Il 25 Febbraio 2014 gli allora presidenti delle massime istituzioni europee, ossia Martin Schulz dell’Europarlamento, Josè Manuel Barroso della Commissione e il primo ministro greco Antonis Samaràs per il Consiglio, annunciavano in una conferenza stampa che Mario Monti era stato nominato presidente di un gruppo di gran livello incaricato di formulare proposte per le «nuove entrate dell’Unione» da inserire nella programmazione del bilancio pluriennale 2014-2020. Ricordiamo che le attuali entrate dell’Unione sono costituite da ciò che rimane delle entrate doganali, dalle quote dell’Iva e soprattutto dai contributi degli stati membri che raggiungono il 75% delle entrate complessive.
Già a quel tempo dalla Gran Bretagna giunsero voci assai preoccupate e negative. Il governo inglese si dichiarò contrario all’ipotesi di una tassa europea (erano i tempi delle discussioni sulla cosiddetta Tobin Tax, ossia sulla tassazione degli investimenti finanziari a breve termine). E il tema sembrò accantonato. Ecco invece che oggi risorge il problema della tassazione europea, insieme a una inusitata campagna di stampa per istituire una sorta di bilancio europeo svincolato da quello degli attuali Stati membri. Il fatto sconcertante è che quest’annuncio viene anticipato dalle pagine di Der Spiegel, il settimanale tedesco noto per il sostegno incondizionato che sinora ha dato alle politiche di austerità di matrice teutonica.
di Giulio Sapelli
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Il Messaggero