Il capo del Carroccio è anche intenzionato a legittimare il suo “campione” con le primarie. Ai forzisti dirà: “Prendere o lasciare”.
In fondo a destra c’è “Lega Italia”, il piano è partito. Un leader incoronato sul campo, Matteo Salvini, un candidato premier che sarà lanciato nei prossimi mesi, comunque entro il 2016, da acclamare poi con le primarie. E nella mente dell’eurodeputato, il nome è un uno solo: il governatore veneto Luca Zaia. Chi ci starà, bene, fuori dalla porta Salvini scorge la fila. «Prendere o lasciare»: Berlusconi, se vorrà, potrà aderire, come già starebbero facendo i suoi elettori sempre più sfiduciati.
L’Opa su Forza Italia del resto è ormai a buon punto. Il capo del Carroccio il suo disegno lo ha illustrato ai pochi di cui si fida davvero. Il progetto è coinvolgere tutti i pezzi del centrodestra. I “partitini” come Fratelli d’Italia e la Destra di Storace, ma soprattutto quei forzisti che non intendono guardare a sinistra verso Renzi. Lascia dunque al loro destino personaggi come Alfano e Verdini. Ma accoglie chi, come Fitto e gli ex An, restano a destra. Oltre la vecchia (sebbene vincente ) Lega, la nuova avrà dunque l’appendice “Italia” o addirittura “degli italiani”, bisognerà catturare tutto quel che si muove a destra da Aosta a Ragusa.
Lui comunque ragiona con l’Italicum, pensa al listone unico, altro che coalizione. E pensa di poter contendere a Grillo l’approdo al ballottaggio. «Berlusconi è stato un grande ma bisogna guardare avanti e avanti non è detto che ci sia io», ha ammesso due sere fa nella manifestazione pianificata su misura per lui dagli ex An Ronchi e Aracri, presente Gasparri e Fitto, in un hotel romano al quale sono accorsi in sei-settecento. Quel che va dicendo ai margini delle quotidiane uscite pubbliche è che lui si vede a capo di Lega Italia, per il candidato premier «un jolly l’abbiamo, dobbiamo solo lavorarci in questo anno di tempo che ci resta» ripete nei conciliaboli più riservati.
Si tratta del governatore appena rieletto in Veneto, Zaia, per altro al secondo mandato. Per Salvini ha tutte le carte in regole per affermarsi alle primarie che comunque saranno convocate, con buona pace di Berlusconi, entro l’autunno 2016. Il governatore rappresenta il volto moderato del partito, un amministratore, immagine non «usurata» dalla politica, per altro quarantenne (per la verità 50 li compirà nel 2018). Tutte caratteristiche che nella pianificazione di Salvini ne farebbero il naturale anti-Renzi, spendibile come il «nuovo», su quel fronte. Sempre che Salvini mantenga ferma l’intenzione di fare un passo indietro, quando sarà il momento. Ne è convinto a giorni alterni. Anche l’altra sera si è schermito, per poi riprendersi: «Dicono che il centrodestra non vincerà se lo guida Salvini? E chi lo dice?»
Il governatore lombardo Roberto Maroni, che in corsa un po’ ci si sente, ieri da ambasciatore leghista alla festa di Fratelli d’Italia Atreju a Roma, ha rilanciato: «Perché non pensare a un ticket Salvini-Meloni?» Berlusconi è fuori dai giochi, su questo sono tutti d’accordo come sulle primarie. Così Meloni davanti ai suoi simpatizzanti: «Ora tocca a un’altra generazione». Il Cavaliere ad Arcore ha preso malissimo il racconto della kermesse romana pro Salvini di due giorni fa, anche perché gliel’hanno descritta come il «funerale politico» del berlusconismo. «Pensano di farmi fuori, ma io continuo a non vedere altri leader al di fuori di me», è sbottato il leader di Forza Italia. Tant’è che in un moto da ritorno su piazza, avrebbe deciso di stravolgere i programmi del fine settimana.
Domani ha garantito la sua presenza alla kermesse organizzata da Mariastella Gelmini sul Lago di Garda e fino a ieri sera veniva confermata quella di oggi pomeriggio ad Atreju a Roma (non è escluso però che alla fine telefoni). Di certo vuol tornare a farsi vedere e sentire, anche la settimana prossima con l’assemblea dei senatori rinviata la scorsa, ha capito che il vuoto che sta lasciando viene colmato con velocità fulminea dall’onnipresenza di Salvini. Così, Forza Italia resta un partito stretto tra l’Opa di Salvini e il massiccio arruolamento avviato dall’ex Denis Verdini, tutt’altro che concluso.
L’allerta è massima. «La leadership c’è, è salda ed è quella di Berlusconi» continuava a ripetere ieri Renato Brunetta, infastidito dalle voci di investiture parallele. E la Gelmini, aprendo la sua “ForzaFuturo 2015”: «Salvini sta lavorando molto bene, ma per la leadership del centrodestra vedremo». In questo clima, l’incontro a due Silvio-Matteo, annunciato di settimana in settimana da fine agosto, è sparito per ora dall’agenda. L’eurodeputato del resto è sfuggente con tutti, il recente sodalizio con la Meloni è già rotto (invitato alla festa di Atreju ha fatto sapere che era impegnato) ed evita ormai l’abbinata anche in video. La Lega vola nei consensi e ritiene di trainarla meglio se da solo. Gasparri preferisce per ora non sbilanciarsi: «Ero lì ma non ho concesso alcuna investitura a Salvini. Con la Lega però voglio essere alleato». E Zaia candidato premier? «Ogni discorso adesso è prematuro» dice senza alzare muri. Fitto intanto ha deciso di far sedere i suoi dieci senatori accanto ai banchi dei dodici leghisti.
di Carmelo Lopapa
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato su La Repubblica