(WSC) MILANO – L’accaparramento del cibo a terra è la scena che parla da sola. C’è solo questo momento di calca in ore e ore di attesa ordinatissima e al 99% con la mascherina, quando, dopo le 11 — la distribuzione comincia da tempo intorno alle 8 per evitare assembramenti — la onlus Pane Quotidiano chiude i cancelli sul marciapiede di viale Toscana, un’arteria di traffico a pochi passi dall’università Bocconi. Un attimo che descrive quanto le nuove e vecchie povertà siano state esasperate dalla pandemia.
La onlus si ferma solo quando la fila del mattino si è esaurita, ma le persone continuano ad arrivare anche dopo la chiusura. Il supporto di oltre 150 aziende e le donazioni di 5 mila milanesi garantiscono forniture di generi di prima necessità che però «sembra non siano mai abbastanza quando vedi crescere così le file, da una settimana all’altra», dice un volontario. Uno dei 140 che soddisfano circa 3/3.600 richieste al giorno nelle due sedi dell’associazione — l’altra è nella zona nord della città — per quasi un milione di «razioni» preconfezionate all’anno. Al sabato si arriva a 4.000 consegne.
Coda interminabile
«La crescita delle difficoltà con l’emergenza sanitaria è impressionante, soprattutto a causa della perdita del lavoro negli ultimi cinque-sei mesi» conferma il vicepresidente Luigi Rossi. Molti lavoratori fragili, spesso in nero, hanno pagato per primi le ondate di lockdown. Ieri era il primo giorno della distribuzione dei pacchi natalizi. Una giovane mamma se ne sta andando, sul pacco un post it con l’appunto «bambino 4/5 anni»; preferisce non parlare. Tre giorni fa un video su Corriere.it mostrava la fila, interminabile come oggi; la coda parte da un’altra strada, centinaia di metri più in là, snodandosi intorno a un cantiere.
Una fila lunghissima e taciturna simile a quella diventata virale sui social sabato scorso. La signora Sabina viene da Lambrate: «Vivo con mio figlio 45enne disoccupato e qualsiasi cosa è un aiuto; meno male che ci sono loro — dice indicando gli addetti con la pettorina arancione — ho lavorato per una vita nelle mense di grandi aziende poi, una dopo l’altra, le cooperative hanno perso gli appalti e a 61 anni mi sono ritrovata disoccupata. A 68 anni non ho ancora una pensione; anche un euro fa la differenza».
Senza lavoro
Moltissime le donne, tanti gli italiani, giovani e anziani, in difficoltà. Lamberto Zannoni è un pensionato che vive a Greco: «Ho 80 anni ma riesco ancora a venire fin qui; la mia pensione è bassa e una volta pagato l’affitto cominciano i problemi e, non mi vergogno a dirlo, anche per cose primarie come il cibo». Fin dalla sua fondazione, 120 anni fa, l’associazione ha messo al primo posto una parola, diritto. «L’idea è che il pane sia un diritto di tutti e pertanto la sua distribuzione gratuita non sia un atto di carità ma il gesto che realizza quel diritto».
La perdita del lavoro ricorre: «Lavoravo nel montaggio di stand per le fiere — racconta Alberto — con il Covid il settore è saltato; sono senza stipendio da febbraio. È impressionante il lavoro che fanno qui, per noi è un sostegno indispensabile». Tanti i passeggini, tante le giovani mamme in attesa. Sono soprattutto i bambini di ogni età a essere l’emergenza nell’emergenza. «Non ci fermeremo neanche un giorno, neanche a Natale, ma abbiamo bisogno di volontari per una situazione che sta diventando sempre più drammatica» è l’appello della direzione della onlus milanese.
Fonte: Corriere della Sera
peter pan
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Beh! Abbiamo portato i pacchi in un bar del centro e il proprietario era sul disperato: lei non ci crederà, è un via vai continuo, abbiamo già ricevuto più di mille pacchi in due giorni; pensavo fosse una cosa gestibile ma va a finire che i clienti non entrano perchè ci sono quelli che lasciano i pacchi…
Vuol dire che c’è tanta povertà ma fortunatamente anche tanta solidarietà e i pacchi sono poi distribuiti dalla Caritas. Almeno una buona notizia.
Un saluto
Nakatomy
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Affinchè tutti…
Dove stiamo andando a finire.