di Alessandro Pedone
Le modalità con le quali l’ex Ministro Paolo Savona era passato dal Governo alla Presidenza della Consob non ci erano piaciute per niente e l’abbiamo scritto. Non abbiamo mancato di esprimere apprezzamenti per le posizioni teoriche del presidente della Consob (ad esempio, recentemente qui e più indietro nel tempo qui) ma dopo un anno di effettiva presidenza non possiamo non sottolineare che non solo nulla è cambiato, ma abbiamo visto un comportamento che definire deludente è poco.
Se questo Paese avesse una politica degna di questo nome, la Consob sarebbe già stata chiusa o almeno rivoltata come un calzino. In tutti questi anni ha dimostrato un comportamento pusillanime, degno del terzo canto dell’Inferno di Dante.
L’Autorità che dovrebbe presiedere alla Trasparenza dei mercati finanziari svolge il suo ruolo facendo tutto quanto è in suo potere per dare meno fastidio possibile agli intermediari finanziari. Fa costantemente il minimo possibile. Formalmente tenta di mantenere l’apparenza di un’autorità indipendente, ma nella sostanza, in tutti questi anni non ha mai, diciamo MAI, espresso una posizione veramente scomoda nei confronti del sistema finanziario che ogni anno, diciamolo chiaramente, distrugge un parte consistente dei risparmi degli italiani prelevando decina di migliaia di miliardi in commissioni ingiustificate.
Sulla questione dei rendiconti sui costi ex-post relativa ai servizi d’investimento, la Consob, guidata da Paolo Savona, ha dimostrato, a nostro avviso oltre ogni ragionevole dubbio, che sta chiaramente dalla parte degli intermediari finanziari.
Per tutto il 2019, la Consob ha accettato che il suo “richiamo di attenzione” del Febbraio 2019, emanato – ricordiamolo – dopo che la stampa aveva fatto uscire delle informazioni imbarazzanti per l’Autorità sul tema, venisse bellamente ignorato, vorremmo dire, dileggiato nei fatti, senza che la Consob emanasse nessun serio provvedimento.
Ad un anno di distanza, il 21 Febbraio 2020, tardivamente, la Consob propone una consultazione pubblica sulle modalità di adempimento dell’obbligo di rendicontazione dei costi. Quindi: per un anno gli intermediari ignorano quello che dice la Consob e questa invece di sanzionarli propone di mettersi d’accordo! I contenuti della proposta Consob sono chiaramente deludenti (ne abbiamo già scritto qui) ma la cosa onestamente scandalosa sono i tempi!
I tempi con i quali certe informazioni vengono fornite agli investitori non sono un aspetto secondario. Nel mondo anglosassone si usa l’espressione “bread and butter”, il pane ed il burro, per dire che sono la sostanza, quello che dà un senso a tutto il resto. Se le informazioni sui costi degli investimenti dell’anno passato non vengono date tempestivamente, all’inizio dell’anno, quando gli investitori normalmente pongono l’attenzione ai risultati degli investimenti, quelle informazioni, avranno perso il 90% della loro efficacia.
Gli intermediari lo sanno molto bene e purtroppo – ci spiace molto scriverlo – temiamo che lo sappia troppo bene anche la Consob.
La Consob ha letteralmente buttato via tutto il 2019. Se proprio non voleva emanare delle sanzioni per il fatto che gli intermediari non rispettavano le sue indicazioni, avrebbe quantomeno potuto avviare la consultazione a settembre del 2019 per far sì che almeno nel 2020 i rendiconti arrivassero tempestivamente. Invece ha aspettato fine Febbraio del 2020 ed in quella data ha proposto che i rendiconti venissero inviati entro Aprile dando tempo fino al 7 Marzo agli operatori per esprimere le loro considerazioni.
Il ridicolo viene non sfiorato, ma superato, con la raccomandazione del 7 maggio scorso con la quale, avendo la Consob stessa superato la data di Aprile, propone: “Le rendicontazioni relative all’anno 2019, ove non ancora inviate, avuto riguardo all’emergenza sanitaria in corso, dovrebbero essere trasmesse ai clienti quanto prima, nel rispetto del principio generale secondo cui le informazioni indirizzate alla clientela «devono essere corrette, chiare e non fuorvianti» e nell’osservanza della normativa vigente.”.
Fuori dal burocratese significa: anche quest’anno, fate quel cavolo che vi pare!
Con questo provvedimento crediamo che si possa affermare chiaramente che in Italia l’ostacolo più significativo ad una concreta tutela del risparmio sia la Consob stessa, poiché svolgendo in modo solo apparente il suo ruolo, impedisce che si sappia chiaramente come stanno le cose. Il fatto che Paolo Savona consenta tutto questo dimostra che tutto ciò che ha scritto di eccellente in relazione alla tutela del risparmio erano solo parole, ma non ha la forza o la volontà di applicarle neppure in minima parte.
Fonte: Aduc.it