(WSC) NEW YORK – Passata in secondo piano dopo lo scoppio della pandemia Covid-19, la guerra commerciale sino americana rischia di intensificarsi improvvisamente. Dalla tregua di gennaio i rapporti tra Cina e Usa si sono decisamente deteriorati. Donald Trump, che considera la Cina responsabile della diffusione del coronavirus, mira ad ampliare la gamma di sanzioni possibili contro la Cina.
L’amministrazione Usa, probabilmente anche nel tentativo di distogliere l’attenzione dalle sue carenze nelle gestione dell’emergenza sanitaria, ha infatti deciso di aggiungere una dimensione finanziaria alla guerra commerciale tra le due maggiori potenze commerciali al mondo. Le politiche commerciali protezionistiche di Trump rischiano di dividere il mondo in due blocchi commerciali.
I piani dei funzionari del governo federale sono ambiziosi. Vogliono imporre sanzioni finanziarie. Vogliono confiscare una parte dei 1.100 miliardi di dollari di Titoli di Stato Usa in mano alla Cina. Vogliono togliere l’immunità allo stato cinese, in modo da poterlo perseguire per vie legali in Usa. Vogliono imporre un nuovo round di dazi contro i prodotti export cinesi. Vogliono vietare agli studenti cinesi di fare domanda nelle università Usa. E infine vogliono rimuovere le aziende cinesi dalle catene di approvvigionamento americane.
Trump minaccia di “tagliare completamente i ponti” con la Cina
Di recente Trump ha avvertito che l’America potrebbe “tagliare completamente i ponti con la Cina” e “risparmiare così 500 miliardi di dollari”. Le autorità di Pechino non stanno a guardare e promettono una rappresaglia. Il ministero cinese del Commercio prenderà “tutte le misure necessarie” per rispondere alle nuove sanzioni imposte contro il gigante hi-tech Huawei.
Per ragioni di sicurezza nazionale, Trump vuole impedire al gruppo tech cinese di servirsi della tecnologia americana. La Cina accusa gli Usa di abuso di potere e di violazione dei principi del libero mercato. In un intervento sul sito del ministero cinese, un portavoce ha sottolineato che le misure Usa “minacciano la sicurezza delle supply chain e dell’industria globale”.
Questo rimane ancora da dimostrare. Quello che invece si può affermare con certezza è che le politiche commerciali protezionistiche di Trump rischiano di dividere il mondo in due blocchi commerciali. Compromettendo seriamente l’elemento più globalizzato dell’economia mondiale: il sistema finanziario.
Trump vieta a maxi fondo pensione di investire in società cinesi
La scorsa settimana il Federal Retirement Thrift Investment Board, un fondo pensione da 600 miliardi di dollari per i dipendenti passati e presenti del governo federale statunitense, ha congelato i piani che prevedevano il trasferimento di alcuni dei suoi investimenti in azioni cinesi incluse in un nuovo indice azionario internazionale.
La settimana scorsa, dopo aver minacciato di licenziare in toto il consiglio di amministrazione del fondo se questo avesse portato avanti i suoi piani, Trump ha nominato tre nuovi membri nel board del fondo. I tre rimpiazzeranno i membri il cui mandato era in scadenza. Così facendo la Casa Bianca ha cementato il controllo del più grande fondo pensione al mondo.
L’indice in questione – l’MSCI All Country World ex US Investable Market Index – include anche società cinesi. Il fondo aveva previsto di trasferire circa 50 miliardi di dollari nell’indice, l’8% del quale, ovvero 4 miliardi di dollari, sono società cinesi.
L’idea è stata abbandonata dopo che il segretario del lavoro Usa, Eugene Scalia, ha avvertito che scommettere sull’indice e contro l’indice avrebbe esposto il fondo a rischi significativi, oltre che non necessari. Questo perché avrebbe investito in aziende cinesi che rappresentano problemi di sicurezza nazionale e umanitari e che violano le sanzioni statunitensi.
Piano per ridurre flusso di capitali Usa verso i mercati cinesi
Siccome molte aziende americane investono nello medesimo indice, che sta causando tanti grattacapi all’amministrazione Trump, la Cina teme che la decisione della Casa Bianca faccia parte di un piano più grande e ambizioso. Quello di strozzare il flusso di capitali americani verso i mercati cinesi.
Tali preoccupazioni sono esacerbate dalla ripresa da parte del governo federale di un’altra questione che rimane latente anche dopo la firma dell’accordo di tregua commerciale raggiunto da Usa Cina a inizio anno. L’intesa di gennaio ha posto temporaneamente fine alla guerra commerciale ma ora le tensioni stanno tornando a salire.
Da tempo i rapporti tra l’amministrazione Usa e le autorità di regolamentazione statunitensi sono tesi per quanto riguarda la qualità delle informazioni finanziarie che le società cinesi quotate negli Stati Uniti forniscono agli investitori. Ci sono state diverse frodi contabili, alcune molto grosse, che hanno coinvolto imprese cinesi quotate in America.
Rifacendosi alle leggi sulla sicurezza nazionale e alle direttive del loro governo, le società possono negare agli ispettori statunitensi l’accesso ai libri e alle revisioni contabili.