di Andrea Muratore
Jens Stoltenberg verrà presto a Roma e vedrà Giorgia Meloni e il Ministro della Difesa Guido Crosetto. Garanti, assieme al Ministro degli Esteri Antonio Tajani e al titolare dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, del collocamento atlantico del sistema-Paese e interlocutori chiave per il segretario generale della Nato.
A rivelare la notizia della visita dell’ex premier norvegese a Roma è stata Formiche, che ha dato notizia della presenza di Stoltenberg alla Nato Cyber Defence Pledge Conference 2022, evento che si terrà alla Farnesina il prossimo 10 novembre per mettere a punto gli aggiornamenti sullo strumento di difesa dal rischio cyber ideato sei anni fa dall’Alleanza Atlantica.
“L’iniziativa dell’evento”, spiega Gabriele Carrer nel suo articolo, “spettava agli Stati Uniti che hanno accettato la collaborazione con l’Italia. Si tratta di un segnale molto positivo per il nostro Paese, un apprezzamento per il lavoro svolto nell’ultimo periodo con una serie di provvedimenti tra cui la nascita dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale diretta dal professor Roberto Baldoni (che nei giorni scorsi scorsi era a Washington per partecipare al secondo vertice internazionale della Counter Ransomware Initiative)”. Il governo Meloni, come la premier ha sottolineato nel suo discorso alle Camere, intende il quinto dominio come una componente fondamentale della sicurezza economica e geopolitica nazionale e intende potenziare quanto già fatto dal governo Draghi creando l’Acn.
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La Nato e i suoi apparati riflettono da tempo la mutata impostazione del confronto tecnologico e geopolitico con i rivali di Washington e dei suoi partner. La partita strategica per le tecnologie critiche e le vulnerabilità della sfera cyber giustificano una corsa alla protezione giustificata poi dalla narrazione che vedrebbe in corso una battaglia di idee in corso tra nazioni libere e democratiche e regimi autoritari, anche nel campo della tecnologia, in cui gli alleati della Nato sarebbero impegnati nella definizione di principi di un uso responsabile che riflettono i loro valori e diritti umani. Questa narrazione enfatizza l’importanza della sfida che, più prosaicamente, è vitale per la sicurezza nazionale dei membri del campo atlantico. Nella giornata del 3 novembre alla conferenza di Praga sulla cybersicurezza organizzata dall’Agenzia nazionale ceca per la sicurezza informatica e dell’informazione, il vice-segretario della Nato Mircea Geoană ha promosso proprio questa sovrapposizione tra retorica e realtà.
Stoltenberg, dal canto suo, ha messo tecnologia e sicurezza al centro fin dal discorso estivo al Forum di Davos in cui ha invitato le nazioni occidentali a mettere la sicurezza davanti alla prosperità nella loro programmazione strategica in campo economico. Un tema che si fonde decisamente col campo cyber, abilitatore della sicurezza in ogni sfera industriale.
La Nato chiama, Roma risponde. E quanto rivelato in anteprima da Carrer sulla presenza di Stoltenberg in un incontro chiave in cui anche la Meloni potrà conoscere il Segretario della Nato di persona ha anche una valenza politica oltre il tema, di per sé decisivo, del cyber. Quella, cioè, di una vera e propria investitura: dopo Mario Draghi, anche Giorgia Meloni è considerata conforme ai principi “atlanticamente corretti“: attenzione al rapporto con Washington, sostegno all’Ucraina, apertura alle sfide Nato su Difesa, tecnologia e sicurezza, estensione del confronto dalla Russia alla Cina. E in questa fase una visita di Stoltenberg mostra l’attenzione che l’Alleanza (e Washington ovviamente) danno agli alleati.
Eccezion fatta per un deludente faccia a faccia con Emmanuel Macron a giugno in cui il presidente francese ha rilanciato la Difesa comune europea, il segretario norvegese dallo scoppio della guerra in Ucraina a oggi ha sempre operato viaggi di sopralluogo nelle roccaforti atlantiche del Vecchio Continente a partire dal viaggio congiunto in Estonia con Boris Johnson del primo marzo. Il capo della Nato non ha mai visitato, per fare un esempio esplicito, Viktor Orban, ritenuto dagli atlantisti più duri la “pecora nera” dell’Alleanza, e in quest’ottica il netto distanziamento tra Meloni e il suo alleato ungherese ha un’importante valenza di legittimazione politica.
Contraddicendo quanto spesso si rinfaccia a Meloni, dunque, Stoltenberg ritiene tutt’altro che di maniera l’atlantismo del centro-destra italiano e considera Roma un partner primario. E in prospettiva decisivo, vista l’importanza del fianco Sud che anche l’Alleanza non può ignorare in questi tempi convulsi. L’Alleanza, di fronte a un contesto sempre più complesso, guarda con favore a ogni segnale di continuità e stabilità, certa che da Draghi a Meloni nulla cambierà nella sostanza e la Nato resterà stella polare dell’interesse nazionale italiano.
Fonte: il Giornale