Migranti, il patto dell’Italia con l’Albania non ha senso (e Starmer-Meloni?)

Qual è dunque il vero motivo per cui Starmer è d'accordo con una sovranista? Il primo ministro britannico sa che questo piano non funzionerà. Si sta avvicinando a Giorgia Meloni per un motivo completamente diverso.

Lea Ypi è professore di teoria politica presso il dipartimento di governo della London School of Economics. Nata in Albania, ha scritto un articolo per The Guardian molto critico sul presunto asse tra Giorgia Meloni (sovranista) e Keir Starmer, premier inglese espresso dal Partito Laburista britannico, che in un incontro a Roma giorni fa si sono trovati d’accordo sui temi dell’emigrazione.

L’articolo di Lea Ypi esamina il controverso accordo tra l’Italia e l’Albania, voluto da Meloni, che prevede la gestione extraterritoriale delle richieste d’asilo dei migranti. Cioè il centro di detenzione per migranti che il governo italiano sta facendo costruire a suon di centinaia di milioni di euro sul territorio albanese, una sorta di Guantanamo all’italiana.

L’autrice parte da un’esperienza personale del passato, legata ai pregiudizi contro gli albanesi in Italia, per poi collegare la sua riflessione alle politiche migratorie attuali. La narrativa si focalizza su come questo accordo, anziché rappresentare una soluzione innovativa per il controllo dei flussi migratori, rischi di creare un precedente pericoloso a livello internazionale, incentivando accordi bilaterali e limitando un approccio più ampio e coordinato a livello europeo.

Ypi sottolinea che, nonostante l’accordo sia presentato come una collaborazione “strutturale” tra un Paese candidato all’UE (l’Albania) e un membro dell’UE (l’Italia), in realtà è un modo per spostare il problema della gestione dei migranti fuori dai confini italiani, senza affrontare realmente le cause della migrazione.

La retorica della sicurezza, secondo Ypi, è altrettanto discutibile: Meloni definisce l’Albania un Paese sicuro, ma esclude dal trasferimento categorie vulnerabili come donne incinte e bambini. Questo doppio standard mette in discussione la coerenza dell’accordo e solleva dubbi sul rispetto delle norme internazionali, come il principio di non-refoulement previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951, che vieta il rimpatrio di rifugiati in Paesi non sicuri.

L’articolo critica inoltre l’aspetto economico dell’accordo: l’Italia si accolla tutti i costi di gestione dei centri di detenzione in Albania, compresi quelli relativi alla costruzione e al personale. I costi sono così alti che non c’è un vero risparmio rispetto alla gestione sul suolo italiano, e l’unico vantaggio sembra essere quello di rendere invisibili i migranti, lontano dagli occhi e quindi dal cuore dell’opinione pubblica italiana.

Ypi conclude suggerendo che la decisione di Keir Starmer e del Partito Laburista britannico di prendere in considerazione un accordo simile a quello italo-albanese non è dettata da vero pragmatismo, ma da una strategia politica volta a sedare l’ala più conservatrice dell’elettorato. Tale approccio mette a rischio la coerenza morale del partito, dato che l’accordo presenta contraddizioni politiche, legali ed economiche.

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