La sentenza, stavolta è definitiva. E conferma quanto deciso un anno fa, alla fine del processo d’appello: la Cassazione ha assolto i sei membri della Commissione grandi rischi (Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva, Mauro Dolce) dall’accusa di omicidio colposo e lesioni. Agli imputati, che in primo grado erano stati invece condannati a sei anni di reclusione, era stata contestato di aver rassicurato i cittadini dell‘Aquila (e zone limitrofe) prima del terribile terremoto di aprile 2009, fornendo loro informazioni “imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica”. La pena è stata confermata (anche se in misura ridotta) solo per Bernardo De Bernardinis, l’allora vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile, per la presa di posizione del 31 marzo 2009, in cui aveva dichiarato pubblicamente che “non c’è un pericolo […] anzi [la sequenza di piccole scosse] è una situazione favorevole perché c’è uno scarico di energia continuo”. Frasi che i giudici hanno ritenuto “scientificamente errate e certamente rassicuranti” e indicative di una condotta che “viola i canoni di diligenza e prudenza”.
Si conclude così uno dei processi più discussi degli ultimi anni, che ha scatenato una serie di polemiche furiose sia da parte dei parenti delle vittime del terremoto che da parte della comunità scientifica: “Da oggi”, diceva Stefano Gresta, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) all’indomani della condanna di primo grado, “sarà molto difficile comparire in pubblico a parlare dell’attività sismica in Italia, con la possibilità che i ricercatori possano essere denunciati per qualche omissione o procurato allarme”. In sostanza, la difesa degli scienziati, che ha convinto i giudici di Cassazione, è incardinata sull’inopinabile concetto che i terremoti non si possono prevedere e che, quindi, nessuno avrebbe potuto informare la popolazione di un sisma certo e imminente; l’accusa, senza negare tale tesi, ha invece puntato il dito contro l’analisi e la comunicazione del rischio: “La colpa [degli imputati]”, scriveva Romolo Como, procuratore generale dell’Aquila, “non attiene al mancato allarme, ma alla errata, inidonea, superficiale analisi del rischio e a una carente e fuorviante informazione che ha fatto mutare i comportamenti degli aquilani di attuare le tradizionali misure dopo scosse forti. La colpa generica è la negligenza e l’imprudenza nel fare questa valutazione”.
di Sandro Iannaccone
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Wired.it