La Volkswagen sta valutando la possibile chiusura di stabilimenti in Germania per ridurre i costi, mettendo in discussione il patto di salvaguardia dei posti di lavoro per 110mila dipendenti fino al 2029. Questa decisione riflette la necessità di affrontare un contesto economico deteriorato e la crescente concorrenza da nuovi fornitori in Europa. Il CEO Oliver Blume (foto sotto) ha annunciato un piano di austerità che prevede risparmi di circa 5 miliardi di euro, con la possibile chiusura di impianti considerati “obsoleti”, una mossa senza precedenti nella storia del marchio.
Dal Maggiolino in poi, e anche prima, non era mai successo che la casa auto tedesca pianificasse la chiusura di stabilimenti. Ci sono tutti i segnali per dedurre che la fase di crisi, se non proprio di depressione, della Germania, si sta manifestando in modo dirompente con una doppia pericolosa faccia: crisi politica e crisi industriale. Il che non promette nulla di buono per l’Europa e per la tenuta dell’Unione Europea.
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La chiusura di stabilimenti potrebbe incontrare resistenza all’interno del consiglio di sorveglianza, in particolare dallo stato della Bassa Sassonia, che detiene una quota del 20,2% della società e ha il potere di veto sulle decisioni importanti. Anche il sindacato IG Metall ha criticato aspramente il piano, definendolo “irresponsabile” e un grave rischio per l’occupazione e le sedi della Volkswagen. Il sindacato e i rappresentanti dei lavoratori hanno promesso una forte opposizione a queste misure, ritenendo che possano minare le fondamenta stesse dell’azienda. I dipendenti saranno informati sui dettagli durante una riunione aziendale la prossima settimana.