in Cina, gli acquisti online, la logistica per raggiungere il cliente nel luogo in cui si trova e nel momento in cui serve, sono la norma da molti anni; la gente non acquista quasi più nulla nei supermarket, ma ordina su Taobao che recapita a casa la spesa, anche di minimo valore.
Attraverso altre App si possono ordinare pasti o spuntini che vengono consegnati ovunque, perfino nei parchi delle città se si vuol fare un picnic. I fattorini localizzano i clienti con l’App WeChat e se il pasto ha più portate saranno più delivery-man a consegnarle.
Telelavoro e food delivery in Italia non sono una novità ma finora erano praticati solo da una minima parte della popolazione, quella più educata all’informatica.
A causa dell’emergenza sanitaria ora si sono estesi a un vasto numero di individui e di famiglie, con benefici ambientali, vantaggi nell’uso del tempo e migliore qualità della vita.
L’equilibrio tra produttività e ambiente è fragilissimo, come è altrettanto fragile il rapporto tra il bisogno di relazioni umane e l’uso massiccio di tecnologie.
La Cina, per sostenere i propri vertiginosi tassi di sviluppo economico degli ultimi 30 anni (in media il 10% l’anno), ha pagato un prezzo molto alto in termini di sostenibilità ambientale, a cui sembra stia cercando di rimediare.
In Italia le scelte su come ripartire dopo la pandemia dovranno essere ben ponderate, ma l’emergenza Covid-19 potrebbe essere lo shock che cambierà le abitudini degli italiani rendendoli più rispettosi dell’ambiente. Sicuramente ci vorrà tempo per superare le ferite psicologiche ed economiche di questa crisi mondiale, si spera, ridisegnando un futuro più sostenibile.