di David Ricardo
(WSC) MILANO – Un funzionario cinese viene condannato a morte per bigamia? A questo ha fatto pensare il titolo del Corriere della Sera di qualche giorno fa sul caso dell’ex alto funzionario cinese condannato alla pena capitale. Omessso un particolare importante: che il principale e definitivo capo di imputazione fosse in verità la corruzione che aveva portato nelle tasche dell’uomo in vari anni oltre 250 milioni di dollari, una cifra da capogiro. Resta inteso: la pena di morte è una barbarie che andrebbe abolita ovunque, per qualsiasi reato, ma perlomeno nel descrivere una sentenza si cerchi di essere corretti ed obiettivi sui capi di imputazione anche se riguarda qualcuno dall’altra capo del mondo. Per leggere del reato di corruzione invece bisognava andare ben oltre il titolo e nel corpo dell’articolo di Paolo Salom: ma quanti lo fanno?
Il festival della carne di cane
E andiamo poi alla famosa storia del festival della carne di cane di Yulin. Altro episodio spiattellato ovunque sulla stampa italiana a giugno, con reazioni spropositate e indignate dei lettori pronti tutti a trucidare il primo cinese che incontrassero per strada per vendicare le povere bestiole d’allevamento. Per un momento ho temuto di vedere pogrom di negozianti cinesi nelle pubbliche piazze istigati da ingioiellate signore con cagnolini, le stesse che ce l’avevano con gli ebrei 80 anni fa. Peccato che questo festival si ripeta da molti anni e che esistono decine di associazioni e migliaia di attivisti in Cina che vi si oppongono e fanno pressione sul governo del Guangxi perché lo vieti definitivamente (a volte dimentichiamo quanto grande sia la Cina: basta andare 200 km più a nord o sud di Yulin per trovare chi guarda con orrore a questa pratica). Negli articoli se ne parlava? Certo che no, avrebbe stonato. Come non si parlava di tutti gli altri paesi dove la carne di cane è considerata una prelibatezza, alcuni anche più vicini a noi di Yulin.
Yuan digitale per dominare il mondo?
Veniamo all’Huffington Post dove Marco Lupis (autore di un libro il cui titolo fa capire l’opinione che ha del paese) ci fa sapere con toni allarmistici qualche giorno fa che la nuova valuta elettronica ideata dal governo cinese (lo Yuan digitale) ha l’intenzione di sostituire i pagamenti in contanti… ovunque nel mondo! Come, il giornalista non lo spiega, visto che la valuta cinese è ancora non pienamente convertibile, non viene quindi accettata ovunque (provateci a trovarla) e lo Yuan digitale è per ora solo oggetto di sperimentazioni in alcune zone della Cina. E come poi se le banche centrali di altri paesi non stessero pensando a creare la “loro” valuta elettronica concorrente.
E che dire della “scomparsa” di Jack Ma: anche qui sarebbe bastato leggere qualche fonte più vicina ai fatti (il South China Morning Post per esempio e financo la CNN che pure col paese ha il dente avvelenato) per capire che non ci sono “misteri arcani” e che le cose sono molto più spiegabili.
Anche Gabanelli anticinese
Gli esempi potrebbero continuare: dalle due sortite di Milena Gabanelli di ottobre (sul Corriere della Sera e su La7) che mette insieme cose diverse e senza relazione l’una con l’altra (per esempio il trattamento delle minoranze etniche e la reazione al virus, per dire) al giornalista del Sole 24 Ore che lascia intendere chissà quale “complotto” dietro al fatto che una casa d’aste cinese è di proprietà di un gruppo coinvolto anche con l’esercito (più o meno come Leonardo o Boeing su altri fronti); per finire poi con le scopiazzature varie da Washington Post o Wall Street Journal, per giunta malfatte. Un esempio su tutti: la notizia della Cina che “vieta” l’ingresso di un team investigativo dell’OMS che invece ora è in partenza.
Poi, ovviamente, ci sono le solite notizie date selettivamente: si parla per esempio questi giorni dell’ultima cartuccia diplomatica sparata dal Segretario di Stato Usa uscente, Mike Pompeo, per uno “schiaffo in faccia a Pechino” che mette in mezzo Taiwan mentre in Italia si tace invece di ciò che pure i media americani riportano: ovvero il lungo e proficuo viaggio diplomatico del ministro degli Esteri cinese in Africa e nel Sud-Est asiatico (il secondo in pochi mesi) per consolidare i rapporti tra Pechino e i paesi in via di sviluppo.
Il top delle testate italiane
Badate che qui non sto parlando di giornali-spazzatura o di reti TV leghiste, ma del top delle testate italiane. Sparare a pallettoni sulla Cina, si sa, ormai è il modo migliore per attirare l’attenzione. Giornalisti poco noti o che languivano in uffici di corrispondenza in Asia, dimenticati a lungo dai propri direttori, hanno avuto il loro momento d’oro da maggio 2020 in poi. Quale miglior modo di assicurarsi un pezzo nell’edizione online tutti i giorni per fare sensazionalismo? Il malcapitato funzionario cinese target del momento avrebbe fatto notizia due anni fa?
Quanti corrispondenti in Cina parlano il cinese?
Ci sono per fortuna corrispondenti più attenti e più obiettivi che cercano di spiegare quando criticano e di illustrare le due facce del pianeta Cina. Alcuni sono anche sinologi, inoltre sono in grado di leggere fonti in lingua originale e parlare con un cittadino della Repubblica Popolare. Ma sono pochi, e non hanno lo spazio mediatico che meriterebbero. E’ stata certo anche la Cina ad attirare l’attenzione morbosa dei media a partire dal gennaio scorso, da Wuhan in poi. Ma ai giornalisti italiani si chiede un minimo di onestà intellettuale e obiettività in più, tramite un’attenta verifica delle fonti. Altrimenti i giornali italiani somiglieranno sempre più alla vecchia Pravda, una versione unica dei fatti per un popolo addomesticato. E a quel punto rimarrà solo il dito alzato in ammonimento, che nessuno seguirà.
David Ricardo
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ci sono più di 2000 aziende italiane in Cina ed alcune fanno il 30-40 percento del fatturato li . ci pensi bene. Dove non passano le merci passano gli eserciti .
David Ricardo
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A me i cinesi sono sempre risultati simpatici, ne conosco anche alcuni, sacrifici enormi per poco, una casta ed una razza un po’ a sè…
Chiedere all’estensore dell’articolo di esaminare prima questo o quello che succede non è cosa da poco, considerato che anche qui in Italia, circa le questioni italiane abbiamo 10 giornali di qua e 10 giornali di là…. sarebbe bello leggerli tutti per crearsi delle idee il più possibile precise, ma non è cosa. Te li immagini i giornalisti andare a confrontare le loro idee con quelle degli altri e poi stilare un articolo che tenga conto delle reciproche verità?
Permettimi una battutina: mi hai fatto venire in mente una freddurina di tanti anni fa; suona il telefono: pronto sei tu? No sono io! Ah! Scusi ho sbagliato numero…
David Ricardo
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