Tasse? Roba per pochi: un contribuente le paga per un abitante e mezzo. Quasi la metà degli italiani (il 47%) infatti non dichiara redditi; a farsi carico della gran parte del gettito Irpef è solo il 13,94% dei contribuenti con redditi dai 35mila euro, che paga il 62,52% dell’imposta. Forte anche il divario fra le regioni, con il Nord Italia che contribuisce con il 57,43% del totale Irpef.
Sono solo alcuni dei dati che emergono dalla Settima Regionalizzazione sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentata questa mattina al Cnel in collaborazione con Cida – Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità. Scendendo nel dettaglio, per quanto riguarda la distribuzione geografica dei versamenti Irpef , l’analisi dei redditi riferiti all’anno di imposta 2021 e rese nel 2022 evidenzia che il Nord contribuisce per 100,6 miliardi, pari al 57,43% del totale, il Centro con 38,2 miliardi pari al 21,83% del totale, mentre il Sud porta in dote 36,3 miliardi, pari al 20,74% del gettito complessivo.
Una situazione di disequilibrio che trova conferma anche analizzando le singole Regioni: con poco meno di 10 milioni di abitanti, la Lombardia versa 40,3 miliardi di Irpef , vale a dire un importo maggiore dell’intero Mezzogiorno, che ne conta almeno il doppio, e persino superiore a quello dell’intero Centro (11,8 milioni di abitanti).
Sul persistere di questa forte disomogeneità tra le varie zone del Paese Stefano Cuzzilla sottolinea che “se il sud riesce a farsi carico solo del 20% del gettito complessivo nazionale è a causa di politiche economiche poco incentivanti che si sono susseguite negli anni, di forti tendenze demografiche all’invecchiamento e allo spopolamento e una burocrazia fragile che ora sta mettendo in pericolo l’attuazione del PNRR. Ciò impone una drastica presa di coscienza. Il Mezzogiorno ha diritto ad alta velocità e infrastrutture di avanguardia, ad una transizione digitale ed ecologica del sistema produttivo. Deve rappresentare un volano di crescita a livello nazionale di un ceto produttivo capace di innescare una vera e strutturale crescita dell’economia. Per questo – conclude Cuzzilla – diciamo basta a questi interventi iniqui e chiediamo che si adottino provvedimenti strategici che non sottraggano altre risorse a chi rappresenta il pilastro del nostro sistema economico e gioca un ruolo rilevante nel rinnovamento sociale”.
Il documento prosegue con la scomposizione per fasce di reddito rivelando che da 0 fino a 7.500 euro lordi si collocano 8.832.792 soggetti, il 21,29% del totale, che pagano in media 26 euro di Irpef l’anno. I contribuenti che dichiarano redditi tra i 7.500 e i 15mila euro lordi l’anno sono 7.819.493, cui corrispondono 11,16 milioni di cittadini (il 18,84%); al netto del TIR, l’IRPEF media annua pagata è di 358 euro e si riduce a 251 euro nel calcolo per abitante. Nel complesso, i contribuenti delle prime due fasce di reddito, il 42,59% del totale, pagano solo l’1,73% dell’IRPEF complessiva, ampiamente insufficiente a ripagarsi anche il solo costo della spesa sanitaria.
Considerando infatti che l’assistenza sanitaria nel 2021 è costata 2.144 euro pro capite, i cittadini di questi primi due scaglioni di reddito pagano in totale 3,029 miliardi di Irpef ma ricevono per la sola sanità 51,06 miliardi di euro, per i quali non restano che la fiscalità generale e la strada del debito pubblico: un enorme trasferimento di ricchezza che si ripete per tutte le principali funzioni dello Stato, dalla sicurezza all’istruzione passando per la spesa assistenziale, a discapito di sviluppo e produttività del Paese.
Tra 15mila e 20mila euro di reddito lordo dichiarato si collocano invece 5,459 milioni di contribuenti, con un’imposta media annua di 1.814 euro, che si riduce a 1.271 euro per singolo abitante; seguono da 20.001 a 29.000 euro 9.169.315 contribuenti versanti, che pagano un’imposta media annua di 3.506 euro, 2.456 euro per singolo abitante. Se si sommano tutte le fasce di reddito fino a 29mila euro, si evidenzia che il 77,84% dei contribuenti italiani versa soltanto il 25,74% di tutta l’IRPEF, e probabilmente, una percentuale ancora minore di altre imposte.
“Una fotografia in miglioramento rispetto al periodo pandemico, ma che – secondo Alberto Brambilla, curatore della ricerca – sembrerebbe poco veritiera guardando invece a consumi e abitudini di spesa degli italiani. Mentre quasi la metà (il 47%) non dichiara redditi, tra i versanti il grosso del carico fiscale grava sulle spalle dei contribuenti che dichiarano redditi da 35mila euro in su”.
“I dati parlano chiaro. Siamo ormai in presenza di due forti disuguaglianze: da un lato abbiamo i contribuenti onesti, dall’altro mezzo paese dimenticato, che si pensa di aiutare con i sussidi, invece che con gli investimenti – commenta Stefano Cuzzilla, Presidente Cida – Non è accettabile che poco più del 13% della popolazione si faccia carico della quasi metà degli italiani che non dichiara redditi e trova benefici in un groviglio di agevolazioni e sostegni, spesso concessi senza verificarne l’effettivo bisogno. Un 13% che guadagna da 35mila euro lordi in su, e che per questo non può beneficiare del taglio al cuneo fiscale perché è considerato troppo ricco e non può difendersi dall’inflazione nemmeno quando arriva alla pensione, sempre perché è considerato troppo ricco. Non commettiamo l’errore di pensare che le disparità che esistono in questo Paese facciano male solo a chi si trova sui gradini più bassi della scala reddituale. Fanno male al sistema. Se perdiamo il ceto medio perdiamo stabilità sociale e ipotechiamo il futuro”.
Fonte: ItaliaOggi