Oltre alle indagini, «in fase assolutamente preliminare e coperte da segreto istruttorio», c’è la corporate governance violata della prima banca italiana. Come ha risposto il sottosegretario del Tesoro, Enrico Zanetti a un’ interrogazione di Sel alla Camera…
Il cda di Unicredit si chiude a riccio sul vice presidente Fabrizio Palenzona, indagato a Firenze con il braccio destro Roberto Mercuri e altri dirigenti della banca per reati finanziari aggravati dall’ articolo 7 (favoreggiamento alla mafia). Ieri i consiglieri hanno esaminato le «analisi preliminari» dell’ organo di controllo interno, da cui «non sono emerse anomalie nei processi delibere e comportamenti degli esponenti aziendali coinvolti nell’ indagine». Dopo l’ informativa – e assente il protagonista del gruppo da un decennio, entrato in sala solo dopo che s’ era parlato di lui – ha «confermato la fiducia nell’ operato dei propri esponenti ». Ma pochi credono che la vicenda finisca qui: oltre alle indagini, «in fase assolutamente preliminare e coperte da segreto istruttorio», c’è la corporate governance offesa della prima banca italiana, sotto gli occhi delle istituzioni. Come ha risposto il sottosegretario del Tesoro, Enrico Zanetti a un’ interrogazione di Sel alla Camera, «la Banca d’ Italia verifica il rispetto delle previsioni regolamentari, anche in tema di organizzazione e controlli interni delle banche. Nel quadro conoscitivo disponibile rientrano anche le informazioni in tema di onorabilità circa il coinvolgimento degli esponenti aziendali in procedimenti penali. Bankitalia non ha mancato di assicurare la propria collaborazione agli organi inquirenti nelle indagini». Ma l’ indagine in corso, allo stato, non intacca i requisiti dell’ onorabilità del Testo unico.
Non bastasse ancora, c’è lo sguardo nervoso degli investitori, veri proprietari della banca che attendono al varco il management l’ 11 novembre, con i conti e il nuovo piano strategico chiamato a rilanciare la redditività e il patrimonio, tagliando i costi. Ieri Unicredit ha guadagnato l’ 1,74% in linea con il settore.
L’ informativa resa dall’ ad ai consiglieri ha chiarito alcuni aspetti del finanziamento da 53 milioni (su 65 totali di esposizione) erogato al costruttore Andrea Bulgarella. «Affidamenti concessi nei primi anni 2000 da Banco di Sicilia e Capitalia, antecedenti alla fusione con Unicredit », riporta una nota. Inoltre, il cda ha preso atto che «ad oggi la banca non ha assunto deliberazioni definitive e, in particolare, non risulta approvato alcun progetto di ristrutturazione del debito Bulgarella». Nel senso che le trattative con l’ imprenditore per un ulteriore parziale stralcio dei debiti – già operato anni fa dal Banco di Sicilia – non sono concluse.
Proprio ieri il costruttore trapanese trapiantato in Toscana ha chiesto ai magistrati della Dda di Firenze, che lo accusano di reati finanziari con l’ aggravante di aver favorito la mafia e in particolare la cosca del superlatitante Matteo Messina Denaro, di essere interrogato «il prima possibile, per chiarire tutti i rilievi che mi vengono mossi, nella speranza che l’ inchiesta si concluda quanto prima per mettere fine al linciaggio mediatico senza possibilità di replica che sto subendo per ipotesi investigative date in pasto alla stampa. Tutto ciò mette a repentaglio il futuro delle nostre aziende e dei lavoratori». Sempre ieri, Unicredit ha cooptato nel consiglio Mohamed Hamad Ghanem Hamed Al Mehairi, numero uno di Aabar Investments, fondo sovrano di Abu Dhabi che è primo socio della banca con oltre il 5%.
di Andrea Greco
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da La Repubblica
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Terremoto nel mondo bancario. Il numero due del colosso Unicredit, Fabrizio Palenzona, è indagato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze per “associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita”, insieme ad una decina di manager e colletti bianchi (tra i quali Roberto Mercuri, il suo braccio destro in ADR, la società che gestisce gli aeroporti di Roma, spesso e volentieri nell’occhio del ciclone).
Tutte prende il via da minuziose indagini del Ros dei carabinieri che su imput della Dda hanno passato ai raggi x conti correnti, posizioni finanziarie, esposizioni creditizie di una serie di società tra Pisa e il viareggino. Tanto per la memoria storica, Dda fiorentina e Ros hanno al loro attivo, fra le tante operazioni, quella sulle Cricche dei mega appalti pubblici, dal G8 ai 150 anni dell’Unità d’Italia, fino alla Tav e ad una sfilza d commesse dello stato, regolarmente truccate, per la gioia di imprese di copertura, vip della politica, faccendieri, spesso e volentieri con un tocco di mafia o di camorra, che dà sempre una marcia in più.
