Non è mai troppo tardi per cambiare stile di vita e per adottarne uno che ci aiuti ad essere più in forma, più in salute e più leggeri. Perché la leggerezza, quella fisica del corpo ma anche quella della mente, è il segreto del vivere meglio. «Ha a che fare con la felicità — spiega il dottor Franco Berrino, medico epidemiologo, autore con Daniel Lumera del libro La via della leggerezza (Mondadori), in uscita in questi giorni –. Essere leggeri significa essere felici. E anche un po’ rivoluzionari».
Perché dice questo?
«Perché la nostra società, quella occidentale e ricca, ha bisogno delle insicurezze e del malcontento delle persone per sostenere il proprio sistema economico. Ci nutriamo di cibi di cui non abbiamo bisogno, acquistiamo beni di cui non abbiamo bisogno, prendiamo farmaci di cui spesso non abbiamo bisogno. E lo facciamo perché vi siamo indotti dalla pubblicità, dalla comunicazione, da una politica che ritiene che l’economia possa funzionare solo rilanciando i consumi».
Sta dicendo che ci vogliono tristi per far girare il Pil?
«Certo. La società dei consumi muore senza consumi. E chi è felice non consuma. Chi è leggero non ha bisogno di cercare altrove gratificazioni che non trova nella sua vita».
Non siamo obbligati a seguire la pubblicità…
«Ma lo facciamo, siamo bombardati di messaggi, siamo inseriti in un sistema obesogeno. E poi ci attirano con cibi che all’apparenza sono super economici. Chi ha una certa età ricorda bene che un tempo l’acquisto di cibo assorbiva la maggior parte delle entrate delle famiglie. Oggi invece la spesa alimentare è una frazione minoritaria. Ma è un imbroglio, perché non viene raccontato il prezzo imposto all’ambiente e alla salute. Un prezzo che poi paghiamo sempre noi, mai le aziende che su quei cibi fanno fortune».
Una delle sue tesi è che mangiamo non solo male, ma anche troppo.
«Noi occidentali abbiamo risorse economiche ed enorme disponibilità di alimenti e ne abusiamo. Dipende in parte dai geni: i nostri antenati non avevano cibo tutti i giorni e quando ne avevano l’occasione si nutrivano in abbondanza per sopperire ai successivi giorni di magra. Quell’istinto è rimasto, ma le nostre vite sono cambiate: siamo i figli delle carestie ma senza più carestie e svolgiamo attività sempre meno faticose che richiedono meno dispendio di energia. Però continuiamo ad accumulare riserve».
Molti anziani, tuttavia, la fame l’hanno conosciuta davvero.
«Oggi però non c’è ragione di eccedere nel cibo. Occorre raggiungere la consapevolezza di non avere bisogno di consumare, a dispetto dell’economia».
Gli anziani sono anche i principali utenti del servizio sanitario.
«Le malattie danno un gran contributo alla crescita del Pil. Più ci ammaliamo più c’è lavoro per medici, ospedali, aziende farmaceutiche, produttori di strumenti sanitari e il resto dell’indotto. Lo stesso Mario Monti da premier diceva che era necessario promuovere la sanità perché è la principale industria nazionale. Effettivamente è così».
Detto da lei che per anni è stato direttore del Dipartimento di Medicina preventiva dell’Istituto nazionale dei tumori…
«Anche io sono stato considerato sui generis. Per portare certi messaggi nell’ambiente medico ho dovuto spendere il credito che avevo maturato in campo internazionale, con il registro tumori e gli studi sulla sopravvivenza dei malati. Mi ero fatto un nome e questo mi ha permesso di potere esprimere idee non in linea con il sistema».
E chi per tutta la sua esistenza ha adottato uno stile di vita poco attento, magari proprio in risposta alle privazioni dell’infanzia, è condannato a una vita di obesità, diabete e malattie correlate?
«No, si può sempre cambiare, anche da anziani. Adottando uno stile di vita più sano migliorano i parametri metabolici, si regola la pressione del sangue, si tengono sotto controllo i trigliceridi, si riducono i dolori, migliora il funzionamento delle articolazioni. E i benefici si vedono già in poche settimane».
Cosa bisogna mangiare?
«Basta riscoprire la vera dieta mediterranea: cereali integrali, noci, nocciole, mandorle, tanta verdura, frutta, pesce, limitare la carne, soprattutto quella rossa o lavorata, e non aggiungere zuccheri».
Lei raccomanda sempre di fare anche del movimento.
«È la terza colonna su cui si regge lo stare bene, oltre al cibo e alla mente. Non serve molto, basta tenersi in attività tutti i giorni. Camminare nel verde o in un bosco ha anche un effetto antidepressivo».
Perché è importante la leggerezza nella mente?
«È quello che nel libro io e Daniel definiamo il problema difficile, perché come abbiamo visto portare leggerezza nel corpo è un problema tutto sommato semplice. Non si può essere felici se si è appesantiti nello spirito. La leggerezza ha a che fare con il sentirsi liberi dalle oppressioni della vita quotidiana, liberi dai rancori del passato, liberi dai ricordi che ancora ci fanno soffrire, liberi dalle preoccupazioni per il futuro».
Tutte cose di cui però è complicato liberarsi…
«Bisognerebbe iniziare con l’eliminare il risentimento, un veleno per lo spirito. E riscoprire il potere del perdono, che non è un atto di cedimento ma di forza. Poi ogni giornata dovremmo iniziarla ringraziando».
Ringraziando chi?
«La vita, il sole, noi stessi, il nostro corpo. Diamoci un’iniezione di fiducia appena apriamo gli occhi. E andiamo a prepararci il caffè con fare maestoso, non trascinandoci stancamente verso la cucina. La ritualità, anche nei piccoli gesti, dà grandi benefici alla nostra mente».
Le nonne, ma anche Nanni Moretti in Caro Diario, dicevano che bere un bicchiere d’acqua al mattino fa bene…
«Lo dico anche io. L’acqua rimette in moto le nostre funzioni e purifica. E anche questo è un esempio di ritualità».
E poi c’è la meditazione.
«Viviamo in un mondo obesogeno anche per la nostra mente, in una società che ci distrae continuamente, con la tv, i telefonini, agende piene di impegni. Il nostro cervello è sempre catturato da qualcosa, non è mai libero. Dobbiamo invece riportare l’attenzione su noi stessi perché questo migliora il metabolismo e di conseguenza il funzionamento del nostro corpo. La nostra mente da sola è in grado di fare molto. Le filosofie orientali si basano molto su questo concetto. Ottimi risultati, da questo punto di vista, si possono ottenere anche con le arti marziali o con il thai chi».
Lei ha 75 anni ed è in perfetta forma, scrive libri, tiene conferenze, viene invitato in tv. È reduce da un viaggio di studio in Australia tra gli aborigeni. È il testimonial di se stesso e delle sue teorie?
«Diciamo che ci metto un po’ di impegno. A 40 anni anche io avevo un girovita un po’ pronunciato. La mia signora mi ha fatto capire che non le stava bene e allora ho deciso di cambiare. Anche lei mi ha aiutato ad intraprendere la via della leggerezza».
Fonte: Corriere della Sera