Le autorità elettorali venezuelane hanno confermato che l’opposizione anti-chavista ha ottenuto una «super-maggioranza» dei due terzi dei seggi in parlamento alle elezioni legislative di domenica scorsa. Alla coalizione antichavista Mud sono andati 112 seggi (su un totale di 167) a fronte dei 55 seggi del Psuv, il Partito socialista unito del Venezuela guidato dal presidente Nicolas Maduro, hanno precisato le autorità elettorali di Caracas.
«Abbiamo la maggioranza qualificata», aveva sottolineato poco prima Henrique Capriles (nella foto in alto), uno dei leader dell’antichavismo, il quale ha chiesto a Maduro (foto in basso) «di mettersi agli ordini del parlamento» al fine di lanciare «il dialogo» nel paese. Anche Julio Lopez, portavoce della Mud ha in un tweet confermato che l’opposizione ha la maggioranza qualificata.
Grande trionfo dell’opposizione in Venezuela, che ottiene la maggioranza assoluta mentre il chavismo soffre una sconfitta gravissima, oltre le peggiori previsioni. Secondi i dati diffusi dalla presidente della Corte elettorale Tibisay Lucena, dopo cinque ore lunghissime ore di attesa dalla chiusura dei seggi, la coalizione oppositrice ha conquistato 99 seggi, mentre al governo ne sono aggiudicati 46, quando mancano ancora 22 seggi da definire.
Se la tendenza venisse confermata anche con i seggi mancanti, l’opposizione potrebbe arrivare ai due terzi del Parlamento, lo scenario migliore perché gli permetterebbe di definire i giudici del tribunale elettorale, impostare grandi riforme e, addirittura, di modificare la Costituzione.
Nella nottata i portavoce della Mesa de Unidad parlavano di una quota di 113 seggi, un traguardo possibile considerando i dati mancanti. «Hanno diffuso – ha detto Chao Torrealba – un primo stitico bollettino, ma ci mancano ancora molti seggi. Il voto si è imposto democraticamente rispetto ad un governo che non è democratico. Grazie a chi ci ha accompagnato in questi anni e grazie a chi ci ha votato per la prima volta».
Menzione obbligata ai tantissimi delusi del chavismo, dai barrios popolari alla classe media che soffre la gravissima crisi economica, le code per trovare prodotti alimentari di fronte ad una scarsezza mai vista, l’iper inflazione al 200%, la criminalità dilagante. Per il chavismo questo può essere l’inizio della fine. A poco meno di tre anni dalla morte di Hugo Chavez, i venezuelani sembrano voler seppellire un sistema che dura da 17 anni e che ha ormai esaurito la sua spinta sociale iniziale per attorcigliarsi in un vortice di cattiva amministrazione, corruzione, controllo totale e totalitario di tutti i poteri e gli organismi dello Stato. Il presidente Nicolas Maduro ha parlato a reti unificate subito dopo la diffusione dei risultati, ribadendo la teoria della “guerra economica” che il suo governo starebbe soffrendo rispetto agli interessi del capitalismo internazionale. Con un tono di voce molto più sommesso del solito, Maduro ha ricordato il caso di Salvador Allende e del golpe in Cile prendendolo ad esempio di un complotto non meglio specificato; l’ultimo tentativo per spiegare una sconfitta innegabile e inappellabile.
Il chavismo conserva il potere esecutivo, il mandato di Maduro scade fra tre anni, e ha ancora il controllo pieno sulla magistratura, ma con un’opposizione così forte in Parlamento la coabitazione fra i due blocchi sarà particolarmente difficile. Il Venezuela si apre ad una nuova fase e sarà strategica la posizione dei militari. Per questo dall’opposizione è stato rivolto un appello alle Forze Armate.
«Ringraziamo profondamente i nostri militari per la garanzia che hanno dato a questo voto e speriamo di poter contare su di loro per questa nuova fase politica del nostro paese. Il futuro – ha detto Torrealba – ci appartiene a tutti, il Venezuela è di tutti». A Caracas e in altre città del paese ci sono stati festeggiamenti e caroselli d’auto. Mai l’opposizione era arrivata a tanto ed ora si aprono nuove possibilità, tra cui l’ipotesi di chiedere nel 2016 referendum revocatorio per far cadere lo stesso Maduro. Uno scenario che pareva impossibile solo un anno fa e che ora, complice la disastrata gestione dell’economia da parte del governo, potrebbe delinearsi come la via per far crollare definitivamente la lunga esperienza bolivariana.