Intervista a Tiberio Graziani, Presidente di Vision & Global Trends, Direttore di Geopolitica e membro dell’Advisory Board di WSC.
1) La guerra in Ucraina ha messo l’Europa di fronte ad uno scenario che sembrava ormai dimenticato nel nostro Continente: quello della guerra. Cosa è accaduto? Quali le responsabilità dell’Unione Europea? Ci sono vie d’uscita realisticamente percorribili oggi?
Per tentare di comprendere al meglio l’odierna situazione conflittuale in cui versa l’Europa orientale occorre tornare indietro perlomeno di una trentina di anni, quando crollò l’Unione Sovietica.
Con il collasso dell’edificio sovietico e la fine della Guerra fredda, si aprì una nuova stagione per l’Europa e gli Stati Uniti d’America, contrassegnata dall’allargamento della NATO verso l’Europa orientale, dall’istituzione della Unione Europea (1° novembre 1993) e dal passaggio geopolitico da un ordine basato sul bipolarismo USA-URSS all’unipolarismo statunitense. L’inglobamento nella NATO e successivamente nell’Unione Europea delle nazioni un tempo facenti parte dell’auto dissolto Patto di Varsavia ridefinì i rapporti geostrategici tra gli USA e la Federazione russa, principale erede della defunta Unione Sovietica. La nuova configurazione geostrategica, incardinata nella prospettiva dell’eccezionalismo statunitense volta a egemonizzare il Globo, lungi dallo stabilizzare l’area dell’Europa centrorientale, ne accrebbe le tensioni latenti e ne stimolò di nuove. L’Unione Europea sostenne direttamente e indirettamente la pressione statunitense – attuata principalmente mediante il dispositivo militare-diplomatico della NATO – contro la Federazione russa, giacché i suoi membri erano parte integrante dell’Alleanza nordatlantica. Tutto ciò ha costituito le premesse per quella che il Cremlino ha definito il 24 febbraio del 2022 “operazione militare speciale in Ucraina”.
Per quanto concerne vie d’uscita realistiche, ci sarebbero; dipende dalla volontà degli attori coinvolti. Gli USA, da un punto di vista geopolitico, con questa guerra hanno da tempo raggiunto dei considerevoli obiettivi: hanno rivitalizzato e in parte ricompattato la NATO (ad esclusione dell’Ungheria, della Turchia e della Slovacchia) e sono riusciti a imporre agli europei contratti per l’acquisto del gas nordamericano. La Federazione russa sostiene il negoziato avviato da Ankara fin dai primi giorni della penetrazione delle forze armate russe in Ucraina che invece è osteggiato da Londra e da Kiev. L’Unione Europea ha deciso – in accordo con la NATO – di operare non per una risoluzione del conflitto, bensì per una difesa ad oltranza dei cosiddetti interessi occidentali. Avrebbe potuto, invece, attivarsi fin da subito per una risoluzione della questione facendo perno proprio sui principi istitutori dell’Unione: solidarietà e neutralità. Non agendo come terza parte, ha perso ogni credibilità come negoziatore, ruolo invece assunto da Ankara.
2) La questione della difesa è diventata una tematica rilevante. L’aumento delle spese per gli armamenti in tutti i Paesi europei – ormai da 10 anni – segnala scelte che non vanno nella direzione indicata dai padri fondatori. Una difesa comune quali caratteristiche dovrebbe avere? Le proposte così come le minacce sono molte: quali criteri sono utili ad orientarsi?
La difesa comune, insieme alla politica estera ed energetica comuni avrebbero dovuto costituire, in prospettiva, le solide basi dell’edificio comunitario europeo. A distanza di 67 anni dai Patti di Roma, notiamo che tutto ciò non è avvenuto. I motivi sono vari. Tuttavia, ce n’è uno principale ed è di carattere geopolitico: il cosiddetto vincolo esterno, vale a dire gli Stati Uniti d’America. In questi 67 anni, gli Stati Uniti – peraltro aiutati dal loro partner speciale, la Gran Bretagna – non hanno permesso per evidenti ragioni geopolitiche una emancipazione politica, economica e geostrategica di ciò che oggi, nella sua evoluzione storica, chiamiamo Unione Europea. Gli USA, fin dal termine della Seconda guerra mondiale hanno assegnato alla parte europea che avevano contribuito a “liberare” un ruolo geostrategico di testa di ponte lanciata verso il continente africano e l’Unione sovietica. Tale ruolo non è affatto cambiato con la dissoluzione dell’Unione sovietica, anzi per certi aspetti è stato potenziato, in particolare nel corso delle varie iniziative statunitensi volte ad affermarsi come unica potenza globale.
3) Che ruolo può e deve avere l’Europa per una governance mondiale che torni a valorizzare l’arma della diplomazia e a scongiurare il ricorso alla guerra come risposta ai conflitti tra stati e nazioni?
L’Europa per avere un ruolo nel nuovo sistema policentrico dovrebbe recuperare un rapporto più equilibrato tra gli USA e la Federazione russa. Ciò al fine di assumere una funzione di terza parte. Ciò è ancora possibile, soprattutto attivando proprio l’ “arma della diplomazia”. La guerra in Ucraina, come anche quella nel Vicino oriente sono state, finora, occasioni mancate, occasioni che gli europei non sono stati capaci di cogliere a causa del loro strabismo euroatlantico.
4) All’indomani del suo insediamento il nuovo parlamento europeo che segnali dovrebbe dare sul piano economico, sociale e politico?
Il nuovo Parlamento, in concerto con le altre istituzioni, dovrebbe operare al fine di migliorare l’economia generale dell’Unione incentivando l’innovazione tecnologica nel tessuto economico produttivo dei paesi membri, tenendo però conto delle peculiarità delle singole regioni; contribuire sul piano normativo e nella discussione pubblica all’attuazione di una maggiore giustizia sociale basata non sulle cosiddette regole del mercato, ma sul principio della solidarietà. Sul piano prettamente politico ascoltare con maggiore attenzione le ragioni di quella grande parte degli elettori europei che dissentono con le decisioni che vengono prese a Bruxelles.
Fonte: Bene Comune