Torniamo alle indagini gigliate. Che trovano un punto cardine nelle verifiche su conti & imprese di un siciliano trapiantato da anni in Toscana, il mattonaro trapanese Andrea Bulgarella, raggio d’azione in particolare tra Firenze, Pisa e Lucca. Le sue sigle macinano soldi e lavori, ma accumulano allegramente anche debiti, una sessantina di milioni e passa. Ad erogarli generosamente, in gran parte, una banca di credito cooperativo, la Bcc di Cascina, in provincia di Pisa. Le cui disinvolte manovre finiscono per insospettire perfino un pachiderma come Bankitalia che in genere nulla vede e nulla sente, almeno fino a quando i buoi sono usciti tranquillamente dai recinti. Gli 007 di Ignazio Visco, a quanto pare, riscontrano delle “criticità gestionali” (sic) nell’operato dell’istituto cooperativo pisano.
Ma cosa succede a questo punto? Non arrivano magistrati e forze dell’ordine, ma gli amici di Unicredit, che pensano bene di erogare fiumi di liquidità per tamponare la falla. Alla faccia dei risparmiatori che faticano una vita e si vedono negare 2000 euro di prestito o un mutuo. Qui, invece, si parla di milioni, e tutto fila via liscio come l’olio, grazie ai buoni uffici di big Fabrizio Palenzona.
Adesso, però, la Dda si sta muovendo. Perquisizioni a Firenze, Roma, Palermo, Trapani, passati ai raggi x anche gli uffici del numero due di Unicredit. Le accuse sono pesantissime. Un 416 bis in piena regola, e la ciliegina di truffa e appropriazione indebita. Del resto, sul colletto-costruttore Bulgarelli pesano indagini da novanta, secondo le quali sarebbe collegato – anche se in via indiretta – nientemeno che col boss dei boss, il latitante numero uno di Cosa nostra Matteo Messina Denaro.
Dal “Denaro” di Cosa nostra a quello dei santuari del credito il passo non è affatto lungo. E il numero due di Unicredit, nonché vertice di Mediobanca, e a capo di Adr, non è nuovo a scandali da novanta, pur se di minor peso specifico rispetto a questo, ma regolarmente ignorati e silenziati dai media. Quattro anni fa la Voce raccontò la storia dei crediti facili, facilissimi, a favore del gruppo “Aiazzone” che molti ricordano per le martellanti campagne pubblicitarie sulle vendite a prezzi da super saldi di mobili, cucine & C. Nel 2011 tutto finisce in crac, un buco da 20 milioni di euro e passa, 12 mila i consumatori truffati che dopo aver pagato non si vedono recapitare a casa neanche un’anta del mobile saldato in anticipo. Al centro dello scandalo, la sigla che ha in mano l’impero Aiazzone, facente capo ai fratelli calabresi Semeraro (Lorenzo e Renato), alla dinasty dei torinesi Borsano (i rampolli Giovanni e Margherita dell’ex numero uno del Torino Calcio finito in bancarotta, Gianmauro Borsano) nonché Giampiero Palenzona, fratello di big Fabrizio. Anche qui lo stesso gioco. Ci sono difficoltà finanziarie, servono liquidi per gettar fumo negli occhi della clientela e cosa succede? In galera qualcuno? No, interviene la croce rossa di Unicredit a portare i soldi con la pala: tanto, a garantire c’è il fratello del “capo”. Che fine avrà mai fatto, quella incredibile vicenda, nelle aule giudiziarie? Sono stati mai risarciti i consumatori beffati? Hanno mai passato “qualcosa” gli autori della truffa, e i fratelli Palenzona?
Un copione simile andò in scena, anni fa, in Piemonte, epicentro l’alessandrino, con un crac altrettanto annunciato e altrettanto gentilmente “appoggiato” dal sempre munifico Unicredit. Il caso Norman 95, sempre big Fabrizio in campo, una serie di faccendieri, una banca locale di “appoggio”. Un altro giallo, un altro buco finanziario che più rosso – per i cittadini – non si può. E “nero” per le nostre cronache giudiziarie. Per i tanti misteri che ciclicamente (ma a ondate sempre più ravvicinate) coinvolgono i nostri big del credito: da MontePaschi (tra il giallo David Rossi mai risolto e sempre “pendente” ai sempre annunciati aumenti di capitale tanto per tamponare le falle di un bastimento destinato ad affondare) ad Intesa San Paolo, approdando a Unicredit. Che oggi scrive una della pagine più vergognose.
di Andrea Cinquegrani
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da La Voce delle Voci