La Corte dei Conti boccia la gestione dell’8 per mille. L’elenco delle criticità messe nero su bianco dalla magistratura contabile è lungo: si va dalla scarso e opaco equilibrio del meccanismo fino alla poca trasparenza sulla destinazione dei contributi destinati alle confessioni, passati da 209 milioni, nel 1990, a oltre 1,1 miliardi, nel 2014. Nel mirino della relazione della Corte dei Conti anche lo “scarso interesse” dello Stato per la quota di propria competenza, “essendo l’unico competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività e che non promuove i propri progetti”.
Il contributo dell`8 per mille – ricordano i magistrati contabili – è obbligatorio per tutti, a prescindere dall`intenzione manifestata; tuttavia, “l`allocazione di questa quota del gettito Irpef è determinata da una sola parte dei contribuenti, gli optanti. Infatti, il meccanismo neutralizza la non scelta”. In tal modo, “ognuno è coinvolto, indipendentemente dalla propria volontà, nel finanziamento delle confessioni, con evidente vantaggio per le stesse, dal momento che i soli optanti decidono per tutti; con l`ulteriore conseguenza che il peso effettivo di una singola scelta è inversamente proporzionale al numero di quanti si esprimono”. “Scarsa” viene giudicata dalla Corte dei Conti anche la pubblicità dell’ammontare delle risorse erogate ai beneficiari. A fronte di un “rilevante ricorso” delle confessioni religiose alle campagne pubblicitarie è evidente, a giudizio della magistratura contabile, il “rischio di discriminazione” nei confronti di confessioni non firmatarie di accordi.
Altro capitolo spinoso è “l’assenza di controlli indipendenti sulla gestione dei fondi” e “la carenza di controlli sugli intermediari delle dichiarazioni dei redditi”. Inoltre, le somme disponibili “vengono talvolta destinate a finalità diverse anche antitetiche alla volontà dei contribuenti”, rileva la Corte. Infine la magistratura contabile sollecita “approfondimenti sulla attività intrapresa dall’Agenzia delle Entrate per il monitoraggio sugli intermediari”, ma dà atto del “miglioramento nella divulgazione dei dati da parte delle amministrazioni coinvolte e constata un ulteriore rallentamento nell’attribuzione delle risorse di competenza statale”.
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da ItaliaOggi