Qualcosa non torna. L’inflazione rallenta, a causa dell’energia che costa meno, ma non al supermercato, dove i prezzi rimangono troppo alti. Soprattutto per quanto riguarda cibo e bevande. Dalla pasta fino all’olio, passando per i prodotti estivi come il gelato e il cocomero, il confronto tra giugno di quest’anno e quello di un anno fa è impietoso. In tutto l’aumento medio, secondo gli ultimi dati Istat, elaborati dall’Unione nazionale dei consumatori, è dell’11,2%, ma per lo zucchero c’è un record assoluto: la crescita è addirittura del 46,6%.
Rincari che per una coppia con due figli significano un colpo da 861 euro in più all’anno. Cifra che sale a 1.029 euro per le famiglie con tre o più figli. Lo scarto tra il livello generale dei prezzi e quello della vendita al dettaglio fa parlare apertamente le associazioni dei consumatori di speculazione. Lo scorso mese l’inflazione si attestava al 6,4% su base annua, quasi il 4% in meno rispetto a inizio anno (a gennaio era al 10%). Nello stesso semestre il cosiddetto “carrello della spesa” è passato da un aumento annuo del 12,6% a uno del 10,7%. Insomma, l’inflazione al supermercato non segue quella generale.
Il caso più evidente è quello della pasta. Dopo il calo del prezzo dello 0,3% a maggio rispetto ad aprile, a giugno, secondo i dati dell’Istat, c’è stato un rimbalzo in un solo mese dello 0,6%. In un anno, quindi, l’aumento è stato del 12,1%, a fronte di un prezzo del frumento duro in netto calo. Secondo i calcoli dell’Unione consumatori il costo di quello raccolto in Italia è diminuito del 35%, mentre per quello che viene dai Paesi Ue si è registrato un calo del 33% e per quello extra Ue del 31%. Insomma, qualcuno se ne approfitta.
In un anno su tutti gli alimenti si registrano aumenti record. Dopo lo zucchero, al secondo posto c’è il riso (+32,4%). Poi l’olio d’oliva (+26,6%) e le patate (26,5%). Chiudono la top 10 dei rincari il latte conservato (+25,7%), i gelati (+19,9%), i vegetali freschi diversi dalle patate (+18,8%), le bibite analcoliche (+18,1%), la margarina (+18%) e i succhi di frutta (+16,6%). Tra gli altri spiccano i vegetali surgelati (+16,5%), gli alimenti per bambini (+16%), le uova (+13,5%) e i formaggi (+13,4%). Rispetto a maggio di quest’anno, quindi, in un solo mese le patate costano il 5,9% in più, la frutta fresca il 3% e l’olio d’oliva il 2,3%.
LE CAUSE
Il responsabile Agricoltura di Legambiente, Angelo Gentili, spiega a Il Messaggero che, soprattutto sui prodotti trasformati, «spesso l’aumento del prezzo è molto più che proporzionale rispetto alla crescita dei costi delle materie prime». In generale, dice, «quello che mettiamo nel carrello non è stato prodotto nel momento in cui acquistiamo, ma è frutto di un processo produttivo che dura mesi, con le materie prime comprate a prezzi più alti». Non solo, «le gelate e la siccità prima e l’alluvione in Emilia Romagna poi, hanno ridotto le rese, soprattutto di frutta e verdura, facendo salire i prezzi». Tuttavia, aggiunge lo stesso Gentili, «oramai le materie prime costano meno e i fenomeni estremi riguardano per lo più prodotti specifici come albicocche, pesche nettarine e pere. Kiwi e cocomeri, ad esempio, sono meno colpiti dagli eventi naturali».
Secondo Carlo De Masi, presidente di Adiconsum, «il maggiore scarto speculativo c’è sui beni di prima necessità come pane, pasta, carne, latticini e uova, tra i cibi per i bambini e sui prodotti lavorati come sughi e marmellate». «Non ci sono giustificazioni – chiosa Massimiliano Dona, presidente dell’Unione consumatori – in un anno i costi di produzione e di trasporto si sono abbassati molto e questi aumenti non sono giustificati. Servono strumenti legislativi contro chi specula, approfittando della guerra in Ucraina, del Covid e dell’alluvione in Emilia». Un dato su tutti fa riflettere: in dodici mesi gli oli alimentari non d’oliva costano il 15,1% in meno. Si tratta per lo più dell’olio di semi di girasole, con i maggiori esportatori al mondo di questo prodotto che sono Russia e Ucraina.
Fonte: Il Messaggero