Carlos Tavares ha fatto arrivare il suo ultimatum al governo Meloni ieri mattina, buttandolo sul tavolo che si stava riunendo al ministero del Made in Italy sul futuro di Stellantis nel nostro Paese. Parole pesanti, affidate mercoledì a un’intervista con l’agenzia Bloomberg, dopo la recente polemica tra la premier, John Elkann (presidente del colosso automobilistico) e Repubblica, ma filtrate – per la parte che riguarda l’Italia – solo poco prima dell’incontro romano.
“L’Italia dovrebbe fare di più per proteggere i posti di lavoro nel settore automobilistico invece di cercare capri espiatori”, ha detto l’Ad di Stellantis, esplicitando ancora di più il suo j’accuse: “C’è chi cerca di non assumersi responsabilità per il fatto che, se si fermano i sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mette a rischio il mercato italiano che è molto, molto piccolo”.
Un’analisi alla quale Tavares ha fatto subito seguire un avvertimento: “Si mettono anche a rischio gli impianti italiani”. Con l’indicazione esplicita di Mirafiori, il simbolo della ex Fiat, oggi in cassa integrazione e dove si produce la 500 elettrica, e di Pomigliano, a sua volta simbolo dell’impegno al Sud e dai cui cancelli oggi esce la Panda a benzina. Un riferimento voluto, dunque, agli incentivi per le vendite: il vero obiettivo che Stellantis aveva sempre perseguito sin dall’estate scorsa.
Quando era cominciato il confronto con il ministro Adolfo Urso, trascinatosi sino a ieri, con in mezzo due incidenti: la polemica Meloni-Elkann e l’“avvertimento” di Tavares. Che ieri ha “spiazzato” il tavolo romano dove gli annunci, che il ministro ha poi fatto, riguardavano proprio un piano di aiuti “cucito” sugli interessi e le pretese del gruppo guidato da Parigi.
In altre parole, l’avvio dell’Ecobonus 2024 per quasi un miliardo che premia chi rottama le auto più inquinanti: con 240 milioni destinati alle auto elettriche, 150 alle ibride plug-in e 450 milioni alla fascia con emissioni inquinanti tra i 61 e i 135 g/km di Co2, nella quale rientrano anche le vetture a benzina a basso consumo. Nel 2024 il contributo massimo ottenibile, a fronte della rottamazione di un veicolo fino a Euro 2, salirà da 5mila a 13.750 euro, anche se quello medio si attesterà su 8mila euro.
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Quella del governo è una risposta che ricalca le richieste polemiche di Tavares: incentivi sia per la 500 elettrica di Mirafiori che per la Panda di Pomigliano. Tanto da guadagnarsi il plauso, al tavolo del ministero, del responsabile di Stellantis Italia, Davide Mele, che ha usato toni molto più concilianti del suo ad: “Abbiamo raggiunto gli strumenti adeguati ad aiutare un mercato che non riusciva ad imboccare la giusta strada”. Basterà tutto questo, quando tra qualche mese l’Ecobonus entrerà in vigore, per far decollare la produzione in Italia, soprattutto da parte di Stellantis, sino al milione e ben oltre la soglia delle attuali 400mila annue?
I dubbi serpeggiano nei sindacati che sottolineano come l’Ecobonus (“Il minimo che ci si potesse aspettare da quel tavolo”), ma soprattutto le dichiarazioni di Tavares non aggiungano nulla né sull’impegno del gruppo in Italia né sui nuovi modelli per gli stabilimenti dell’ex Fiat-Fca. A cominciare da Mirafiori, dove la nuova versione 500 elettrica è previsto solo per il 2027. E lo stesso Urso ha accompagnato il suo annuncio con molta cautela: “L’80% degli incentivi del passato sono finiti a vetture prodotte all’estero, anche da Stellantis. Se quest’anno l’obiettivo non sarà raggiunto, dal 2025 le risorse del fondo automotive saranno indirizzate solo a richiamare un secondo produttore in Italia”.
Poi una replica alle “provocazioni” di Tavares che, parlando con Bloomberg, aveva provato a negare il controllo francese di Stellantis (Peugeot e lo Stato transalpino hanno un voto in più nel cda), definendosi “un manager portoghese che, a volte, litiga con il ministro dell’Economia Bruno Le Maire sulla produzione di auto elettriche in Francia”. Urso ha così ripreso la vecchia (e ormai inutile) polemica sul mancato ingresso dello Stato italiano nella proprietà: “Se vogliono che facciamo come la Francia, ce lo chiedano: ne discuteremo”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano